Ostia: Il Consiglio di Stato annulla la classificazione ad alta valenza turistica
Il Consiglio di Stato ha stabilito che Ostia non possiede un valore turistico tale da essere paragonabile a mete come Amalfi, Capri o Sorrento. Questa decisione è emersa a seguito di un contenzioso tra il Comune di Roma e i concessionari balneari, relativo alla riclassificazione della località come area ad alta valenza turistica e al conseguente aumento dei canoni concessori.
Il Contesto
La controversia ha avuto origine da una deliberazione della Giunta del X Municipio di Roma, guidata da Mario Falconi, che nel 2022 aveva classificato Ostia come un’area di “alta valenza turistica”. Questo comportava un incremento significativo dei canoni per i concessionari balneari. I balneari, rappresentanti di dieci stabilimenti, hanno contestato la decisione, ottenendo dal TAR del Lazio l’annullamento della delibera a gennaio 2024. Il TAR ha motivato la sua decisione evidenziando errori e incongruenze nella valutazione dei criteri turistici utilizzati dal Municipio.
I Problemi Sollevati
Il Consiglio di Stato ha confermato le criticità evidenziate dal TAR, sottolineando diversi errori procedurali e fattuali:
- Erosione costiera: l’amministrazione aveva classificato il grado di erosione come “medio” anziché “forte”.
- Dati turistici: le informazioni fornite riguardo agli arrivi, alle presenze turistiche e all’offerta di posti letto erano state sopravvalutate o non corrette.
- Divieti di balneazione: si era ignorata la presenza di divieti in alcune aree.
Un Precedente Storico
Già nel 2015, sotto la gestione di una Commissione prefettizia, Ostia era stata classificata come ad alta valenza turistica, con aumenti retroattivi dei canoni fino al 2007. Tuttavia, a ottobre 2020, complice la pandemia, la classificazione era stata abbassata. Nel 2022 il Municipio aveva nuovamente riclassificato Ostia come area turisticamente rilevante, ma la decisione è stata ora dichiarata illegittima.
Implicazioni della Sentenza
Con questa decisione, il Consiglio di Stato ha messo in discussione la gestione amministrativa del X Municipio, rilevando gravi carenze nell’istruttoria e nella motivazione delle delibere. Per i concessionari balneari, la sentenza rappresenta una vittoria importante contro un sistema di valutazione ritenuto poco trasparente e scorretto.
La Reazione dei Concessionari Balneari
In seguito alla sentenza del Consiglio di Stato, la presidente dell’ associazione dei concessionari balneari, Valentina Fabbri Biancone, ha rilasciato una nota esprimendo soddisfazione per l’esito della vicenda e auspicando una nuova fase di dialogo costruttivo con le istituzioni.
“È un grandissimo regalo di Natale per una categoria in difficoltà da diversi anni”. “Ci auguriamo che questo sia un punto di ripartenza per dialogare con le istituzioni che per molto tempo hanno abbandonato la categoria e che sia l’inizio di una collaborazione longeva e produttiva per un settore di grande importanza sul nostro territorio, ma anche di riflesso per tutta Italia, considerando che la nostra nazione è una penisola e che del suo modello di balneazione attrezzata ha fatto dell’Italia un’eccellenza nel mondo. Abbiamo sempre avuto fiducia nella magistratura e nella giustizia. La perseveranza e la resilienza della categoria ha avuto un grande ruolo in tutto questo.
L’auspicio per il prossimo anno, sarà che il Comune di Roma ed il Municipio X possano considerare la categoria balneare, come patrimonio di un tessuto socioeconomico fondamentale ed investire nel sostenere quelle imprese familiari che hanno reso grande il nostro mare, per un litorale accogliente e fruibile per i cittadini e per l’indotto turistico che merita il mare di Roma” – ha concluso la Presidente Valentina Fabbri Biancone.
Società Nazionale di Salvamento ricorre al Consiglio di Stato contro il Decreto Ministeriale n. 85/2024
La Società Nazionale di Salvamento (SNS), organizzazione storica e punto di riferimento per la sicurezza e il salvamento in ambiente acquatico, si trova al centro di una situazione complessa scaturita dall’adozione del Decreto Ministeriale n. 85 del 29 maggio 2024. Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 149 del 27 giugno 2024, il Regolamento disciplina i criteri per la formazione degli assistenti bagnanti e per l’individuazione dei soggetti autorizzati alla gestione dei relativi corsi di formazione.
Le criticità del Decreto Ministeriale n. 85/2024
Tra le principali criticità evidenziate dalla SNS emerge il rischio di una concentrazione monopolistica nella formazione degli assistenti bagnanti. Il Decreto prevede che solo la Federazione Italiana Nuoto (FIN), attraverso i suoi allenatori di nuoto per salvamento di secondo e terzo livello, possa preparare i futuri soccorritori acquatici. Questo approccio limita la pluralità delle organizzazioni coinvolte nel settore e penalizza associazioni come la SNS, che da oltre 140 anni opera per garantire sicurezza e prevenzione negli ambienti acquatici.
Un’altra problematica rilevante riguarda l’innalzamento dell’età minima per esercitare la professione di assistente bagnanti, passata da 16 a 18 anni. La SNS ha sottolineato come questa modifica possa aggravare la già critica carenza di personale qualificato, soprattutto durante i mesi estivi, e come ciò precluda opportunità formative e lavorative per i giovani.
Il ricorso al Consiglio di Stato
Per contrastare gli effetti discriminatori e lesivi del Decreto, la SNS ha deciso di intraprendere un’azione legale. In data 20 dicembre 2024, tramite i propri legali, è stato depositato un Appello cautelare innanzi al Consiglio di Stato. L’obiettivo è ottenere provvedimenti che tutelino e garantiscano l’operatività della SNS, ristabilendo una maggiore equità e pluralità nel settore della formazione degli assistenti bagnanti.
Sospensione temporanea della campagna per il rinnovo dei brevetti
In considerazione delle circostanze attuali e in attesa della decisione del Consiglio di Stato, la SNS ha annunciato la sospensione temporanea della “Campagna per il rinnovo dei brevetti di Bagnino di Salvataggio scaduti o in scadenza al 31 dicembre 2024”. Di seguito, il comunicato ufficiale:
COMUNICATO UFFICIALE
Con riferimento alle tematiche di cui al Regolamento adottato con Decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del 29 maggio 2024, n. 85, pubblicato in G.U. 27 giugno 2024, n. 149 (“Regolamento recante norme per l’individuazione dei soggetti autorizzati alla tenuta dei corsi di formazione al salvamento in acque marittime, acque interne e piscine e al rilascio delle abilitazioni all’esercizio dell’attività di assistente bagnanti”), a seguito delle molteplici criticità emerse, gravemente lesive e discriminatorie nei confronti della Società Nazionale di Salvamento, si informa che in data 20 dicembre 2024 è stato depositato, mediante i legali incaricati, un Appello cautelare innanzi al Consiglio di Stato al fine di ottenere i provvedimenti idonei a tutelare e garantire l’operatività della Società Nazionale di Salvamento.
Alla luce di quanto sopra esposto, essendo necessario attendere gli sviluppi delle iniziative adottate, tra cui l’esito dell’Appello cautelare di cui sopra presentato innanzi al Consiglio di Stato, ad oggi, è confermata la sospensione temporanea della “Campagna per il rinnovo dei brevetti di Bagnino di Salvataggio scaduti o in scadenza il 31 dicembre 2024”.
Sarà premura della scrivente comunicare con tempestività – con tutti i mezzi di comunicazione disponibili – ogni ulteriore informazione utile ed aggiornamento inerente agli argomenti sopra citati.
Conclusioni
La SNS ribadisce il proprio impegno nella promozione della sicurezza e nella formazione di professionisti qualificati per il salvamento in ambiente acquatico. Si auspica che le forze politiche e le istituzioni intervengano per apportare le necessarie modifiche al Decreto, garantendo una formazione inclusiva e rispettosa delle diverse competenze presenti nel sistema.
In attesa degli sviluppi legali, la SNS continuerà a operare nel rispetto dei propri valori e nella tutela degli interessi dei propri associati, mantenendo un dialogo costruttivo con le autorità competenti.
Babbo Natale regala alle imprese balneari la continuità indeterminata delle aziende e dei titoli concessori
di Vincenzo De Michele
- Come più volte sottolineato1, dalla giurisprudenza della Corte di giustizia Ue – sentenza Promoimpresa e Melis del 16 luglio 2016 nelle cause riunite C-458/14 e C-67/15 (EU:C:2016:558), d’ora innanzi sentenza Promoimpresa); sentenza “Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Commune de Ginosa)” della Corte del 20 aprile 2023 in causa C-348/22 (EU:C:2023:301), d’ora innanzi sentenza AGCM; sentenza Società Italiana Imprese Balneari dell’11 luglio 2024 nella causa C-598/22 (EU:C:2024:597), d’ora innanzi sentenza S.I.I.B. – è possibile ricavare argomenti convergenti nella direzione di escludere le concessioni demaniali marittime, lacuali, fluviali per finalità turistico-ricreative dal campo di applicazione della direttiva 2006/123/CE, la c.d. direttiva Bolkestein, nonché della direttiva 2014/23/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione e del diritto primario Ue.
- La legittimazione ad un’affermazione così radicale, che smentisce la vulgata comune e anche (in parte) la disciplina vigente dal 16.9.2024 (di cui agli artt.3 e 4 della legge n.118/2022, nel testo riformato dall’art.1 del d.l. 16 settembre 2024 n.131, convertito con modificazioni dalla legge 14.11.2024 n.166, mi viene da due grandi magistrati ed eccezionali giuristi europei, il dott. Sergio Mattone e il dott. Sergio Mattarella, oltre che dal fatto che, occupandomi da tempi piuttosto recenti (giugno 2022), come dottrina, della problematica della durata delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative, in mancanza di altra dottrina che si sia occupata di recente della materia, le mie tesi sono diventate dominanti ed esclusive, e, in quanto tali, si impongono alla riflessione degli interpreti e dei giuristi europei.
- Il compianto dott. Sergio Mattone, già Presidente titolare della Sezione lavoro della Corte di Cassazione, nel presentare nell’Aula Magna “La Torre” della Suprema Corte di Cassazione la mia relazione al Convegno dal lui presieduto del 14 giugno 2012 sul tema “Il lavoro a termine nelle amministrazioni pubbliche: profili discriminatori”, organizzato da AGI, Magistratura democratica e Rivista giuridica del lavoro precisò davanti all’autorevole parterre dei presenti che lui aveva letto tutto quello che avevo scritto sulla problematica della tutela del precariato pubblico alla luce del diritto eurounitario, che avevo criticato sia la Corte costituzionale che la Corte di Cassazione per le decisioni adottate, ma che andavo attentamente ascoltato.
- Il Presidente della Repubblica prof. Sergio Mattarella, nella qualità di Giudice Relatore in Corte costituzionale sulle questioni di legittimità costituzionale in materia di precariato pubblico scolastico sollevate dai Giudici del lavoro dei Tribunali di Roma, Lamezia Terme e Trento all’udienza pubblica del 27 marzo 2013, ha convinto il Supremo Giudice delle leggi nazionali (Presidente Gallo), all’esito della discussione, con l’ordinanza del 18 luglio 2013 n.207, a sollevare, su sollecitazione scritta e orale dell’avvocatura del libero foro, e in particolare su mio invito, la prima questione pregiudiziale Ue in sede incidentale della Corte costituzionale sull’incompatibilità con il diritto dell’Unione della normativa in materia di reclutamento del personale docente e ATA della pubblica amministrazione scolastica.
- La Corte costituzionale con l’ordinanza “Mattarella” n.207/2012 ha così aperto la strada alla possibilità di risolvere, per tutto il precariato pubblico, sul piano legislativo il problema della sanzione effettiva contro l’abusivo ricorso ai contratti a tempo determinato con la stabilizzazione dei rapporti di lavoro pubblici precari (cfr. anche, Corte costituzionale, ordinanza del 18 luglio 2013 n.206, “gemella” dell’ordinanza n.207/2013 e con essa coordinata).
- La prima questione pregiudiziale Ue sollevata in sede incidentale dalla Corte costituzionale sarà decisa dalla Corte di giustizia con la sentenza Mascolo del 26 novembre 2014, e ha avviato quel percorso virtuoso e continuo di dialogo tra la Corte costituzionale italiana e la Corte di Lussemburgo che, ancora oggi, costituisce il vero pilastro della credibilità della giurisprudenza comunitaria, dopo il fallimento della Corte costituzionale tedesca e di altre Corti costituzionali dei paesi dell’Est dell’Unione, che hanno opposto la teoria dei controlimiti costituzionali interni e hanno cercato di minare dall’interno le fondamenta della tutela eurounitaria dei diritti fondamentali assicurata dalla Corte comunitaria attraverso il dialogo con i giudici nazionali.
- E’ sulla base di questa legittimazione da parte di due straordinari giuristi e magistrati “europei” e della credibilità professionale e dottrinale che ne è derivata che mi sono permesso di comunicare in data 3 novembre 2024 al Presidente della Repubblica l’appello solitario in difesa delle imprese del turismo balneare e delle prerogative del Parlamento (v. allegato 1).
- Il mio appello mirava a contrastare e demolire nelle sue inconsistenti argomentazioni l’appello di n.50 giuristi allo stesso Capo dello Stato pubblicato il 30.10.2024 (v. allegato 2)per sollecitarne l’esercizio del potere di rinvio ex art.74 comma 1 Cost. alle Camere, al fine di impedire la conversione in legge del decreto d’urgenza del 16 settembre 2024 n.131 in discussione al Senato, dopo l’approvazione alla Camera con voto di fiducia, presupponendo erroneamente il contrasto con il diritto dell’Unione della proroga triennale al 30 settembre 2027 della durata delle concessioni balneari, previsto, d’intesa con la Commissione Ue, dal nuovo testo dell’art.3 comma 1 della legge n.118/2022.
- Sono grato al Presidente della Repubblica, con il suo autorevolissimo silenzio, per aver consentito la conversione in legge del d.l. n.131/2024, senza alcun messaggio motivato di censura rispetto alla nuova disciplina appena introdotta, che peraltro appare rispettosa del dialogo tra il giudice nazionale e la Corte di giustizia, che porterà alla quarta sentenza della Corte comunitaria in subiecta materia in accoglimento dei quesiti pregiudiziali sollevati dal Giudice di pace di Rimini con l’ordinanza del 26 giugno 2024 nella causa Balneari Rimini C-464/24 (v. allegato 3), finalizzata all’esclusione dal campo di applicazione della direttiva Bolkestein e del diritto primario dell’Unione della durata dei titoli concessori delle imprese balneari.
- Sono grato alla Presidente del Consiglio dei Ministri Sig.ra Giorgia Meloni e al Governo nonché al Parlamento per aver accolto il mio suggerimento di prorogare ulteriormente la durata delle concessioni balneari attualmente in corso fino al 30 settembre 2027, in attesa che la Corte di giustizia rimedi definitivamente agli errori interpretativi commessi dalla sentenza “italiana” Promoimpresa e confermi (almeno) la durata indeterminata delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistico-ricreative iniziate prima del 28.12.2009, cioè prima della scadenza del termine per il recepimento della direttiva servizi e, pertanto, escluse dal campo di applicazione della direttiva Bolkestein in base all’art.44 della stessa direttiva 2006/123/CE.
- L’art.44 della direttiva 2006/123/CE, che escludeva (comunque) le concessioni balneari iniziate prima del 28.12.2009 dal campo di applicazione della stessa direttiva servizi, è stato “dimenticato”: a) dalla Corte di giustizia nella sbagliatissima (nelle sue clamorose contraddizioni) sentenza Promoimpresa; b) dall’allora Presidente del Consiglio di Stato nel decreto (legge) n.160/2021, con cui è stata spogliata la V Sezione del CdS della competenza sull’appello n.1975/2021 R.G.Cons. proposto dal Comune di Lecce avverso la sentenza n.73/2021 del TAR Lecce del Presidente Pasca, che aveva correttamente riconosciuto come legittima la proroga al 31.12.2033 delle concessioni demaniali marittime in applicazione dell’art.1 comma 682 della legge n.145/2018; c) dalle sentenze nn.17 e 18 del 9.11.2021 dell’Adunanza plenaria del CdS, che hanno deciso su fattispecie di concessioni balneari iniziate prima del 28.12.2009, e, che, non a caso, non hanno disapplicato – pur citandola – anche l’art.24 comma 3-septies d.l. n.113/2016, la norma “salva spiagge” introdotta in sede di conversione dal Parlamento durante il Governo Renzi con la legge “agostana” n.160/2016.
- Infatti, la questione dell’esclusione delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative iniziate prima del 28.12.2009 dal campo di applicazione della direttiva Bolkestein era ben nota al legislatore nazionale, che, proprio con l’art.24 comma 3-septies del d.l. 113/2016, era intervenuto immediatamente a tamponare gli effetti perversi della fallimentare sentenza Promoimpresa della Corte di Lussemburgo, stabilendo la salvaguardia e la continuità dell’efficacia fino alla legge di riordino della materia delle concessioni balneari iniziate prima del 2010.
- L’art.24 comma 3-septies d.l. n.113/2016 era così compatibile con il diritto dell’Unione da convincere la Commissione Ue che, per oltre quattro anni, non ha attivato alcuna procedura di infrazione fino alla lettera di messa in mora del 3 dicembre 2020, evidentemente concordata con con l’AGCM e con alcuni esponenti del Governo Conte II, grazie all’improvvida introduzione di una norma – l’art.182 comma 2 del d.l. n.34/2020 – che si andava a sovrapporre senza motivo all’art.1 comma 682 della legge n.145/2018, su cui la Commissione Ue per quasi due anni nulla aveva contestato.
- La nuova procedura di infrazione in pieno Covid della Commissione Ue era stata preparata anche da una pronunzia del Consiglio di Stato (VI Sezione, sentenza del 18 novembre 2019 n.7874), che per la prima volta, del tutto incidentalmente e senza alcuna attinenza con la fattispecie di causa, aveva enunciato la disapplicazione da parte dei funzionari comunali preposti alla gestione del demanio marittimo della proroga al 31.12.2033 della durata delle concessioni balneari di cui all’art.1 comma 682 n. 145/2018, precisando però da un lato, contraddittoriamente, che la proroga al 31.12.2020 prevista dall’art.1 comma 18 del d.l. n.194/2009 non poteva essere disapplicata per i titoli concessori assegnati prima del 28.12.2009 ai sensi dell’art.44 della direttiva Bolkestein per assicurare la certezza dei rapporti giuridici, dall’altro che le proroghe al 31.12.2033 riconosciute dai Comuni non erano nulle, ma annullabili nel termine decadenziale previsto per gli atti amministrativi.
- In precedenza, il Consiglio di Stato – V Sezione con le sentenze “gemelle” del 24 ottobre 2019 nn. 7251, 7252, 7253, 7254, 7255 e 7256 si era espresso per la legittima applicazione della proroga dei titoli concessori al 31.12.2033 di cui all’art.1 comma 682 n. 145/2018, confermando tale orientamento con la sentenza 26 ottobre 2020 n. 6472 sempre della V Sezione.
- Inauditamente, il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, con la nuova guida della piacentina Paola De Micheli del Governo Conte II, con circolare del 20 dicembre 2019 ha richiamato la sentenza n.7874/2019 del Consiglio di Stato stravolgendone il contenuto, dando indicazioni alle pubbliche amministrazioni concedenti sostanzialmente di disapplicare l’art.1 comma 682 della legge n.145/2018 e di bandire le gare per concessioni balneari in scadenza al 31.12.2020, dal momento che la direttiva Bolkestein andava applicata dal momento della sua “adozione” (28.12.2006) e non dalla scadenza del termine per il recepimento (28.12.2009).
- Con l’art.22 comma 1 del d.l. 30 dicembre 2019 n.162 (convertito con modificazioni dalla legge n.8/2020) è stato modificato l’art.1 della legge n.186/1982, prevedendo l’aumento da sei a sette delle Sezioni del Consiglio di Stato, con un aumento dell’organico sia dei Giudici che del personale di Segreteria.
- Nel contempo, come anticipato, il legislatore dell’emergenza ha introdotto con l’art.182 comma 2 del d.l. n.34/2020 (convertito con modificazioni dalla legge n.77/2020) una norma che, di fatto, andava ad aggiungersi per svuotarne l’efficacia alla proroga della durata delle concessioni di cui all’art.1 comma 682 della legge n.145/2018, ritenuta contraria al diritto dell’Unione dall’apodittica circolare del 20.12.2019 del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.
- Ecco spiegata, dunque, l’origine “interna” della nuova procedura di infrazione della Commissione Ue con la lettera di messa in mora del 3.12.2020, contrastata invano dalla risposta del Governo a firma del prof. Massimo Condinanzi del 4.2.2021, che sarà ignorata dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato nelle sentenze del 2021, come ignorerà anche la giurisprudenza consolidata della V Sezione del CdS del 2019 e del 2020 a favore della legittimità eurounitaria e costituzionale della proroga delle concessioni balneari al 31.12.2033.
- Ebbene, il novello legislatore d’urgenza con l’art.1 del d.l. n.131/2024, da un lato, ha tolto ogni riferimento nel nuovo testo dell’art.4 della legge n.118/2022 ad una disciplina di riordino o revisione della materia, dall’altro non ha abrogato l’art.24 comma 3-septies d.l. n.113/2016, e ha confermato, per facta concludentia, la durata indeterminata o, se si preferisce, indefinita delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative iniziate prima del 28.12.2009 fino ad una legge di riordino della materia, che per il momento il Parlamento nazionale esclude possa essere all’orizzonte e che la Corte di giustizia con l’emananda sentenza sulla pregiudiziale del Giudice di pace di Rimini nella causa C-464/24 accerterà senza più altri dubbi o manipolazioni degli interpreti in sede giurisdizionale.
- Sono grato alla Corte costituzionale, che, con l’ordinanza del 5 ottobre 2024 n.161 nella causa C-653/24 Regione Emilia Romagna (v. allegato 4), ha sollevato una nuova questione pregiudiziale alla Corte di giustizia Ue, finalizzata ad escludere dal campo di applicazione dell’art.12 della direttiva Bolkestein per la non scarsità della risorsa naturale la disciplina di assegnazione e/o di proroga della durata delle piccole concessioni demaniali idroelettriche.
- La Corte costituzionale nell’ordinanza di rinvio pregiudiziale ha offerto una lettura della sentenza AGCM della Corte di giustizia in aperto contrasto con quella manipolativa del Consiglio di Stato nelle sentenze nn.4479 e 4480 del 20 maggio 2024, riprendendo il percorso di non condivisione delle sentenze nn.17 e 18 del 2021 dell’Adunanza plenaria che aveva già intrapreso con la sentenza n.46/2022.
- Il Consiglio di Stato, purtroppo, nonostante l’entrata in vigore della nuova disciplina introdotta dall’art.1 del d.l. n.131/2024 e che è stata concordata con la Commissione Ue in attesa della definizione della causa pregiudiziale C-464/24 sui quesiti proposti alla Corte di giustizia dal Giudice di pace di Rimini, ha continuato a pronunciarsi con argomentazioni anticostituzionali e contrarie al diritto dell’Unione (Consiglio di Stato, VII Sezione, sentenze del 16 novembre 2024 nn.10131 e 10132).
- Nelle due più recenti decisioni il Consiglio di Stato ha disapplicato anche l’art.37 del codice della navigazione e l’art.18 del regolamento attuativo cod.nav., considerate norme “arcaiche” perché escludono le gare trasparenti e imparziali che deriverebbero dall’applicazione dell’art.12 della direttiva Bolkestein e/o (a seconda della convenienza), dagli artt.49 e 56 del TFUE.
- Sono stato costretto, dopo queste ennesime decisioni “arcaiche” di Palazzo Spada, a notificare in data 20 dicembre 2024, per conto di un concessionario balneare di Rimini intervenuto nel giudizio n.1975/2021 R.G.Cons., un ricorso per cassazione davanti alle Sezioni unite (v. allegato 5), ai sensi dell’art.111 commi 7 e 8 della Costituzione, per impugnare la sentenza della VII Sezione del Consiglio di Stato del 20 maggio 2020 n.4479, che ha annullato la sentenza n.73/2021 del TAR Lecce e ha confermato i principi erga omnes affermati dall’Adunanza plenaria del CdS nella sentenza n.18/2021 e poi ribaditi nel giudizio di merito n.1975/2021 R.G.Cons. dalla VII Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza n.4072/2022, decisioni entrambe riformate dalla Cassazione a Sezioni unite per eccesso di potere giurisdizionale rispettivamente con la sentenza n.32559/2023 e con l’ordinanza n.782/2024.
- In particolare, la Cassazione a Sezioni unite con la sentenza n.32559/2023, nell’annullare la sentenza n.18/2021 della Plenaria, nell’accogliere il primo motivo dei ricorsi proposti da SIB, da Asso.N.A.T. e dalla Regione Abruzzo, assorbendo gli altri, aveva invitato il Consiglio di Stato a «pronunciarsi nuovamente, anche alla luce delle sopravvenienze legislative, avendo il Parlamento e il Governo esercitato, successivamente alla sentenza impugnata, i poteri normativi loro spettanti».
- Ha sbagliato la VII Sezione del Consiglio di Stato, nella riassunzione del giudizio n.1975/2021 R.G.Cons., a riformare la pregevole sentenza n.73/2021 del TAR Lecce di Pasca, nonostante l’invito delle Sezioni unite rivolto a Palazzo Spada ad abbandonare i panni non consentiti dall’ordinamento di novello legislatore e novello esecutivo.
- Purtroppo, sulla scia di quanto già rappresentato alla Corte di giustizia nelle mie osservazioni scritte del concessionario ricorrente nel giudizio principale di cui alla causa C-464/24 (v. allegato 6) e nel mio citato appello al Presidente della Repubblica del 3 novembre 2024, sarebbe stato opportuno e necessario che il Consiglio di Stato – dopo il decreto presidenziale n.160/2021 e dopo il decreto presidenziale del 22 dicembre 2021 n.322 che aveva nuovamente sottratto alla V Sezione la competenza a decidere la causa nel merito n.1975/2021 R.G.Cons. dopo la sentenza n.18/2021 dell’Adunanza plenaria (che alla V Sezione l’aveva rimessa) – rientrasse nei binari della legalità costituzionale e ordinamentale per quanto riguarda la materia della durata delle concessioni balneari.
- Nel frattempo, sarebbe opportuno e necessario che il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti e Vice Presidente del Consiglio dei Ministri, On/le Matteo Salvini, non solo non adotti il decreto ministeriale previsto dall’art.4 comma 9 della legge n.118/2021 almeno fino a quando non è intervenuta la Corte di giustizia Ue a decidere la causa pregiudiziale C-464/24 del Giudice di pace di Rimini, ma adotti una circolare che imponga ai Comuni di non bandire alcuna gara, fino ad ora incompatibile con la disciplina del settore che è esclusa dal codice dei contratti pubblici e salvo i casi di decadenza o di revoca del titolo concessorio, fino al 30 settembre 2024, precisando comunque che giammai le gare potrebbero essere previste per le concessioni balneari iniziate prima del 28.12.2009, nell’attuale vigenza dell’art.24 comma 3-septies d.l. n.113/2016, norma mai abrogata e che il Consiglio di Stato si è ben guardato dal disapplicare anche nelle recentissime fantasiose decisioni.
- Eviteremmo situazioni di procedure di gara non previste dalla legge con evidenti connotati di potenziale corruzione come nel caso del Comune di Chiavari sulla costa ligure o l’imperversare sulla costiera romagnola dei Vanni Marchi del progetto di finanza preconcordato con le amministrazioni comunali per fantasiosi rinnovi sicuri ventennali degli attuali concessionari, grazie anche a piattaforme network in grado di assicurare, ovviamente a costi sostenuti ma con risultato certo, competenze elevate e agganci politici inossidabili, oltre che l’accesso a fondi di investimento.
- Sarebbe un bel regalo di Natale 2024 per tutti i concessionari balneari, che comunque la Corte di Lussemburgo ha già anticipato in estate con la sentenza S.I.I.B. (che andrebbe ridenominata sentenza “salva spiagge italiane”), con la straordinaria presenza nel Collegio a cinque giudici della III Sezione del Presidente Laenarts della Corte Ue, forse il vero Babbo Natale ante tempus per la tutela effettiva delle imprese balneari italiane.
1 V. De Michele, Lo strano caso delle concessioni balneari e la giurisprudenza creativa del Consiglio di Stato sulla primazia del diritto Ue, 15.9.2022, su europeanrights.eu; La sentenza AGCM della Corte Ue sulla compatibilità con il diritto dell’Unione delle norme interne sulle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali, 2.5.2023, su europeanrights.eu; La questione delle concessioni balneari dopo le sentenze del TAR Lecce e della Corte di cassazione a sezioni Unite, 1.12.2023, sempre su europeanrights.eu; Alle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali non si applicano la Bolkestein e il diritto primario Ue sulla libertà di concorrenza e di stabilimento, su www.newsbalneari.com, marzo 2024; L’ordinanza cautelare del 15.3.2024 del TAR Bologna riconosce come ammissibile la durata indeterminata delle concessioni demaniali marittime, su www.newsbalneari.com, marzo 2024; Le responsabilità governative sulla pessima gestione legislativa e giurisprudenziale della durata delle concessioni demaniali marittime, sempre su www.newsbalneari.com, marzo 2024; La durata indeterminata delle concessioni balneari: il casus belli del Comune di Jesolo e il revirement del Consiglio di Stato, ibidem, aprile 2024; La posizione consolidata del Consiglio di Stato sulle concessioni demaniali marittime iniziate prima del 29.12.2009, che sono fuori dalla direttiva Bolkestein, ibidem, aprile 2024; La competenza esclusiva del giudice ordinario sulla legittima occupazione del demanio marittimo dei concessionari, ibidem, maggio 2024; La sentenza SIIB della Corte di giustizia Ue dell’11.7.2024 esclude le concessioni demaniali marittime dalla Bolkestein, ibidem, 28 luglio 2024.
Allegato 1 – appello al Presidente della Repubblica del 3.11.2024
Allegato 2 – appello n.50 giuristi per la non conversione d.l. n.131-2024
Allegato 3 – ordinanza di rinvio pregiudiziale GdP di Rimini del 26.6.24 causa C-464-24
Allegato 4 – ordinanza n.161-2024 della Corte costituzionale
Allegato 6 – osservazioni scritte parte ricorrente nella causa C-464-24 Balneari Rimini