È oramai di pubblico dominio il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) ossia il documento con il quale l’Italia illustra, in ogni dettaglio, come intende utilizzare e spendere i finanziamenti che giungeranno dall’Unione Europea, attraverso il Next Generation EU, detto anche Recovery Fund da spendere entro il 2026. Detto Piano prevede risorse economiche che dovranno interessare i settori strategici dell’economia ed è diviso in 6 missioni che rappresentano le aree “tematiche” strutturali di intervento.
a) Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo; b) Rivoluzione verde e transizione ecologica; c) Infrastrutture per una mobilità sostenibile; d) Istruzione e Ricerca; e) Inclusione e Coesione;
f) Salute Come conciliare questi 6 obiettivi con il turismo nautico? Come impiegare le risorse disponibili per l’intero comparto? Quello che emerge, da una prima lettura del PNRR, è che Governo e Parlamento, rispetto alla programmazione del PNRR che prevede, a favore del cluster marittimo portuale, fondi per infrastrutture portuali sostenibili, sia in termini di transizione energetica che in termini di resilienza ai cambiamenti climatici, abbiano avuto un en approccio troppo timido verso un settore strategico come quello del turismo nautico e de dell’indotto che esso può generare per le PMI.
Di “Mare” si parla solo nel capitolo del PNRR si intitola “Ripristino e tutela dei fondali e degli habitat marini” e si trova al punto M2C4 investimento 3.5 della Missione 2 Rivoluzione verde e transizione ecologica. Il testo recita: “Il piano sviluppato prevede interventi su larga scala per il ripristino e la protezione dei fondali e degli habitat marini nelle acque italiane, finalizzati a invertire la tendenza al degrado degli ecosistemi mediterranei potenziandone la resilienza ai cambiamenti climatici e favorendo così il mantenimento e la sostenibilità di attività fondamentali non solo per le aree costiere, ma anche per le filiere produttive essenziali del Paese (pesca, turismo, alimentazione, crescita blu)”. Giova ricordare che quello del rilancio del comparto della nautica da diporto, dei porti turistici e di tutta la filiera ad essi collegato è stato uno dei pochi che meglio ha resistito alla crisi pandemica e tra i primi a trainare la ripartenza del Paese. Trattasi senza dubbio di una filiera che dà lavoro a tantissime famiglie. Da tempo la Commissione europea, nell’ambito della strategia “Crescita blu” dell’UE, ha individuato nel settore del turismo costiero e marittimo un comparto con particolari potenzialità per promuovere un’Europa intelligente, sostenibile e solidale. Trattasi di un motore economico fondamentale per molte regioni costiere e isole europee. Nel documento denominato “Strategia europea per una maggiore crescita e occupazione nel turismo costiero e marittimo” del 2014 l’UE:
a. incoraggia la diversificazione e l’integrazione dei poli di attrattiva costieri con quelli situati all’interno, anche tramite itinerari tematici transnazionali quali percorsi della cultura, vie religiose o antiche rotte commerciali;
b. commissiona uno studio sul modo in cui migliorare la connettività delle isole e definire strategie turistiche innovative per le isole (periferiche);
c. commissiona uno studio per indicare pratiche innovative di sviluppo dei porti turistici.
d. invita, altresì, gli Stati membri, gli enti regionali e locali e l’industria turistica a
– sviluppare il turismo basato sul patrimonio culturale, i parchi archeologici sottomarini (sulla scorta dei lavori svolti dall’UNESCO) e il turismo di natura e salute nelle destinazioni costiere;
– valersi di strategie nazionali e regionali per assicurare un’offerta turistica coerente e una migliore accessibilità delle isole e delle località periferiche;
– ideare pratiche innovative per la riconversione e il riutilizzo delle infrastrutture marittime esistenti.
Per l’Italia, il turismo costiero e marittimo è una fondamentale risorsa economica, un volano importante per la crescita dei territori interni che vivono in simbiosi con i porti e le coste, nonché un bene ambientale da tutelare e valorizzare.
Il mare e le unità da diporto, infatti, pur essendo il luogo privilegiato del viaggio dei turisti nautici, rispetto alle scelte dei diportisti nautici, non possono considerarsi, l’unica loro scelta. A differenza dei diportisti nautici, le motivazioni del viaggio dei turisti nautici possono radicarsi nella volontà non solo di effettuare il viaggio nautico, ma anche di visitare la terraferma, tramite gite di un giorno, viste guidate a musei e al patrimonio archeologico oppure tramite allontanamenti di più giorni dal luogo dell’approdo. I porti e gli approdi turistici non sono più considerati solo come luogo di rifugio e di ricovero per le imbarcazioni, bensì come località di destinazione turistica, ricche di servizi e teatro d’iniziative culturali e sportive, cioè dove vi è la possibilità di una adeguata ricettività anche per i mesi invernali; non sono più intesi come luoghi chiusi, come località da cui si possono trarre vantaggi esclusivamente economici, ma anche luoghi di ritrovo e d’incontro, dove, al pari di un bell’arenile o di un percorso naturalistico marino, ciascun fruitore può ritrarre persino un proprio godimento spirituale ed estetico. Non essendo stato prevista un’apposita Mission per tale comparto proviamo a comprendere come possano essere intercettati questi fondi. Per quanto concerne il capitolo digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo essi singolarmente considerate rappresenterebbero per il comparto della nautica un valore aggiunto. Essi rappresentano per la portualità turistica l’opportunità di creare sinergie con il territorio in cui ricade l’infrastruttura portuale. Avere un porto hi – tech ed app dedicate consentirebbe la realizzazione di mappe più precise e dettagliate dei fondali, la creazione sistemi tecnologicamente avanzati per il monitoraggio remoto degli ormeggi e delle strutture, agli operatori di essere facilmente reperibili, organizzare l’accoglienza da remoto ed una vetrina ove promuovere i propri servizi mentre per gli utenti di soddisfare la domanda di posti-barca e dei servizi accessori. La portualità turistica, intesa gate del territorio, dovrà considerarsi una nuova ed alternativa modalità di accesso e fruizione delle eccellenze storiche, culturali e paesaggistiche del nostro Paese. Per quanto concerne il capitolo rivoluzione verde e transizione ecologica sostenibile il valore aggiunto è la tutela dell’ambiente, dell’economia e dell’identità delle popolazioni residenti in un’ottica di medio – lungo periodo. I porti turistici dovranno sviluppare servizi innovativi, sostenibili e smart.
Per condividere maggiormente il programma di tutela ecologica anche con gli operatori e le imprese turistiche, l’Ente gestore potrà organizzare uno sviluppo “in rete” dei campi di ormeggio, vale a dire un network integrato con i servizi complementari di terra. Si giungerebbe così a un nuovo principio di sviluppo organizzativo e gestionale delle coste, ma soprattutto si potrebbe contribuire a rendere sempre più attendibile e condiviso il programma di protezione ambientale nei territori interessati, creando opportunità di valore economico, tramite l’interazione ormeggio/struttura ricettiva a terra. Un maggiore controllo dei flussi dei fruitori diportisti, lo sfruttamento delle fonti energetiche rinnovabili e la realizzazione di un sistema automatico di controllo e chiusura degli scarichi nelle imbarcazioni a motore e a vela permetterebbe a diportisti ed operatori nautici di essere integrati con l’ambiente marino e, allo stesso tempo, raggiungere obiettivi di sviluppo economico ottimale. Per quanto concerne il capitolo infrastrutture per una mobilità sostenibile il rilancio della portualità turistica passerebbe anche dalle iniziative legate alla mobilità alternativa, cicloturismo ed ecologia ambientale che rappresenterebbero il necessario “collante” per l’integrazione con le aree retro portuali. In merito all’istruzione e ricerca il comparto della nautica necessita di figure professionali dotate della necessaria padronanza degli strumenti gestionali per attuare la promozione e la valorizzazione dello scalo turistico e del territorio promuovendo la costruzione di reti di filiera dei settori integrati (porti turistici, cantieri nautici, agenzie marittime di settore, broker nautici, società di charter, aziende specializzate nel bunkeraggio ecc.) con competenze ed essere soggetti attivi a sostegno dello sviluppo ambientale e sostenibile del territorio terrestre e marino. Se la missione coesione ed inclusione significa rafforzare le politiche del lavoro, il ruolo dello sport come fattore aggregante e interconnessione con le zone interne, la nautica e il turismo ad essa connesso realizzano in pieno questi obiettivi.