Lo Studio legale Maruotti & Romano, sito nel cuore di Lecce, rappresenta un’eccellenza nell’assistenza legale, giudiziale e stragiudiziale nel campo del diritto amministrativo.
I giovani Avvocati Leonardo Maruotti e Francesco G. Romano operano prevalentemente nel campo del diritto amministrativo, prestando attività di assistenza e consulenza con particolare riguardo al settore degli appalti pubblici, del demanio, dell’urbanistica, dell’edilizia e dei concorsi pubblici.
Sin dall’inizio della loro brillante carriera, hanno dimostrato un fervido interesse alle vicende riguardanti il mondo balneare, mettendo a disposizione la loro spiccata competenza e professionalità a tutela dei concessionari.
Con irrefrenabile dedizione e perseveranza, lo Studio legale Maruotti & Romano ha portato a termine numerose ‘battaglie legali’, quali, ad esempio, sulla questione del periodico smontaggio delle strutture e numerose altre controversie in materia di edilizia e paesaggio, nonché hanno visto riconosciuto il diritto dei concessionari ad ottenere l’estensione temporale del termine di scadenza dei titoli demaniali al 31 dicembre 2033.
IL TAR LECCE BOCCIA L’AUTORITA’ GARANTE DELLA CONCORRENZA E DEL MERCATO: LEGITTIMA LA PROROGA DISPOSTA DALLA LEGGE 145/2018.
Con sentenza n. 981 del 29 giugno 2021, il Tar Lecce, I Sez., Pres. Est. Antonio Pasca, ha respinto il ricorso dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato proposto per l’annullamento degli atti con i quali il Comune di Manduria, in applicazione della l. n. 145/2018, aveva disposto la proroga delle concessioni demaniali marittime.
Nel corso del giudizio, l’Associazione Oasi – Federazione Imprese Demaniali, difesa dagli avvocati Leonardo Maruotti e Francesco G. Romano, è intervenuta ad opponendum, ossia, a supporto del Comune e degli altri operatori balneari, difesi dagli avvocati Andrea Sticchi Damiani, Gianluigi Manelli, Danilo Lorenzo e Francesco Meo.
La sentenza, in particolare, ha chiarito, da un lato che il ricorso sarebbe inammissibile in quanto “gli atti impugnati, ovvero sia la delibera G.M. di indirizzo, sia la stampigliatura indicante la proroga ex lege apposta in calce ai titoli concessori a suo tempo rilasciati in favore dei controinteressati, non hanno contenuto negoziale e non sono provvedimenti in senso proprio”.
Inoltre, secondo il Tar “Appare evidente… che la direttiva servizi non risultiimmediatamente applicabile proprio con riferimento alla disciplina positiva, atteso che la stessa richiede allo stato nazionale di completare le astratte previsioni della direttiva con norme di dettaglio e disposizioni attuative.
Così ad esempio, con riferimento a procedure di gara ad evidenz pubblica caratterizzate anzitutto da trasparenza, appare evidente l’esigenza di definire una normativa di attuazione uniforme per l’intero territorio nazionale, in ordine al tipo d gara, al criterio di selezione, alle forme di pubblicità, ai requisiti soggettivi di partecipazione, alla durata della concessione ecc.”
Così anche, con riferimento alla scarsità delle risorse disponibili e all’interesse transfrontaliero “appare altrettanto evidente come una trasparente valutazione della sussistenza o meno dell’interesse transfrontaliero con riferimento a ciascuna concessione demaniale non possa essere rimessa alla valutazione o all’arbitrio del singolo dirigente comunale, ma presupponga la previa fissazione da parte dello Stato di criteri uniformi e predefiniti.
Il Tar, inoltre, ritiene evidente “l’assenza di interesse transfrontaliero (che deve invece essere certo) con riferimento a concessioni demaniali marittime, magari ubicate in zone costiere caratterizzate da bassa redditività, aventi ad oggetto stabilimenti balneari di modesta entità e condotti attraverso la forma dell’impresa familiare”.
Questa sentenza riveste particolare importanza in quanto, in primo luogo, dà certezza a tutti gli operatori economici i quali, quindi, potranno continuare a svolgere la propria attività senza essere esposti a ricorsi da parte di altri soggetti; inoltre, la pronuncia è particolarmente innovativa poiché, a differenza del Tar Toscana (che aveva accolto il ricorso dell’Antitrust), approfondisce la questione della natura degli atti di proroga; infine, soprattutto, la sentenza stessa pone le basi giuridiche per le questioni di compatibilità sopranazionale della normativa relativa alla proroga delle concessioni demaniali.
Esprime grande soddisfazione Mauro Della Valle, Presidente dell’Associazione Oasi – Federazione Imprese Demaniali, difesa in giudizio con gli avvocati Leonardo Maruotti e Francesco G. Romano, che afferma che “non è accettabile che l’Autorità Antitrust possa decidere a proprio piacimento le vittime dei suoi ricorsi. In questo modo potrebbe accadere che due concessionari che hanno gli stabilimenti limitrofi, ma in diversi comuni, potrebbero avere uno la proroga sino al 2033 e l’altro un pugno di mosche in mano. C’è bisogno di certezza per gli imprenditori, certezza che, mio rammarico, garantisce il quasi solo il Tar Lecce.
Ma c’è molto di più. La sentenza del Tar ancora una volta mostra la strada da seguire, invocando norme di dettaglio al fine di definire una normativa di attuazione uniforme per l’intero territorio nazionale; infine, ci auguriamo vivamente che il passaggio della sentenza che parrebbero doversi escludere dal raggio di azione della direttiva Bolkestein gli stabilimenti balneari di modesta dimensione e con gestione a livello d’impresa familiare, è un lampo di speranza per tutte le migliaia di famiglie balneari che hanno portato avanti la propria attività con il sudore proprio e dei propri congiunti”.
Tar Lecce: il mantenimento delle strutture non reca maggiori danni ambientali rispetto al periodico smontaggio e rimontaggio delle stesse.
Con sentenza n. 744 del 20 maggio 2021 la prima Sezione del TAR Lecce, Presidente Antonio Pasca, Estensore Ettore Manca, ha accolto il ricorso proposto da uno stabilimento balneare, difeso dagli avvocati Francesco G. Romano, Leonardo Maruotti e Rosaria Romano avverso il provvedimento di diniego di autorizzazione paesaggistica reso a seguito del parere negativo della Soprintendenza dei Beni culturali e del Paesaggio.
In particolare, la Soprintendenza aveva dedotto ragioni sia di carattere paesaggistico che ambientale a sostegno della prescrizione relativa smontaggio; in particolare, la Soprintendenza aveva sostenuto che il mantenimento annuale delle strutture dello stabilimento balneare avrebbe recato un forte pregiudizio ambientale.
Il Tar Lecce – dopo aver disposto la verificazione attribuendo l’incarico all’Arpa – ha stabilito che “le attente e articolate considerazioni espresse verificatore, in definitiva, inducono questo Collegio a reputare non condivisibile il ragionamento di fondo compiuto, in questa come in molte altre occasioni – non è ben chiaro, invece, per quali ragioni si perveniva a differenti conclusioni nel caso degli stabilimenti autorizzati per l’intero anno ai quali prima si è fatto cenno -, dalla Soprintendenza, e cioè che il mantenimento in sede delle strutture in parola per il solo periodo della stagione balneare e non, invece, per l’intero anno, risulti sul piano paesaggistico e ambientale meno pregiudizievole, pur in tal caso imponendosi, ogni sei mesi, laboriose, complicate – e costose, ma questo potrebbe in astratto essere dato indifferente per la SABAP – operazioni di montaggio e smontaggio delle medesime, con inevitabili ripercussioni sull’area coinvolta”.
Di conseguenza, il Tar Salentino, aderendo alle tesi degli avvocati Romano e Maruotti, ha accolto il ricorso e annullato l’atto della Soprintendenza. Esprime entusiasmo anche il Presidente dell’Associazione Oasi – Federazione Imprese Demaniali, Mauro Della Valle, per il risultato del proprio associato nonché dell’intero comparto demaniale; la sentenza, infatti, costituisce un fondamentale precedente perché si è chiarito una volta per tutte, a mezzo di un autorevole accertamento tecnico, che il mantenimento delle strutture non reca maggiori danni ambientali rispetto al periodico smontaggio e rimontaggio delle stesse.
Con sentenza n. 11699 del 29 dicembre 2022, la VII Sezione del Consiglio di Stato, Pres. Marco Lipari, Est. Raffello Sestini, ha respinto l’appello proposto dalla Soprintendenza avverso la sentenza del Tar Lecce n. 1210/2017, dando ragione alle tesi sostenute da un imprenditore.
In particolare, è accaduto che uno stabilimento balneare del Comune di Otranto, difeso nel corso dei giudizi dagli avvocati Romina Raponi, Francesco G. Romano e Leonardo Maruotti, e associato a Confimprese Demaniali Italia, aveva impugnato innanzi al Tar Lecce l’autorizzazione paesaggistica ed il parere della Soprintendenza, in forza dei quali la società avrebbe dovuto smontare le strutture nel periodo invernale. Quindi, a seguito dell’accoglimento del ricorso del Tar Salentino, che ha annullato la prescrizione di smontaggio delle strutture, la Soprintendenza aveva proposto appello innanzi al Consiglio di Stato che, con una sentenza innovativa, ha statuito che “l’esercizio di qualunque potestà pubblica, ovvero di un potere autoritativo suscettibile di conformare l’attività privata a un interesse pubblico (così come accade con il nulla-osta rilasciato dalla Soprintendenza), debba parametrare la ragionevolezza del sacrificio imposto al privato (che in questo caso è costretto a un’onerosa attività di rimozione stagionale dei manufatti) in relazione alla sua utilità per l’interesse pubblico (in questo caso, l’interesse ambientale e paesaggistico all’integrità della costa) istituzionalmente perseguito dalla Soprintendenza”.
In altri termini, i Giudici di Palazzo Spada, in pieno accoglimento delle tesi difensive degli avvocati Romina Raponi, Francesco G. Romano e Leonardo Maruotti, hanno chiarito, per la prima volta, che ogniqualvolta un’Amministrazione intende imporre al privato di rimuovere le strutture nel periodo invernale, parallelamente ai valori ambientali e paesaggistici, deve valutare anche il sacrificio, e quindi anche le spese, che il privato deve affrontare per rimuovere e riposizionare le strutture; quindi, è possibile imporre lo smontaggio nel periodo invernale soltanto attraverso un’attenta valutazione degli interessi in conflitto, con una motivazione che valuti nello specifico il rapporto costi-benefici – ossia che verifichi i prevedibili rischi ambientali e paesaggistici del loro mantenimento, previa accurata ponderazione con eventuali pericoli connessi alla loro rimozione e ricollocazione stagionale.
Per il Supremo Giudice “l’obbligo di procedere alla loro rimozione stagionale in tutti i casi in cui (ma solo nei casi in cui) la loro persistenza nella stagione invernale possa essere motivatamente ritenuta pregiudizievole per la conservazione e la trasmissione alle future generazioni dei valori ambientali e paesaggistici che caratterizzano l’area costiera interessata”.
Ed ancora, i Giudici di Palazzo Spada hanno affermato che le strutture sono da considerarsi non facilmente amovibili nei casi in cui, al momento della rimozione, possano “lasciare ferite o alterazioni permanenti, implicanti un ripristino, ovvero una innovazione e non una mera conservazione comunque suscettibili di pregiudicare la conservazione di un bene ambientale, ovvero di un bene pubblico di cui è necessario garantire, anche alla luce della recente riforma costituzionale, la trasmissione alle future generazioni”.
In questa prospettiva, è stato affermato che “il concetto di “temporaneità” dei manufatti è direttamente connesso, da un lato, alla strumentalità rispetto alla temporanea e non irreversibile destinazione commerciale dell’area alle attività balneari (di modo che possa essere rimosso alla cessazione di tali attività) e, dall’altro, a quello di “facile amovibilità” (ovvero di una futura amovibilità senza conseguenze per l’ambiente)”.
Quindi, il Consiglio di Stato ha chiarito che se un manufatto è stato assentito per la stagione estiva, connotata da un notevole afflusso turistico, l’Amministrazione deve ben specificare la ragione per la quale durante il periodo invernale, certamente meno incline ad accogliere il turismo balneare, la struttura arreca pregiudizio al paesaggio.
Pertanto, è stato affermato che l’obbligo di smontaggio “non ha, viceversa, ragione di essere (e non può pertanto costituire un onere economico indebitamente imposto al concessionario, alla stregua del principio di sussidiarietà orizzontale legato al favor libertatis per il quale tutto ciò che non viene vietato è consentito) ove non sia motivatamente dimostrata la sussistenza dei predetti pericoli per l’ambiente o per il paesaggio, oppure ove la rimozione autunnale, lo stoccaggio invernale e la conseguente ricostruzione primaverile (con il trasporto dei materiali e dei lavoratori e le lavorazioni in loco) risultino maggiormente dannose o pericolose o comunque invasive per l’ambiente rispetto al mantenimento in situ del manufatto”.