Non è uno scherzo di carnevale, secondo la Corte di Giustizia Europea le concessioni demaniali marittime non entrano nella Bolkestein
Di Vincenzo De Michele
a) Considerazioni preliminari sulla vicenda delle proroghe delle concessioni balneari
1. Sono state pubblicate l’8 febbraio 2024 le conclusioni scritte dell’Avvocato generale croato Capeta nella causa pregiudiziale C-598/22 S.I.I.B. promossa dal Consiglio di Stato con l’ordinanza del 15.09.2022 n.8010/2022, che ha proposto il seguente quesito: «Se gli articoli 49 e 56 TFUE ed i principi desumibili dalla sentenza Laezza (C‑375/14) ove ritenuti applicabili, ostino all’interpretazione di una disposizione nazionale quale l’articolo 49 del codice della navigazione nel senso di determinare la cessione a titolo non oneroso e senza indennizzo da parte del concessionario alla scadenza della concessione quando questa venga rinnovata, senza soluzione di continuità, pure in forza di un nuovo provvedimento, delle opere edilizie realizzate sull’area demaniale facenti parte del complesso di beni organizzati per l’esercizio dell’impresa balneare, potendo configurare tale effetto di immediato incameramento una restrizione eccedente quanto necessario al conseguimento dell’obiettivo effettivamente perseguito dal legislatore nazionale e dunque sproporzionato allo scopo».
2. La fattispecie della causa pregiudiziale riguarda una concessione demaniale marittima iniziata nel 1928 con lo stabilimento balneare «Bagni Ausonia» nel Comune di Rosignano Marittimo, e si inserisce nella complessa vicenda della legittimità delle proroghe legislative delle concessioni balneari italiane, che ha visto coinvolte tutte le principali Istituzioni dell’Unione europea (Commissione e Corte di giustizia in primo luogo, ma anche Parlamento europeo) e tutte le Istituzioni nazionali di vertice sia politiche e legislative (Governo e Parlamento; Presidente della Repubblica) sia giurisdizionali (Consiglio di Stato in adunanza plenaria e Cassazione a Sezioni unite).
3. Si è creato così un vortice di contrastanti interventi istituzionali e politici e di gravi conflitti giurisprudenziali che sembrava essere arrivato finalmente ad un approdo di pace normativa e interpretativa sulla conformità della legislazione nazionale rispetto al diritto dell’Unione, dopo l’entrata in vigore a decorrere dal 27.2.2023 di un normativa interna (introdotta con la legge n.14/2023 di conversione del decreto legge n.198/2022) che prevede la durata a tempo indeterminato delle concessioni demaniali marittime in corso con il blocco definitivo delle gare da parte dei Comuni (si tratta dell’art.4 comma 4-bis della legge n.118/2022, introdotto dall’art.1 comma 8 lettera b) della legge n.14/2023, nonché dell’art.10-quater comma 3 d.l. n.198/2022), non essendo stata adottata entro il 27.2.2023 la decretazione legislativa prevista dall’art.4 comma 1 della legge n.188/2022, che avrebbe dovuto stabilire i criteri per bandire le gare entro il 31 dicembre 2023 (termine prorogato al 31 dicembre 2024 con la modifica dell’art.3 commi 1 e 2 della legge n.118/2022) e gli indennizzi previsti per i concessionari uscenti.
4. Come sottolineato da chi scrive in più occasioni1, soprattutto dopo la sentenza della Corte di giustizia Ue del 20 aprile 2023 nella causa C-378/22 AGCM, la legislazione nazionale che ha recentemente trasformato a tempo indeterminato la durata delle concessioni demaniali marittime – diversamente da quanto opinato dal Consiglio di Stato in più occasioni dopo le sentenze della Plenaria nn.17 e 18 del 9 novembre 2021 (cfr. Consiglio di Stato, sentenze del 1° marzo 2023, n. 2192, del 19 aprile 2023 n. 3964, del 7 luglio 2023 n. 6675, del 28 agosto 2023 n. 7992 e del 27 dicembre 2023 n.11200) – non può essere disapplicata dai Comuni se non incorrendo in una gravissima violazione della Costituzione nazionale e della legislazione ordinaria interna vigente del codice della navigazione, perché l’art.4 comma 4-bis della legge n.118/2022 e l’art.10-quater comma 3 d.l. n.198/2022 sono norme assolutamente conformi al diritto dell’Unione europea, come interpretato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia.
b) Il quadro normativo primario e derivato dell’Unione europea in subiecta materia
5. Infatti, va precisato, preliminarmente, che gli artt.49, 50, 51, 195 e 345 del TFUE escludono le concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali dal campo di applicazione sia del diritto primario dell’Unione che delle direttive comunitarie di armonizzazione.
6. L’art. 49 TFUE (ex art.44 TCE) vieta le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro.
6.1. L’art.50 TFUE (ex art.45 TCE) prevede che l’art.49 TDUE non opera fino a quando detta norma primaria del Trattato non sia stata recepita da una direttiva specifica di armonizzazione idonea a regolare il settore, e comunque l’applicazione dell’art.49 TDUE è esclusa dall’art. 51 TFUE (ex art.46 TCE), che appunto consente la non applicazione delle disposizioni dello stesso Capo 2 (artt.49 – 55 TFUE), per quanto riguarda lo Stato membro interessato, alle attività che in tale Stato partecipino, sia pure occasionalmente, all’esercizio dei pubblici poteri, come nel caso delle concessioni demaniali marittime.
6.2. Inoltre, l’art.195 del TFUE con decorrenza dal 1.12.2009 (la norma non era presente nel TCE) ha escluso nel settore turismo che il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, possano introdurre misure specifiche di armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri. Pertanto, le direttive di armonizzazione non si applicano alle concessioni demaniali marittime.
6.3. Infine, l’art.345 del TFUE stabilisce che i trattati lasciano del tutto impregiudicato il regime di proprietà esistente negli Stati membri.
7. In siffatto contesto normativo di diritto primario dell’Unione è intervenuta la direttiva 2006/123/CE (c.d. direttiva Bolkestein) che all’art.11 ha previsto la regola della durata illimitata delle autorizzazioni allo svolgimento dei servizi disciplinati dalla direttiva in questione e all’art.12 paragrafo 1 ha dettato l’eccezione delle procedure selettive «qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali».
7.1. Il considerando n.9 della direttiva 2006/123/CE esclude espressamente dal campo di applicazione della stessa direttiva servizi i servizi che implicano come requisiti per lo svolgimento dell’attività economica il rispetto delle norme riguardanti lo sviluppo e l’uso delle terre.
7.2. Il considerando n.57 2° capoverso della direttiva Bolkestein prevede l’esclusione delle fattispecie delle concessioni di beni pubblici (come le cdm) e di servizi pubblici (come le concessioni in materia di scommesse) dal campo di applicazione della stessa direttiva servizi: «Le disposizioni della presente direttiva relative ai regimi di autorizzazione dovrebbero riguardare i casi in cui l’accesso ad un’attività di servizio o il suo esercizio da parte di operatori richieda la decisione di un’autorità competente. Ciò non riguarda né le decisioni delle autorità competenti relative all’istituzione di un ente pubblico o privato per la prestazione di un servizio particolare, né la conclusione di contratti da parte delle autorità competenti per la prestazione di un servizio particolare, che è disciplinata dalle norme sugli appalti pubblici, poiché la presente direttiva non si occupa di tali norme».
7.3. Ai sensi dell’art.44 della direttiva 2006/123/CE gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alle disposizioni della stessa direttiva entro il 28 dicembre 2009.
7.4. Pertanto, la direttiva Bolkestein non è stata mai applicabile alle concessioni demaniali marittime essendo concessioni di beni (cfr. Consiglio di Stato, sentenza 5.1.2024 n.204; Corte di giustizia, sentenza Promoimpresa1, punti 47-48; Corte costituzionale, sentenza n.29/20172) e non di servizi o di lavori e, comunque, la direttiva 2006/123/CE non poteva essere applicata alle cdm iniziate prima della scadenza del termine di recepimento (28.12.2009), come ha precisato ai punti 27-28 delle conclusioni scritte in commento nella causa C-598/22 l’Avvocato generale Capeta.
8. Ai sensi del considerando 15 della direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione prevede testualmente: «Inoltre, taluni accordi aventi per oggetto il diritto di un operatore economico di gestire determinati beni o risorse del demanio pubblico, in regime di diritto privato o pubblico, quali terreni o qualsiasi proprietà pubblica, in particolare nel settore dei porti marittimi o interni o degli aeroporti, mediante i quali lo Stato oppure l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore fissa unicamente le condizioni generali d’uso senza acquisire lavori o servizi specifici, non dovrebbero configurarsi come concessioni ai sensi della presente direttiva. Ciò vale di norma per i contratti di locazione di beni o terreni di natura pubblica che generalmente contengono i termini che regolano la presa di possesso da parte del conduttore, la destinazione d’uso del bene immobile, gli obblighi del locatore e del conduttore per quanto riguarda la manutenzione del bene immobile, la durata della locazione e la restituzione del possesso del bene immobile al locatore, il canone e le spese accessorie a carico del conduttore».
8.1. L’articolo 1 paragrafo 1 della direttiva 2014/23/UE prevede: «1. La presente direttiva stabilisce le norme applicabili alle procedure di aggiudicazione di contratti di concessione indette da amministrazioni aggiudicatrici ed enti aggiudicatori il cui valore stimato non è inferiore alla soglia indicata all’articolo 8», pari ad € 5.186.000,00.
8.2. L’articolo 2 della direttiva 2014/23/UE fissa il principio di libera amministrazione delle autorità pubbliche e prevede: «1. La presente direttiva riconosce il principio per cui le autorità nazionali, regionali e locali possono liberamente organizzare l’esecuzione dei propri lavori o la prestazione dei propri servizi in conformità del diritto nazionale e dell’Unione. Tali autorità sono libere di decidere il modo migliore per gestire l’esecuzione dei lavori e la prestazione dei servizi per garantire in particolare un elevato livello di qualità, sicurezza e accessibilità, la parità di trattamento e la promozione dell’accesso universale e dei diritti dell’utenza nei servizi pubblici. 2. La presente direttiva fa salvi i regimi di proprietà degli Stati membri. In particolare non richiede la privatizzazione di imprese pubbliche che forniscono servizi al pubblico.
8.3. L’articolo 5 n.1) lettera b) della direttiva 2014/23/UE fornisce la definizione di «concessione di servizi»: «si intende un contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto in virtù del quale una o più amministrazioni aggiudicatrici o uno o più enti aggiudicatori affidano la fornitura e la gestione di servizi diversi dall’esecuzione di lavori di cui alla lettera a) ad uno o più operatori economici, ove il corrispettivo consista unicamente nel diritto di gestire i servizi oggetto del contratto o in tale diritto accompagnato da un prezzo.».
8.4. In buona sostanza, l’aggiudicazione delle concessioni balneari marittime come concessioni di servizi rientra, teoricamente, nel campo di applicazione della direttiva 2014/23/UE e non in quello della direttiva “servizi” 2006/123/CE.
8.5. Tuttavia, il considerando 15 della direttiva 2014/23/UE esclude testualmente le concessioni demaniali marittime dal campo di applicazione della stessa direttiva 2014/23/UE, alla luce del principio di libera amministrazione delle autorità pubbliche enunciato dall’art.2 della direttiva sull’aggiudicazione delle concessioni e del rispetto del regime di proprietà degli Stati e del demanio pubblico secondo il diritto nazionale, dal momento che, proprio per le concessioni demaniali marittime, alla scadenza della concessione le opere costruite dal concessionario vengono acquisite al demanio pubblico, in evidente deroga dei principi di libera circolazione dei beni e dei servizi e della libertà di iniziativa economica a cui si ispirano sia la direttiva 2006/123/CE sia la direttiva 2014/23/UE.
c) La compatibilità del codice della navigazione nella versione originaria con il diritto Ue fino al 31 dicembre 2006 con la reiterazione illimitata delle concessioni balneari e l’esclusione del settore dal codice degli appalti o contratti pubblici
9. L’art. 36 del Codice della Navigazione (R.D. 30 marzo 1942 n.327; d’ora innanzi cod.nav.) prevede la possibilità della pubblica amministrazione concedente (in precedenza il Ministero competente o le Capitanerie di porto a seconda della durata, con l’art.42 del d.lgs. n.96/1999 i Comuni), compatibilmente con le esigenze del pubblico uso, può concedere l’occupazione e l’uso, anche esclusivo, di beni demaniali e di zone di mare territoriale per un determinato periodo di tempo.
10. L’art. 37 cod.nav. prevedeva l’esperimento di un procedimento finalizzato alla valutazione comparativa tra gli aspiranti solo in via eventuale, ovvero nell’ipotesi di più domande di rilascio di concessione sul medesimo bene demaniale. Il medesimo articolo, al secondo comma, contemplava tuttavia in tal caso la preferenza in favore del soggetto già titolare della concessione (c.d. diritto di insistenza). La norma sul diritto di insistenza è stata in vigore fino al 30 dicembre 2009, quando è stata abrogata con la modifica del comma 2 dell’art.37 cod.nav. dall’art.1 comma 10 del d.l. n.194/2009 (convertito con modificazioni dalla legge n.25/2010).
11. L’art. 42 cod.nav. disciplina la revoca delle concessioni demaniali marittime, prevedendo al comma 2 che le concessioni di durata superiore al quadriennio o che comunque importino impianti di difficile sgombero sono revocabili per specifici motivi inerenti al pubblico uso del mare o per altre ragioni di pubblico interesse, senza indennizzo e al comma 4, nel caso di concessioni che hanno dato luogo a costruzione di opere stabili, un indennizzo pari al rimborso di tante quote parti del costo delle opere quanti sono gli anni mancanti al termine di scadenza fissato.
12. L’art. 49 cod.nav. prevede che, quando venga a cessare la concessione, le opere non amovibili, costruite sulla zona demaniale, restano acquisite allo Stato, senza alcun compenso o rimborso, salva la facoltà dell’autorità concedente di ordinarne la demolizione con la restituzione del bene demaniale nel pristino stato.
13. L’art.01 comma 2 del decreto legge n. 400 del 1993, nel testo modificato dall’art.10 comma 1 della legge n.88/2001 e in vigore fino al 31 dicembre 2006, ha previsto il rinnovo automatico delle concessioni demaniali marittime in essere di sei anni in sei anni, salvo la revoca di cui all’art.42 cod.nav.
14. In conclusione, il c.d. diritto di insistenza o di precedenza, previsto dall’originario testo dell’art.37 comma 2 cod.nav. fino al 29.12.2009, del precedente titolare del rapporto concessorio con il demanio marittimo, come dimostra il caso della cdm iniziata nel 1928 dello stabilimento balneare «Bagni Ausonia» nel Comune di Rosignano Marittimo, si coniugava perfettamente fino alla pubblicazione sulla G.U.C.E. della direttiva 2006/123/CE con l’art.49 del cod..nav., che prevede la devoluzione delle opere non amovibili allo Stato, senza indennizzo per il concessionario il cui titolo concessorio sia cessato, la norma sospettata di contrasto dal Consiglio di Stato con l’ordinanza di rinvio pregiudiziale del 15.09.2022 n.8010/2022 nella causa C-598/22, su cui l’Avvocato generale Capeta ha depositato le conclusioni scritte in commento l’8.2.2024.
14.1. Peraltro, la legislazione ordinaria italiana ha disciplinato con il codice della navigazione e con la legislazione speciale (d.l. 400/1993) le concessioni demaniali marittime come concessioni di beni demaniali e non di lavori o di servizi e quindi le cdm non sono mai state disciplinate come appalti pubblici di lavori o di servizi e non rientrano espressamente nell’attuale disciplina del codice dei contratti pubblici.
14.2. In particolare, il d.lgs. 18 aprile 2016 n.50 (codice dei contratti pubblici) ha recepito le direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25 e, coerentemente, all’art.17 comma 1 lettera a) ha escluso l’applicazione delle disposizioni del codice dei contratti pubblici «agli appalti e alle concessioni di servizi: a) aventi ad oggetto l’acquisto o la locazione, quali che siano le relative modalità finanziarie, di terreni, fabbricati esistenti o altri beni immobili o riguardanti diritti su tali beni», ripetendo le analoghe previsioni dell’art. 19 del d.lgs. n.163/2006 e dell’art.5 comma 2 lettera a) del d.lgs. n.157/1995.
14.3. L’art.56 comma 1 lettera e) del d.lgs. 31 marzo 2023 n.36 (nuovo codice dei contratti pubblici) a decorrere dal 1° luglio 2023, con l’abrogazione del d.lgs. n.50/2016, ha sostituito con identica formulazione l’art.17 comma 1 lettera a) del codice dei contratti pubblici, elevando, sempre con decorrenza dal 1.7.2023, all’art.14 comma 1 lettera a) del nuovo decreto fino ad euro 5.382.000 la soglia di rilevanza europea degli appalti pubblici di lavori e per le concessioni.
d) La inaccettabile applicazione da parte del Governo Prodi dal 1.1.2007 della direttiva Bolkestein alle concessioni balneari, escluse, secondo l’Avvocato generale Capeta, dal campo di applicazione sia del diritto primario che della normativa derivata dell’Unione
15. La scelta “aggressiva” della Commissione europea di applicare alle concessioni demaniali marittime la direttiva Bolkestein fin dalla pubblicazione della direttiva servizi sulla G.U.C.E. (28 dicembre 2006) e tre anni prima della sua entrata in vigore (28 dicembre 2009) è legata esclusivamente alla opzione del Governo Prodi di introdurre con l’art.1 commi 253 della legge finanziaria n.296/2006, con decorrenza dal 1° dicembre 2007, l’art.03 comma 4-bis del d.l. n.400/1993, neutralizzando – con un termine di durata massima di venti anni in ragione dell’entità e della rilevanza economica delle opere da realizzare e sulla base dei piani di utilizzazione delle aree del demanio marittimo predisposti dalle regioni – la proroga automatica e illimitata di cui all’art.01 comma 2 dello stesso decreto legge.
15.1. Nel testo della legge finanziaria approvato alla Camera, come risulta dal relativo dossier, l’originaria formulazione del nuovo comma introdotto – art.03 comma 4-bis d.l. n.400/1993 – prevedeva soltanto una durata compresa tra sei e cinquanta anni delle concessioni demaniali marittime, che non escludeva il diritto di precedenza di cui all’art.37 comma 2 cod.nav. ed era coerente con altra norma inserita nella legge finanziaria per il 2007 – art.1 comma 259 della legge n.296/2006 -, che prevede un periodo non superiore a cinquanta anni della concessione o della locazione a privati, a titolo oneroso, di beni immobili di proprietà dello Stato, ai fini della riqualificazione e riconversione dei medesimi beni tramite interventi di recupero, restauro, ristrutturazione anche con l’introduzione di nuove destinazioni d’uso finalizzate allo svolgimento di attività economiche o attività di servizio per i cittadini.
16. La nuova disciplina sul termine di venti anni di durata massima delle cdm nasce nel contesto politico e culturale della gestione del demanio marittimo della Regione Emilia Romagna, in cui la prof.ssa Lucia Serena Rossi1 si farà subito promotrice della diretta applicazione sia dell’art.49 TFUE sia dell’art.12 paragrafo 1 della direttiva Bolkestein, nonostante chiaramente non vi fossero i presupposti temporali e giuridici per far rientrare le concessioni demaniali marittime nel campo di applicazione della norma primaria e della disposizione di diritto derivato che prevede procedure selettive.
17. Questa scelta politica nazionale incongrua e lesiva dei diritti fondamentali dei concessionari balneari ha consentito l’individuazione di un interesse economico transfrontaliero certo con conseguente estensione dell’interpretazione della Corte di giustizia anche a situazioni puramente interne qualora le norme nazionali, la cui validità è in discussione, siano potenzialmente in grado di produrre effetti su cittadini o imprese di altri Stati membri2.
18. Viceversa, in settori in cui chiaramente già si applica(va) il diritto dell’Unione e la disciplina europea in materia di appalti pubblici di lavori o di servizi, come per le concessioni autostradali, il Governo Prodi ha operato contestualmente una restrizione della libertà di stabilimento e della libertà di concorrenza, con proroghe illimitate incoerenti con gli obblighi comunitari di indire gare pubbliche3.
19. L’avvocato generale Capeta nelle conclusioni scritte dell’8 febbraio 2024 nella causa C-598/22 ha chiarito perfettamente che la problematica in questione attiene alle scelte interne del Governo nazionale sulla gestione delle concessioni legate al demanio pubblico.
19.1. Per l’avvocato generale Capeta esistono diversi tipi di concessioni, che di conseguenza possono essere classificate in modo diverso secondo il diritto dell’Unione. Ad esempio, la concessione aggiudicata nel caso di specie si differenzia dalle concessioni di servizi attribuite a investitori privati, attraverso le quali uno Stato soddisfa determinate esigenze pubbliche (come la realizzazione di una strada o quella di un aeroporto), richiamando il punto 47 della sentenza Promoimpresa della Corte Ue, secondo cui le concessioni demaniali marittime vertono non su una prestazione di servizi determinata dell’ente aggiudicatore, bensì sull’autorizzazione a esercitare un’attività economica in un’area demaniale e, pertanto, non rientrano nella categoria delle concessioni di servizi, con l’ulteriore conseguenza che la natura e lo scopo di una concessione ne determinano il trattamento giuridico (conclusioni scritte Capeta causa C-598/22, punto 79).
19.2. Inoltre, secondo l’AG, le concessioni demaniali marittime, legate alla decisione di mantenere talune aree nella proprietà demaniale, presentano alcune caratteristiche intrinseche, tra le quali il fatto che l’attività economica per la quale viene rilasciata la concessione è inscindibile dalla natura pubblica di quell’area e, quindi, sono direttamente collegate all’uso di una particolare area di proprietà dello Stato (conclusioni scritte Capeta causa C-598/22, punto 80), rientrando così nell’ambito di applicazione dell’art.51 TFUE e dell’esclusione alle cdm della norma primaria dell’art.49 TFUE del divieto di restrizione sulla libertà di stabilimento.
19.3. La partecipazione delle attività svolte dalle concessioni demaniali marittime all’esercizio dei pubblici poteri della salvaguardia della proprietà pubblica, della salvaguardia delle finanze pubbliche, nonché del turismo, della cultura e dell’ambiente di cui all’art.51 TFUE, del resto, è stata pacificamente invocata dal Governo italiano come causa di esclusione del divieto di restrizioni alla libertà di stabilimento di cui all’art.49 del TFUE (conclusioni scritte Capeta causa C-598/22, punto 87), ai fini della giustificazione dell’art.49 cod.nav. per la mancata previsione di un indennizzo in caso di acquisizione al demanio marittimo delle opere non amovibili realizzate dal concessionario uscente.
20. Sarà la stessa prof.ssa Rossi, come inusuale Presidente del Collegio a tre della IX Sezione della Corte di giustizia, che, con la sentenza OL (Prorogation des concessions italiennes) del 16.3.2023 nella causa C-517/20 (EU:C:2023:219) su una fattispecie di concessione di servizi di scommesse come nel caso della sentenza Laezza, prenderà atto del fatto che le concessioni demaniali marittime non entrano nel campo di applicazione del diritto dell’Unione alla luce della giurisprudenza della Corte Ue sopravvenuta all’entrata in vigore della direttiva Bolkestein.
20.1. La Corte Ue ha fatto una verifica preliminare per verificare l’applicabilità della direttiva 2014/23/UE alle concessioni di servizi per l’attività di scommesse, escludendo al punto 29 che le concessioni demaniali marittime possano qualificarsi concessioni di servizi e richiamando il punto 48 della sentenza Promoimpresa: «Per contro, taluni accordi aventi ad oggetto il diritto di un operatore economico di gestire determinati beni o risorse pubblici, in regime di diritto privato o pubblico, come dei terreni, mediante i quali lo Stato fissa unicamente le condizioni generali d’uso dei beni o delle risorse in questione senza acquisire lavori o servizi specifici, non dovrebbero – come risulta dal considerando 15 della citata direttiva – essere qualificati come «concessioni di servizi», ai sensi della direttiva 2014/23 (v., in tal senso, sentenza del 14 luglio 2016, Promoimpresa e a., C-458/14 e C-67/15, EU:C:2016:558, punto 48).» [punti 28 e 29 della sentenza OL (Prorogation des concessions italiennes)].
20.2. Infine, la Corte Ue ha esaminato indirettamente il profilo della esclusione delle proroghe delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali (oltre che delle concessioni di servizi di attività di scommesse) dal campo di applicazione anche delle norme primarie del TFUE, ai sensi degli artt.51 e 52 del TFUE: «48. Tale proroga delle concessioni nel settore dei giochi d’azzardo e dei diritti risultanti dalla regolarizzazione della situazione dei CTD e degli allibratori, la quale impedisca a questi ultimi, se stabiliti in un altro Stato membro, di offrire i propri servizi nello Stato membro in questione, anche per il tramite dei CTD, costituisce, secondo la giurisprudenza ricordata ai punti da 42 a 45 della presente sentenza, una restrizione delle libertà fondamentali sancite dagli articoli 49 e 56 TFUE. 49 Tuttavia, detta proroga può essere ammessa sulla base delle deroghe espressamente previste dagli articoli 51 e 52 TFUE, oppure può essere giustificata, conformemente alla giurisprudenza della Corte, da motivi imperativi di interesse generale (v., in tal senso, sentenza del 13 settembre 2007, Commissione/Italia, C-260/04, EU:C:2007:508, punto 26).» [punti 48 e 49 della sentenza OL (Prorogation des concessions italiennes)].
21. Ecco perché l’Avvocato generale Capeta fa riferimento al punto 97 delle sue conclusioni nella causa C-598/22 alla conoscenza da parte del concessionario balneare alle norme interne applicabili, in quanto, in questo caso, «può negoziare un indennizzo adeguato nel caso in cui l’investimento necessario fosse troppo grande per essere riassorbito nel corso della concessione».
22. Se il concessionario demaniale marittimo è a conoscenza del fatto che, fino alla data del 31 dicembre 2006 (art.37 comma 2 cod.nav. e art.01 comma 2 del d.l. n.400/1993, nel testo all’epoca vigente) e dal 27 febbraio 2023 fino all’attualità (art.4 comma 4-bis della legge n.118/2022 e art.10-quater comma 3 del d.l. n.198/2022), il proprio titolo concessorio sul demanio marittimo ha una durata illimitata, salvo revoca per ragioni di interesse pubblico, perché dovrebbe stabilire un indennizzo legato ad un elevato investimento, non avendo peraltro neanche la forza contrattuale per interloquire con l’autorità pubblica concedente?
23. In conclusione, la problematica della legittima mancanza di indennizzo in favore del concessionario uscente è la foglia di fico creata dal Consiglio di Stato con l’ordinanza di rinvio pregiudiziale nella causa C-598/22 per mascherare le conseguenze discriminatorie di scelte politiche e legislative interne, che risalgono alla legge finanziaria per il 2007, che sono state concordate successivamente con la Commissione europea per salvaguardare gli interessi economici anticoncorrenziali e antieconomici per lo Stato dei concessionari autostradali.
23.1. Ciò è avvenuto con decorrenza (dal 1.1.2007) per la scelta politica dello Stato italiano di affidare alle regole della concorrenza e degli appalti pubblici di derivazione europea un settore, quale quello delle concessioni demaniali marittime, completamente escluso dal campo di applicazione del diritto dell’Unione e con elevato tasso di concorrenzialità dei prezzi offerti agli utenti dei servizi grazie alla capillare presenza sul territorio costiero di decine di migliaia di piccole e piccolissime imprese, che non meritavano di ricevere dal governo nazionale un trattamento così deteriore, rispetto a quello riservato ai balneari spagnoli o a quelli portoghesi.
e) La procedura di infrazione della Commissione Ue sui balneari italiani prima della entrata in vigore della Bolkestein e l’exequatur del Governo Berlusconi sull’abrogazione del diritto di insistenza privo della reiterazione automatica delle concessioni
24. E’ dunque responsabilità interna del legislatore nazionale se la Commissione Ue per quanto riguarda la disciplina della durata delle concessioni demaniali marittime è sempre stata in antitesi al diritto dell’Unione (non) applicabile alla materia sia per quanto riguarda le norme primarie del Trattato per il funzionamento dell’Unione europea (TFUE) sia per quanto riguarda il c.d. diritto derivato e, in particolare, la direttiva servizi 2006/123/CE (c.d. Direttiva Bolkestein).
25. Dopo la segnalazione AS481 del 20.10.2008 dell’AGCM, la Commissione Ue ha censurato la disciplina italiana delle concessioni demaniali marittime regolata dal codice della navigazione, avviando la procedura di infrazione n. 2008/4908 nei confronti dell’Italia con lettera di messa in mora del 2.2.2009, con cui si contestava l’incompatibilità del modello concessorio con il diritto comunitario e, in particolare, con il principio della libertà di stabilimento e di libertà di concorrenza sancito dall’art. 49 TFUE, che, in realtà, ai sensi dell’art.50 TFUE, non operava fino a quando la norma primaria del Trattato non fosse stata recepita da una direttiva specifica di armonizzazione idonea a regolare il settore, e la cui applicazione era comunque esclusa dall’art. 51 TFUE e dall’art.195 TFUE per il settore turismo.
26.Senza nessuna “resistenza” rispetto alla mera lettera di messa in mora della Commissione europea del 2.2.2009, il Governo Berlusconi con l’art.1 comma 18 del d.l. “milleproroghe” 30 dicembre 2009 n.194 (convertito con modificazioni dalla legge n.25/2010) ha abrogato il diritto di insistenza previsto dall’art.37 comma 2 2° periodo cod.nav., che era stato ormai depotenziato dall’art.03 comma 4-bis del d.l. n.400/1993 con il blocco della reiterazione automatica delle proroghe a seguito della fissazione del termine massimo di venti anni della durata delle concessioni demaniali marittime, e ha prorogato dapprima al 31.12.2012 e poi, in sede di conversione della norma, al 31.12.2015 il termine di durata delle concessioni balneari in essere alla data di entrata in vigore del decreto (30.12.2009), sempre nel rispetto del termine massimo di durata ventennale della concessione.
27. Come riviene dalla lettera di messa in mora complementare del 5.5.2010 nella procedura di infrazione n. 2008/4908 la Commissione Ue è ben consapevole che la procedura di infrazione non avrebbe potuto trovare giustificazione nella direttiva Bolkestein, non essendo scaduto, quando la procedura di infrazione ha avuto inizio, il termine per il recepimento del 28.12.2009, mentre con la diffida complementare lamenta anche la violazione dell’art.12 della direttiva 2006/123/CE, evidenziando che, lo Stato italiano, nelle more di una preannunciata riforma del settore delle concessioni demaniali marittime con finalità turistico ricreative, con l’art. 1, comma 18, del d.l. 194/2009 ha abrogato il cd. diritto di insistenza del concessionario, e ha disposto una proroga delle concessioni in essere dapprima fino al 31 dicembre 2012, successivamente in sede di conversione fino al 31 dicembre 2015, contestando l’eccessiva durata della proroga di sei anni.
28. Nessuna procedura di infrazione è stata iniziata dalla Commissione Ue fino al 2022 nei confronti di Portogallo e Spagna, che avevano una situazione di durata delle concessioni demaniali marittime sostanzialmente a tempo indeterminato (75 anni) e, per quanto riguarda il Portogallo, anche il diritto di insistenza del precedente concessionario.
29. A seguito dell’art. 41 della legge delega n. 88/2009 è intervenuto il d.lgs. 26 marzo 2010 n. 59, di formale recepimento della direttiva 2006/123/CE.
30. La Commissione europea ha disposto il 27 febbraio 2012 l’archiviazione della procedura di infrazione n.2008/4908, ritenendo alla fine congruo il termine di proroga di sei anni (fino al 31.12.2015) per l’approvazione di una normativa di riordino del settore e di attuazione della direttiva Bolkestein.
31. L’art. 34-duodecies del c.d. “decreto sviluppo” n. 179/2012, convertito in L. n. 221/2012, ha disposto la proroga al 31.12.2020 del termine delle concessioni con finalità turistico ricreative in scadenza dal 31.12.2015.
f) La sentenza Promoimpresa della Corte di giustizia Ue
32. Nonostante il quadro normativo europeo si fosse ormai delineato nel senso di escludere l’aggiudicazione delle concessioni demaniali marittime e lacunari dal campo di applicazione sia della direttiva 2006/123/CE sia della direttiva 2014/23/UE, i Giudici amministrativi hanno proposto due distinte domande pregiudiziali alla Corte di giustizia, l’una in materia di proroga di concessione demaniale lacuale e l’altra che concerne la proroga di concessione demaniale marittima.
33. La Corte di giustizia nella sentenza Promoimpresa del 14 luglio 2016 nelle cause riunite C-458/14 e C-67/15 (EU:C:2016:558) ai punti 44 – 48 ha escluso decisamente che le concessioni demaniali marittime – esaminate nella causa C-67/15 Melis – potessero rientrare nel campo di applicazione sia dell’art.12, paragrafi 1 e 2, della direttiva Bolkestein 2006/123/CE sia dell’art.49 TFUE.
33.1. Preliminarmente, la Corte Ue ha individuato tra la normativa Ue applicabile al punto 4 il considerando 57 della direttiva 2006/123/CE e al punto 7 il considerando 15 della direttiva 2014/23/UE, che nel combinato disposto escludono le concessioni demaniali marittime, come concessioni di beni da parte dell’autorità pubblica, dal campo di applicazione sia della direttiva Bolkestein del 2006 sia della direttiva sull’aggiudicazione delle concessioni del 2014.
33.2. Secondo la Corte, oggetto dei procedimenti principali sono talune concessioni demaniali marittime e lacuali rilasciate dalle autorità pubbliche e che mirano allo sfruttamento di un’area demaniale a fini turistico‑ricreativi (sentenza Promoimpresa, punto 40). Tali concessioni possono quindi essere qualificate come «autorizzazioni», ai sensi delle disposizioni della direttiva 2006/123, in quanto costituiscono atti formali, qualunque sia la loro qualificazione nel diritto nazionale, che i prestatori devono ottenere dalle autorità nazionali al fine di poter esercitare la loro attività economica (sentenza Promoimpresa, punto 41). Occorre, dall’altro lato, sottolineare che le concessioni di cui ai procedimenti principali riguardano risorse naturali ai sensi dell’articolo 12 della direttiva 2006/123, dato che le aree demaniali in questione sono situate o sulle rive del Lago di Garda o sulle coste marittime italiane (sentenza Promoimpresa, punto 42).
33.3. A questo punto, però, la Corte di giustizia ai punti 44 – 48 ha affermato categoricamente che le concessioni demaniali, come concessioni di beni, non rientrano tra le concessioni di servizi e, quindi, non rientrano nel campo di applicazione della direttiva 2006/123/CE.
33.4. La Corte comunitaria tratta dell’applicazione dell’art.49 TFUE, nella parte in cui preliminarmente chiarisce che qualsiasi misura nazionale in un settore che abbia costituito oggetto di un’armonizzazione completa a livello dell’Unione deve essere valutata in rapporto non alle disposizioni del diritto primario, ma a quelle di tale misura di armonizzazione (sentenza Promoimpresa, punto 59), cioè alla direttiva 2006/123/CE, considerata negli articoli da 9 a 13 direttiva di armonizzazione esaustiva concernente i servizi che rientrano nel loro campo di applicazione, tra cui però non rientrano le concessioni demaniali (sentenza Promoimpresa, punti 44 – 48).
33.5. Alcun cenno viene fatto dalla Corte Ue all’art.195 TFUE, che esclude per il settore turismo l’applicazione delle direttive di armonizzazione.
33.6. Secondo la Corte, se il giudice nazionale vuole, può far rientrare dalla finestra apodittica della sua valutazione l’accertamento del numero limitato di autorizzazioni disponibili per una determinata attività per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili (sentenza Promoimpresa, punti 43, 49 e 62).
33.7. Solo nel caso in cui le concessioni demaniali non rientrino tra le concessioni di servizi della direttiva 2006/123/CE nella valutazione dell’incompetente Giudice nazionale e non di quella (unicamente) competente della Corte di giustizia, allora la Corte Ue può valutare l’eventuale contrasto tra la norma primaria dell’art.49 TFUE e la disposizione interna di proroga automatica della durata delle concessioni demaniali, dimenticando il Collegio di Lussemburgo che l’art.51 TFUE non prevede l’applicabilità dell’art.49 TFUE per le attività che concorrono anche occasionalmente all’esercizio dei pubblici poteri.
33.8. La Corte evidenzia (sentenza Promoimpresa, punto 64) che le autorità pubbliche, qualora intendano assegnare una concessione che non rientra nell’ambito di applicazione delle direttive relative alle diverse categorie di appalti pubblici, sono tenute a rispettare le regole fondamentali del Trattato FUE, in generale, e il principio di non discriminazione, in particolare (v., in tal senso, sentenza del 17 luglio 2008, ASM Brescia, C‑347/06, EU:C:2008:416, punti 57 e 58 nonché giurisprudenza ivi citata).
33.9. In particolare, qualora siffatta concessione presenti un interesse transfrontaliero certo, la sua assegnazione in totale assenza di trasparenza ad un’impresa con sede nello Stato membro dell’amministrazione aggiudicatrice costituisce una disparità di trattamento, vietata dall’art.49
TFUE, a danno di imprese con sede in un altro Stato membro che potrebbero essere interessate alla suddetta concessione (sentenza Promoimpresa, punto 65).
33.10 La Corte Ue ricorda che, per quanto riguarda l’esistenza di un interesse transfrontaliero certo, occorre ricordare che quest’ultimo deve essere valutato sulla base di tutti i criteri rilevanti, quali l’importanza economica dell’appalto, il luogo della sua esecuzione o le sue caratteristiche tecniche, tenendo conto delle caratteristiche proprie dell’appalto in questione (sentenza Promoimpresa, punto 66), ed esclude che per la concessione demaniale marittima della causa C-67/15 esista un interesse transfrontaliero certo, dichiarando così irricevibile la prima questione sollevata dal TAR Sardegna nella sua ordinanza pregiudiziale sulla presunta violazione dell’art.49 TFUE.
33.11. Pertanto, poco comprensibile è la complessiva risposta della Corte per quanto riguarda almeno l’ordinanza pregiudiziale della causa Melis C-67/15 sulla proroga delle concessioni demaniali marittime, laddove la conformazione costiera dell’intera penisola esclude ex sé sia la scarsità delle risorse naturali da utilizzare per esigenze turistico-ricreative e, come già evidenziato nella sentenza Promoimpresa, anche l’interesse transfrontaliero certo in ragione della (ridotta o ridottissima) importanza economica della concessione di beni demaniali.
33.12. Singolare, infine, è il ragionamento della Corte nel prosieguo della motivazione della sentenza Promoimpresa, quando ha affidato al giudice nazionale al punto 49 la valutazione se le concessioni di cui ai procedimenti principali rientrino o meno nell’ambito di applicazione dell’art.12 della direttiva 2006/123 e possano così essere soggette a una procedura di selezione tra i candidati potenziali che deve presentare tutte le garanzie di imparzialità e di trasparenza, in particolare un’adeguata pubblicità.
34. Appare evidente che la Corte Ue nella sentenza Promoimpresa era ben consapevole della volontà del Governo Renzi, attestata dalla presenza come esperta della prof.ssa Rossi, di confermare i precedenti accordi con la Commissione Ue per la sottoposizione del settore delle concessioni demaniali marittime al regime della Bolkestein e delle gare per la supposta scarsità delle risorse naturali individuata a livello locale e non nazionale, per cui l’interpretazione comunitaria che ne è derivata è coerente con la presa d’atto che la giurisprudenza amministrativa e il governo dell’epoca insistevano per assoggettare al diritto dell’Unione una situazione giuridica e fattuale soltanto interna, salvo precisare, in parte motiva, che le concessioni in questione come concessioni di beni e non di servizi che, in quanto tali, non rientrano nel campo di applicazione né della direttiva servizi né della direttiva pertinente 2014/23/Ue sull’aggiudicazione dei contratti di concessione.
g) La Commissione Ue esclude le concessioni balneari dal campo di applicazione della Bolkestein dopo la sentenza Promoimpresa della Corte Ue
35. E’ chiaro che, alla luce della sentenza Promoimpresa, a livello nazionale si è diffuso il convincimento della inapplicabilità della Direttiva servizi alle concessioni di beni, anche perché questa tesi è stata sostenuta dallo stesso Frits Bolkestein, il proponente la direttiva 2006/123/CE, proprio in riferimento alle concessioni balneari in un’audizione alla Camera dei Deputati il 18.4.20181.
35.1. Dopo la sentenza Promoimpresa della Corte Ue, anche la Commissione europea si è convinta del fatto che la direttiva servizi non si applicava alle concessioni demaniali marittime, come si evince dal punto 39 della sentenza del 18 settembre 2019 della Corte di giustizia nella causa C-526/17 Commissione contro Repubblica italiana (EU:C:2019:756), in cui la Corte Ue ha registrato il seguente argomento della Commissione nel ricorso per inadempimento per proroghe ritenute illegittime in materia di concessioni autostradali: «In quarto luogo, .. la Commissione sostiene che la sentenza del 14 luglio 2016, Promoimpresa e a. (C‑458/14 e C‑67/15, EU:C:2016:558), invocata dalla Repubblica italiana, non è pertinente nel caso di specie, dato che tale sentenza riguarda la possibilità di assoggettare ai principi derivanti dal Trattato FUE le concessioni che, fino all’entrata in vigore della direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione (GU 2014, L 94, pag. 1), non erano soggette alle disposizioni di alcuna direttiva».
*h) La legge n.145/2018 proroga fino al 31.12.2033 le concessioni demaniali marittime
36. Pertanto, coerentemente con la motivazione (sostanziale) della sentenza Promoimpresa della Corte di giustizia, il Governo Conte I con la legge finanziaria n.145/2018 (art.1 commi 682-683) ha disposto ulteriore proroga delle concessioni demaniali in vigore fino al 31 dicembre 2033 e tutti i Comuni italiani hanno notiziato i concessionari della nuova scadenza delle concessioni con atti di ricognizione della nuova durata delle concessioni, pretendendo il pagamento in un’unica soluzione dell’imposta di registro fino al 31.12.2033, e in qualche caso facendo ricorso alla procedura di evidenza pubblica con la pubblicazione dell’atto di ricognizione al fine di eventuali osservazioni di altri richiedenti.
i) L’avvio della nuova procedura di infrazione della Commissione europea il 3.12.2020
37. Inaspettatamente, la Commissione europea ha inviato allo Stato italiano il 3 dicembre 2020, in piena emergenza covid, una lettera di messa in mora che avviava la nuova procedura di infrazione 2020/4118 C (2020) 7826 final.
38. Paradossalmente, la lettera di messa in mora della seconda procedura di infrazione della Commissione Ue del 3 dicembre 2020 riguardava anche l’art. 182 comma 2 del d.l. n. 34/2020 (e sembrava muoversi proprio in conseguenza di questa disciplina emergenziale per il settore), andando a precisare che «la reiterata proroga della durata delle concessioni balneari prevista dalla legislazione italiana scoraggia […] gli investimenti in un settore chiave per l’economia italiana e che sta già risentendo in maniera acuta dell’impatto della pandemia da COVID-19. Scoraggiando gli investimenti nei servizi ricreativi e di turismo balneare, l’attuale legislazione italiana impedisce, piuttosto che incoraggiare, la modernizzazione di questa parte importante del settore turistico italiano. La modernizzazione è ulteriormente ostacolata dal fatto che la legislazione italiana rende di fatto impossibile l’ingresso sul mercato di nuovi ed innovatori fornitori di servizi.».
38.1. Si tratta di affermazioni ideologiche che immaginavano imprecisati innovatori fornitori di servizi, in grado di modernizzare, a differenza degli attuali titolari delle concessioni balneari, questa parte importante del turismo nazionale, nonostante in Portogallo e in Spagna la durata delle concessioni balneari sia prevista per 75 anni (con proroga di 75 anni per la Spagna) e nonostante in Portogallo permanga, ancora oggi, il diritto di insistenza del concessionario uscente ai sensi dell’art.21 commi 6 e 7 del decreto ley 226/A/2007.
39. Il Governo italiano ha risposto alla lettera di messa in mora della Commissione Ue con la comunicazione del 4 febbraio 2021a firma del prof. Massimo Condinanzi, rigettandone tutte le argomentazioni.
39.1. Secondo il Governo italiano, dunque, il regime delle concessioni demaniali marittime non è soggetto alla disciplina eurounitaria, rectius alla competenza dell’Unione che, pertanto, non può ingerirsi nei regimi di proprietà dei beni pubblici e privati degli Stati, ai sensi dell’art. 345 del TFUE (ex art. 295 del TCE) a mente del quale “I trattati lasciano del tutto impregiudicato il regime di proprietà esistente negli Stati membri“.
39.2. Altrettanto condivisibilmente il Governo italiano nella sua risposta del 4.2.2021 alla Commissione Ue ai paragrafi 6 e 7 ha precisato l’esatta portata e interpretazione della sentenza Promoimpresa della Corte di giustizia e la non applicabilità della decisione e della direttiva 2006/123/CE ai fini della regolamentazione comunitaria delle concessioni demaniali marittime.
l) Le sentenze nn.17 e 18 del 2021 dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato su fattispecie di concessioni demaniali marittime antecedenti il 28.11.2009
40. Nonostante la chiarissima risposta del Governo del 4.2.2021 alla Commissione europea (ignorata dal Consiglio di Stato), inaspettatamente, con due contestuali sentenze nn.17 e 18 del 9 novembre 2021 l’Adunanza plenaria del CdS è intervenuta sulle concessioni demaniali marittime, fissando tre principi di diritto di immediata applicazione normativa:
• il dovere dei giudici e della pubblica amministrazione di disapplicare le «norme legislative nazionali che hanno disposto (e che in futuro dovessero ancora disporre) la proroga automatica delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative», cioè l’art. 1, commi 682 e 683, della legge n.145/2018, n. 145 e l’art. 182, comma 2, del d.l.34/2020, in quanto contrastanti con l’art. 49 TFUE, e con l’art. 12 della direttiva 2006/123/CE, che richiede una «selezione tra diversi candidati» qualora «il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili», e vieta «la procedura di rinnovo automatico»;
• l’insussistenza di un diritto alla prosecuzione del rapporto in capo agli attuali concessionari anche qualora siano intervenuti atti amministrativi di proroga, senza che rispetto a questi ultimi sia necessario attivare i poteri di autotutela della pubblica amministrazione, «in quanto l’effetto di cui si discute é direttamente disposto dalla legge, che ha nella sostanza legificato i provvedimenti di concessione prorogandone i termini di durata», ragion per cui la non applicazione della legge implica che gli effetti da essa prodotti sulle concessioni già rilasciate debbano parimenti ritenersi tamquam non esset;
• «al fine di evitare il significativo impatto socio-economico che deriverebbe da una decadenza immediata e generalizzata di tutte le concessioni in essere, di tener conto dei tempi tecnici perché le amministrazioni predispongano le procedure di gara richieste e, altresì, nell’auspicio che il legislatore intervenga a riordinare la materia in conformità ai principi di derivazione europea, le concessioni demaniali per finalità turistico-ricreative già in essere continuano ad essere efficaci sino al 31 dicembre 2023, fermo restando che, oltre tale data, anche in assenza di una disciplina legislativa, esse cesseranno di produrre effetti, nonostante qualsiasi eventuale ulteriore proroga legislativa che dovesse nel frattempo intervenire, la quale andrebbe considerata senza effetto perché in contrasto con le norme dell’ordinamento dell’U.E.».
41. Rispondendo all’ordinanza pregiudiziale delle Sezioni unite della Cassazione nella causa C‑497/20 la Corte di giustizia in Grande Sezione con la sentenza Randstad Italia del 21 dicembre 2021 (EU:C:2021:1037) ha messo in evidenza come le uniche azioni esperibili nella fattispecie di causa – in cui il Consiglio di Stato come giudice di ultima istanza aveva violato in maniera flagrante e grave il diritto dell’Unione europea e in particolare la consolidata giurisprudenza della Corte di giustizia in materia di appalti pubblici -, erano rappresentate da un ricorso per inadempimento della Commissione europea ai sensi dell’articolo 258 TFUE o da un’azione del tipo Francovich1 che offra la possibilità di far valere la responsabilità dello Stato al fine di ottenere in tal modo una tutela giuridica dei diritti dei singoli riconosciuti dal diritto dell’Unione.
41.1. In particolare, secondo la Corte di giustizia (sentenza Randstad Italia, punto 79) il rimedio contro la violazione della direttiva 89/665 e dell’articolo 47, primo comma, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione derivante dalla giurisprudenza del supremo giudice amministrativo consiste nell’obbligo, per ogni giudice amministrativo dello Stato membro interessato, compreso lo stesso supremo giudice amministrativo, di disapplicare tale giurisprudenza non conforme al diritto dell’Unione e, in caso di inosservanza di un tale obbligo, nella possibilità per la Commissione europea di proporre un ricorso per inadempimento contro tale Stato membro.
41.2. La Corte di giustizia (sentenza Randstad Italia, punti 75 – 77) ha sottolineato che la citata sentenza n.5606/2019 del 7 agosto 2019 del Consiglio di Stato, intervenuta nel corso del procedimento principale, era contraria al diritto dell’Unione, confermando la premessa argomentativa del rinvio pregiudiziale delle Sezioni unite della Cassazione.
Inoltre, la Corte di giustizia, ha così risposto al Consiglio di Stato sul contenuto dell’obbligo del Giudice di ultima istanza di rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art.267 paragrafo 3 TFUE con l’ordinanza del 15 dicembre 2022 in causa C-144/2022 (EU:C:2022:1013), precisando al punto 45: «45 Quando l’esistenza di orientamenti giurisprudenziali divergenti – in seno agli organi giurisdizionali di un medesimo Stato membro o tra organi giurisdizionali di Stati membri diversi – relativi all’interpretazione di una disposizione del diritto dell’Unione applicabile alla controversia di cui al procedimento principale è portata a conoscenza del giudice nazionale di ultima istanza, esso deve prestare particolare attenzione nella sua valutazione riguardo a un’eventuale assenza di ragionevole dubbio quanto all’interpretazione corretta della disposizione dell’Unione di cui trattasi e tenere conto, segnatamente, dell’obiettivo perseguito dalla procedura pregiudiziale che è quello di assicurare l’unità di interpretazione del diritto dell’Unione.».
42. E’ evidente, pertanto, che alla luce della inequivoca giurisprudenza della Corte di giustizia, l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato nelle cause decise con le sentenze nn.17 e 18 del 2021 aveva anche l’obbligo del rinvio pregiudiziale, che non ha rispettato, incorrendo in quella presupposizione di chiarezza della giurisprudenza comunitaria sulla questione, che verrà specificamente censurata dalla sentenza AGCM della Corte Ue.
43. Il Consiglio di Stato nel suo massimo consesso si è, dunque, rifiutato di rimettere la questione alla Corte di giustizia come Giudice di ultima istanza, ritenendo che la direttiva Bolkestein e la sentenza Promoimpresa della Corte di giustizia avessero già risolto tutte le questioni controverse, violando l’obbligo di leale cooperazione tra giudice nazionale e Corte di giustizia Ue.
44. Ciò emerge in tutta evidenza anche dalla (immediatamente) successiva sentenza del 13 gennaio 2022 n.229/2022 dello stesso Consiglio di Stato (Pres.Volpe), che al punto 6.7 ha precisato, richiamando alla sentenza Togel della Corte di giustizia1, che le concessioni demaniali marittime iniziate prima del 28.12.2009 non entrano nel campo di applicazione della Direttiva servizi, profilo non esaminato dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato: «6.7 Da ultimo, occorre pronunciare sul denunciato contrasto della decisione appellata con il diritto eurounitario sul rilievo che l’automatismo della proroga/rinnovo sarebbe contrario all’art. 12 Direttiva 2006/123/CE e alla sentenza Corte di Giustizia, Sez. V, 14 luglio 2016, Promoimpresa S.r.l. e Melis, C-458/14 e C-67/15. La censura è inammissibile per difetto d’interesse. Come sottolineato dal ricorrente appellato, i canoni per cui è causa sono stati liquidati anteriormente al 28 dicembre 2009 e nel vigore dell’ultimo rinnovo disposto anteriormente alla medesima data. Oltretutto il rapporto concessorio s’è costituito in data anteriore alla scadenza del termine di trasposizione (d.28 dicembre 2009) della Direttiva Servizi 2006/123/CE, ed anche il rinnovo di cui alla concessione n. 1/2007 è stato disposto anteriormente a detto termine. Da cui l’inapplicabilità della Direttiva Servizi ai rapporti concessori sorti anteriormente al termine di trasposizione della stessa. A riguardo va richiamato quanto affermato dalla Corte di Giustizia: “..il diritto comunitario non impone ad un’amministrazione aggiudicatrice di uno Stato membro di intervenire, su domanda di un singolo, in rapporti giuridici in essere, instaurati a tempo indeterminato o con durata pluriennale, qualora tali rapporti siano stati posti in essere prima della scadenza del termine di trasposizione della direttiva 92/50” (Corte di Giustizia, Sez. VI, 24.9.1998, Tögel, C76/97; nello stesso senso v. Corte di Giustizia, 5.10.2000, Commissione / Francia, C-337/98).».
45. Singolarmente, l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato ha individuato tra le norme della legge di bilancio 2019 da disapplicare per ritenuta incompatibilità con il diritto comunitario soltanto i commi 682 e 682 della legge n.145/2018 e non il comma 684, per cui, fedelmente ma incomprensibilmente, le concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative per uso residenziale o abitativo di cui all’art.01 comma 1 lettera f) del d.l. n.400/1993 continuano a mantenere la durata prevista dalla proroga al 31.12.2033.
m) Gli artt.3 e 4 della legge sulla concorrenza n. 118/2022 del Governo Draghi
46. In “applicazione” delle sentenze nn.17 e 18 del 2021 dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato è intervenuto il legislatore del Governo Draghi, che, dopo aver abrogato senza disciplina transitoria le disposizioni dell’art.1 commi 682-683 della legge n.145/2018 che prevedevano la proroga fino al 31.12.2033, all’art. 3, comma 1, della legge 5 agosto 2022 n.118 (entrato in vigore il 27.8.2022) ha disposto la continuazione dell’efficacia delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per l’esercizio delle attività turistico-ricreative e sportive fino al 31 dicembre 2023.
46.1. L’art.3 comma 3 della legge n.118/2022 consente una ulteriore proroga dei rapporti concessori fino al 31.12.2024, «in presenza di ragioni oggettive che impediscono la conclusione della procedura selettiva entro il 31 dicembre 2023, connesse, a titolo esemplificativo, alla pendenza di un contenzioso o a difficoltà oggettive legate all’espletamento della procedura stessa».
47. L’art.4 comma 1 della legge n.118/2022 ha previsto la delega al Governo entro sei mesi (scadenza 27 febbraio 2023) di uno o più decreti legislativi volti a riordinare e semplificare la disciplina in materia di concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistico-ricreative e sportive, ivi incluse quelle affidate ad associazioni e società senza fini di lucro.
48. L’art. 4 comma 2 della legge n.118/2022 ha delineato i principi e i criteri direttivi a cui avrebbe dovuto ispirarsi la delega legislativa prevista dal comma 1 dello stesso articolo, tra cui alla lettera i) la «definizione di criteri uniformi per la quantificazione dell’indennizzo da riconoscere al concessionario uscente, posto a carico del concessionario subentrante».
n) L’ordinanza di rinvio pregiudiziale del Consiglio di Stato sull’indennizzo al concessionario uscente che non c’è nella normativa vigente, ma ci sarà con i decreti legislativi emanandi e non più emanati
49. E’ in questo travagliato percorso giurisprudenziale/normativo che si inserisce l’ordinanza di rinvio pregiudiziale del Consiglio di Stato del 15.9.2022 n.8010 nella causa C-598/22 S.I.I.B., con cui il giudice amministrativo di ultima istanza, ben consapevole della precedente sentenza n.292/2022 in cui il CdS aveva correttamente sostenuto la non applicabilità alle concessioni demaniali marittime iniziate prima del 28.12.2009 della direttiva servizi, ha affrontato il problema della compatibilità comunitaria (soltanto) con l’art.49 TFUE (e non con l’art.12 paragrafo 1 della direttiva Bolkestein) dell’art.49 cod.nav., che, con l’incamerazione allo Stato delle opere non amovibili in caso di cessazione del titolo concessorio per scadenza (viceversa l’indennizzo a carico dello Stato è previsto dall’art.42 comma 4 cod.nav. in caso di revoca anticipata per ragioni pubbliche), non consente al concessionario uscente di ricevere nessun indennizzo neanche nel caso in cui vi sia stato l’esproprio ante tempus dell’utilizzazione del demanio marittimo dieci anni prima di quanto previsto dalla normativa vigente, prima con l’intervento legislativo dell’Adunanza plenaria e poi con l’intervento esecutivo della legge sulla concorrenza per il 2022.
50. La questione pregiudiziale è palesemente inammissibile e la III Sezione della Corte di giustizia, dopo il nuovo intervento normativo con la legge n.14/2023 di conversione del decreto legge milleproroghe n.198/2022 e dopo la sentenza AGCM della Corte Ue, formulerà al Consiglio di Stato una richiesta di chiarimenti in data 17.7.2023, che disvelano l’assenza dei presupposti per una risposta interpretativa comunitaria utile per la soluzione della controversia.
51. Il rapporto concessorio sottoposto all’attenzione della Corte Ue, infatti, è iniziato in periodo antecedente al 28.12.2009 (dal 1928) e l’ultima devoluzione delle opere non amovibili al demanio marittimo è avvenuta nel 2008, per cui al quarto quesito della Corte di giustizia («Se la devoluzione al demanio marittimo è intervenuta dopo il 28 dicembre 2009, nella presente causa è applicabile la direttiva 2006/1233. Il giudice del rinvio è allora invitato a indicare le disposizioni di tale direttiva che gli sembrino pertinenti nell’ambito del procedimento principale») il Consiglio di Stato con l’ordinanza del 6.9.2023 n.8184 risponderà confermando il fatto che la devoluzione non è avvenuta dopo il 28 dicembre 2009.
51.1. In ogni caso, appare chiaro che il Consiglio di Stato è stato sempre ben consapevole che l’operazione interpretativa di applicare direttamente la direttiva Bolkestein ai concessionari balneari rappresentava una forzatura inaccettabile sotto il profilo etico e giuridico almeno per coloro che erano assegnatari del demanio marittimo da epoca antecedente all’entrata in vigore della direttiva servizi, anche se giustificata da scelte interne di politica governativa e legislativa concordate con la Commissione europea per sacrificare, sull’altare del rispetto degli obblighi comunitari non sussistenti per i balneari, questa categoria di imprese nazionali concessionarie di beni pubblici già operanti in regime concorrenziale per la varietà dell’offerta di servizi, a vantaggio di altre categorie di concessionari operanti in regime di oligopolio o di quasi monopolio in settori in cui gli appalti pubblici di derivazione comunitaria trovavano applicazione.
o) La legge n.14/2023 di conversione del decreto legge n.198/2022 c.d. milleproroghe ha trasformato a tempo indeterminato la durata delle concessioni balneari
52. Il legislatore ha introdotto, con la legge di conversione n.14/2023 del d.l. milleproroghe n.198/2022, modifiche normative idonee a paralizzare, a tempo indeterminato, gli effetti della legge sulla concorrenza n.118/2022, alla luce del seguente quadro normativo.
53. L’art.3 comma 1 della legge n.118/2022, come modificatodall’art.12 comma 6-sexies del d.l. n.198/2022, convertito dalla legge n.14/2023, ha previsto una proroga “tecnica” delle concessioni demaniali marittime fino al 31 dicembre 2024, modificando l’originario termine del 31.12.2023.
54. L’art.3 comma 3 della legge n.118/2022, come modificatodall’art.10-quater comma 3 1° capoverso del d.l. n.198/2022, convertito dalla legge n.14/2023, ha spostato al 31 dicembre 2025 l’originario termine del 31 dicembre 2024 di scadenza delle concessioni in essere, «in presenza di ragioni oggettive che impediscono la conclusione della procedura selettiva entro il 31 dicembre 2024, connesse, a titolo esemplificativo, alla pendenza di un contenzioso o a difficoltà oggettive legate all’espletamento della procedura stessa», precisando altresì che fino a tale data l’occupazione dell’area demaniale da parte del concessionario uscente è comunque legittima anche in relazione all’articolo 1161 del codice della navigazione.
55. Dispone l’art.10-quater comma 3 d.l. n.198/2022, introdotto in sede di conversione dalla legge n.14/2023: «Le concessioni e i rapporti di cui all’articolo 3, comma 1, lettere a) e b), della legge 5 agosto 2022, n. 118, continuano in ogni caso ad avere efficacia sino alla data di rilascio dei nuovi provvedimenti concessori».
56. Infine, l’art.4 comma 4-bis della legge n.118/2022, introdotto dall’art.1 comma 8 lettera b) della legge n.14/2023, di conversione con modificazioni del d.l. n.198/2022 prevede: «Fino all’adozione dei decreti legislativi di cui al presente articolo, è fatto divieto agli enti concedenti di procedere all’emanazione dei bandi di assegnazione delle concessioni e dei rapporti di cui all’articolo 3, comma 1, lettere a) e b)».
57. In buona sostanza, è attualmente in vigore la nuova disciplina del settore, con trasformazione della durata a tempo indeterminato delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative per il blocco a tempo indeterminato delle gare, stabilendo comunque un termine di durata al 31.12.2024 (art.3 comma 1 legge n.118/2022) o, se successivo, al 31.12.2025 (art.3 comma 3 legge n.118/2022).
57.1. Infatti, innanzitutto, i Comuni e le Amministrazioni pubbliche concedenti diverse dai Comuni (come la Regione siciliana e la Regione Friuli Venezia-Giulia) fino all’emanazione dei decreti legislativi che avrebbero dovuto riordinare la materia (art.4 comma 1 della legge n.118/2022), non possono fare bandi (art.4 comma 4-bis della legge n.118/2022), che non possono essere più emanati perchè la delega legislativa di sei mesi è scaduta infruttuosamente il 27 febbraio 2023, il giorno della entrata in vigore della legge n.14/2023.
57.2. In secondo luogo, le concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali continuano ad avere efficacia fino al 31 dicembre 2024 ovvero fino al 31 dicembre 2025 (art.3 commi 1 e 3 1° capoverso della legge n.118/2022), cioè fino alla conclusione della procedura selettiva (che non può essere più effettuata), l’occupazione dell’area demaniale da parte del concessionario uscente è comunque legittima (il combinato disposto dell’art.3 comma 3 2° capoverso della legge n.118/2022, dell’art.10-quater comma 3 2° capoverso d.l. n.198/2022 e dell’art.4 comma 4-bis della legge n.112/2022).
58. Il legislatore nazionale del Governo Meloni con il d.l. n.198/2022 e la legge di conversione n.14/2023 ha neutralizzato, dunque, le predette sentenze dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, modificando sostanzialmente le disposizioni della legge sulla concorrenza e ripristinando la situazione giuridica vigente alla data del 31.12.2006, con reiterazione automatica e illimitata dei rapporti concessori.
59. Tuttavia, il Consiglio di Stato con sentenze del 1° marzo 2023 n. 2192 e del 19 aprile 2023 n. 3964 ha confermato i principi enunciati dalle due sentenze nn.17 e 18 del 2021 dell’Adunanza plenaria, ordinando alle amministrazioni pubbliche concedenti la disapplicazione della normativa sopravvenuta. Fatto inaudito e che costituisce gravissima lesione dei principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale.
p) La sentenza AGCM del 20.4.2023 della Corte di giustizia Ue
60. Con la sentenza AGCM del 20 aprile 2023 la Corte di giustizia Ue ha risposto ai quesiti pregiudiziali del TAR Lecce con l’ordinanza dell’11 maggio 2022 iscritta a Lussemburgo il 31 maggio 2022 come causa C-348/22.
61. Dal combinato disposto delle due sentenze Promoimpresa e AGCM è possibile argomentare che la direttiva 2006/123/CE non è (e non è stata mai) applicabile alla fattispecie delle concessioni balneari, che sono escluse sia dalla pertinente direttiva 2014/23/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione sia dalle norme primarie dei Trattati per il combinato disposto degli artt.49, 50, 51, 56, 195 e 345 del TFUE.
62. La Corte Ue, in via preliminare, ha ribadito ai punti 37 e 38 che, come risulta da una giurisprudenza costante tra cui vengono richiamati i punti 59 e 61 della sentenza Promoimpresa, qualsiasi misura nazionale adottata in un settore che è stato oggetto di un’armonizzazione esaustiva o completa a livello dell’Unione deve essere valutata in rapporto non alle disposizioni del diritto primario, ma a quelle di tale misura di armonizzazione, precisando che gli articoli da 9 a 13 della direttiva 2006/123/CE provvedono a un’armonizzazione esaustiva concernente i servizi che rientrano nel loro campo di applicazione.
62.1. Pertanto, secondo la Corte, le norme primarie del Trattato (gli artt.49, 51 e 56 del TFUE) non sono oggetto di delibazione nella sentenza comunitaria, in presenza di misure di armonizzazione. Anche in questo caso la Corte, come nel precedente Promoimpresa, ha omesso il dato normativo primario secondo cui l’art.195 TFUE non prevede l’applicazione di direttive di armonizzazione nel settore del turismo.
62.2. A questo punto la Corte di giustizia ha interpretato l’art.12 paragrafo 1 della direttiva 2006/123/CE in modo tale da pervenire al risultato utile di rendere inapplicabile la direttiva servizi alle concessioni in corso, da un lato a) per mancanza del presupposto fondamentale per l’applicazione della predetta normativa derivata che limita la durata delle autorizzazioni e impone la selezione nella scelta dei concessionari; dall’altro, b) escludendo l’applicabilità della Bolkestein alle concessioni demaniali marittime assegnate prima del 28 dicembre 2009.
63. Sotto il primo e fondamentale profilo, ai punti 43-49 la Corte nella sentenza AGCM ha risposto alla prima parte dell’ottavo quesito pregiudiziale, con il quale il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 12 paragrafo 1 della direttiva 2006/123/CE debba essere interpretato nel senso che esso osta a che la scarsità delle risorse naturali e delle concessioni disponibili sia valutata combinando un approccio generale e astratto, a livello nazionale, e un approccio caso per caso, basato su un’analisi del territorio costiero del comune in questione, oppure se tale valutazione debba essere effettuata esclusivamente sulla base dell’uno o dell’altro di detti approcci (sentenza AGCM, punto 43).
63.1. La Corte ha ammesso che effettivamente la sua decisione Promoimpresa del 2016 aveva ivi precisato che si doveva prendere in considerazione la circostanza che le concessioni di cui trattasi sono rilasciate a livello non nazionale bensì comunale, al fine di determinare se le aree demaniali che possono essere oggetto di sfruttamento economico fossero in numero limitato (sentenza AGCM, punto 44).
63.2. Tuttavia, secondo la Corte Ue tale precisazione contenuta nella sentenza Promoimpresa costituiva una mera indicazione rivolta al giudice del rinvio e si spiegava con il contesto della causa che ha dato luogo a detta sentenza (sentenza AGCM, punto 45).
63.3. Infatti, alla luce del suo tenore letterale, l’articolo 12 paragrafo 1 della direttiva servizi conferisce agli Stati membri un certo margine di discrezionalità nella scelta dei criteri applicabili alla valutazione della scarsità delle risorse naturali. Tale margine di discrezionalità può condurli a preferire una valutazione generale e astratta, valida per tutto il territorio nazionale, ma anche, al contrario, a privilegiare un approccio caso per caso, che ponga l’accento sulla situazione esistente nel territorio costiero di un comune o dell’autorità amministrativa competente, o addirittura a combinare tali due approcci (sentenza AGCM, punto 46).
63.4. In particolare, la combinazione di un approccio generale e astratto, a livello nazionale, e di un approccio caso per caso, basato su un’analisi del territorio costiero del comune in questione, risulta equilibrata e, pertanto, idonea a garantire il rispetto di obiettivi di sfruttamento economico delle coste che possono essere definiti a livello nazionale, assicurando al contempo l’appropriatezza dell’attuazione concreta di tali obiettivi nel territorio costiero di un comune (sentenza AGCM, punto 47).
63.5. In ogni caso, è necessario che i criteri adottati da uno Stato membro per valutare la scarsità delle risorse naturali utilizzabili si basino su criteri obiettivi, non discriminatori, trasparenti e proporzionati (sentenza AGCM, punto 48).
63.6. Alla luce delle considerazioni che precedono, la Corte ha risposto alla prima parte dell’ottava questione dichiarando che l’articolo 12 paragrafo 1 della direttiva 2006/123 deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che la scarsità delle risorse naturali e delle concessioni disponibili sia valutata combinando un approccio generale e astratto, a livello nazionale, e un approccio caso per caso, basato su un’analisi del territorio costiero del comune in questione (sentenza AGCM, punto 49 e conclusioni).
64. Sotto un secondo profilo, come già anticipato, la Corte Ue ha affermato che «occorre sottolineare che una sentenza pregiudiziale, come la sentenza del 14 luglio 2016, Promoimpresa e a. (C‑458/14 e C‑67/15, EU:C:2016:558), chiarisce e precisa, quando ve ne sia bisogno, il significato e la portata della norma stabilita da detta disposizione della direttiva 2006/123, quale deve o avrebbe dovuto essere intesa e applicata dal momento della sua entrata in vigore, ossia, conformemente all’articolo 44 di tale direttiva, a decorrere dal 28 dicembre 2009.» (sentenza AGCM, punto 73).
65.1. In buona sostanza, anche su questo punto la Corte nella sentenza del 20.4.2023 ha corretto (in realtà ha demolito) la sentenza Promoimpresa, nella parte in cui la precedente decisione ha preteso di chiarire il significato e la portata dell’art.12 paragrafi 1 e 2 della direttiva 2006/123/CE rispetto a rapporti giuridici dei concessionari demaniali marittimi e lacuali iniziati prima del 28 dicembre 2009 e che, quindi, erano al di fuori del campo di applicazione della direttiva servizi.
66. La più autorevole dottrina amministrativista1 ha subito evidenziato che l’interpretazione del diritto dell’Unione nella sentenza AGCM della Corte di giustizia si poneva in distonia con le indicazioni ermeneutiche e normopoieutiche delle sentenze del 9 novembre 2021 dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, in particolare per quanto riguarda la verifica della scarsità della risorsa naturale e la non assoggettabilità alla direttiva Bolkestein delle concessioni assegnate prima del 28.12.2009, scaricando però le responsabilità del caos nel settore alle modifiche legislative e non all’invenzione normopoieutica del CdS e facendo rientrare inaccettabilmente le concessioni balneari ante 28.12.2009 nel campo di applicazione del diritto Ue attraverso il richiamo all’art. 13, commi 2 e 5, del d.lgs. n. 36/2023, inapplicabile alla categoria che rientra tra i soggetti esclusi dal codice dei contratti pubblici, come previsto dall’art.56 comma 1 lettera e) del d.lgs. n.36/2023.
67. Pertanto, il potere dei Comuni di rilasciare, rinnovare, modificare o revocare le concessioni demaniali marittime è regolamentato esclusivamente secondo le regole del codice della navigazione e al di fuori della disciplina del nuovo codice dei contratti pubblici (d.lgs. 36/2023).
68. Nonostante la sentenza AGCM della Corte Ue, il Consiglio di Stato con le sentenze del 7 luglio 2023 n. 6675 e del 28 agosto 2023 n. 7992 ha continuato ad applicare i principi enunciati dall’Adunanza plenaria e a disapplicare la normativa interna sopravvenuta.
q) Il Tavolo governativo sulla mappatura attesta la non scarsità della risorsa naturale
69. Il 5 ottobre 2023 si sono conclusi i lavori del Tavolo tecnico consultivo in materia di concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali, istituito dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri ai sensi dell’art.10-quater commi 1 e 2, del d.l. n.198/2022, con il compito di definire i criteri tecnici per la determinazione della sussistenza della scarsità della risorsa naturale disponibile.
70. I dati sui rapporti concessori in essere sulle aree demaniali marittime, nelle more dell’operatività del sistema Siconbep, sono stati acquisiti attraverso la banca dati SID – Portale del mare. Sulla base dei dati disponibili all’attualità, secondo il Governo, è risultato che la quota di aree occupate dalle concessioni demaniali equivale, attualmente, al 33% delle aree disponibili.
71. La Presidenza del Consiglio dei Ministri con la nota ufficiale del 6.10.2023 ha comunicato che, quanto ai criteri tecnici utili a determinare la sussistenza della scarsità della risorsa naturale, il Tavolo tecnico ha evidenziato come, in base agli elementi finora raccolti e analizzati, questi debbano essere individuati tenendo conto del dato nazionale, secondo un approccio generale e astratto, proporzionato e non discriminatorio.
r) Il discriminatorio e illegittimo parere motivato della Commissione Ue del 16.11.2023 contro i concessionari demaniali marittimi italiani
72. La Commissione europea ha notificato al Governo italiano il 16.11.2023, preannunciato sugli organi di stampa nazionale, il parere motivato sulle concessioni balneari a conclusione della procedura di infrazione 2020/4118.
73. Il parere motivato della procedura di infrazione 2020/4118 sui balneari italiani non ha avuto alcuna informazione ufficiale da parte della Commissione europea e non è stato neanche inserito nel pacchetto infrazioni pubblicato il 16.11.2023.
74. In modo irrituale, contestualmente il 16.11.2023 il parere motivato sui balneari in Portogallo nella procedura di infrazione 2022/2020 è stato archiviato senza nessuna comunicazione ufficiale da parte della Commissione e senza nessuna pubblicità sulla stampa nazionale lusitana, nonostante l’art.21 commi 6 e 7 del decreto ley n.226/A/2007 nel testo vigente in Portogallo preveda ancora il diritto di insistenza, mentre in Spagna le concessioni demaniali marittime continuano ad avere una durata massima di 75 anni in base alla riforma del 2012 espressamente elogiata dalla Vice Presidente della Commissione Ue nel comunicato del 3.8.20121.
75. A pag. 3 del parere motivato del 16.11.2023 la Commissione Ue riproduce esattamente il nuovo quadro normativo interno italiano, stigmatizzando il fatto che, con le modifiche degli artt.3 e 4 della legge n.118/2022 inserite nella legge di conversione del decreto milleproroghe n.14/2023, le concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali abbiano sostanzialmente durata a tempo indeterminato.
76. La Commissione Ue nel parere motivato ha ignorato tutta la normativa di diritto primario e di diritto derivato dell’Unione che escludeva ed esclude tassativamente che le concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali, sia se intese come concessioni di servizi sia se intese, più correttamente, come concessioni di beni (come affermato espressamente dalla sentenza Promoimpresa della Corte UE) rientrino nel campo di applicazione del diritto comunitario, così come ha ignorato quanto affermato nella sentenza AGCM della Corte di giustizia al punto 73, nella parte in cui ha chiarito il significato e la portata dell’art.12 paragrafi 1 e 2 della direttiva Bolkestein rispetto a CDM iniziate prima del 28 dicembre 2009 che, quindi, erano comunque al di fuori del campo di applicazione della direttiva servizi.
76.1. In particolare, la Commissione europea ha ignorato nell’analisi della normativa Ue applicabile gli artt. 50, 51, 195, 345 e 352 del TFUE, nonchè il considerando 57 della direttiva servizi 2006/123/CE e il considerando 15 della direttiva 2014/23/UE sulla aggiudicazione dei contratti di concessione, disposizioni che escludono in una lettura logico-sistematica e letterale che le concessioni demaniali marittime entrino nel campo di applicazione del diritto dell’Unione.
76.2. La Commissione Ue ha fornito nel parere motivato una manipolata e illegittima interpretazione della sentenza AGCM della Corte proprio nel punto di maggior chiarezza (punti 46-48), cioè sulla necessità di una preventiva valutazione della scarsità della risorsa naturale da parte del Governo centrale che è il proprietario dei beni, arrivando addirittura a sostenere il contrario rispetto a quanto precisato dalla Corte Ue.
76.3. Sul piano interno e per giustificare con l’incertezza giurisprudenziale l’esigenza di certezze giuridiche con l’espletamento di gare, la Commissione europea si è affidata totalmente alle sentenze dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato sul punto della scarsità delle risorse naturali, rilevando che tali decisioni sono state valorizzate dal Presidente della Repubblica, come si evince a pag.5 del parere motivato.
s) La sentenza n.32559/2023 della Cassazione a Sezioni unite riforma per eccesso di potere giurisdizionale la sentenza n.18/2021 dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato
77. Con la sentenza n.32559/2023 del 23 novembre 2023 delle Sezioni unite della Cassazione è stata cassata con rinvio per eccesso di potere giurisdizionale la sentenza n.18 del 2021 dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato e la pretesa del giudice amministrativo di appello di dettare norme generali di rango legislativo primario (e anche regolamentare) applicabili a tutti gli operatori economici del settore e a tutte le pubbliche amministrazioni che intervengono a disciplinare la materia delle concessioni demaniali marittime, fluviali e lacuali.
78. Per le Sezioni unite della Cassazione la celebrazione del nuovo processo davanti all’Adunanza plenaria dopo la cassazione della sentenza n.18/2021 dovrà essere orientata a fissare nuovi principi di diritto vincolati ai motivi di ricorso presentati da SIB, ASSOMAT e Regione Abruzzo che sono stati assorbiti dalla sentenza, «anche alla luce delle sopravvenienze legislative, avendo il Parlamento e il Governo esercitato, successivamente alla sentenza impugnata, i poteri normativi loro spettanti.».
78.1. Il monito delle Sezioni unite della Cassazione al Consiglio di Stato è molto chiaro: le sentenze nn.17 e 18 del 2021 dell’Adunanza plenaria non esistono più in quanto espressione di inammissibili principi di diritto che si sono tradotti in norme di rango primario e regolamentare, invadendo la sfera riservata al legislatore e al Governo anche per quanto riguarda la produzione legislativa ed amministrativa generale futura.
79. Le Sezioni unite della Suprema Corte, con le stesse motivazioni della sentenza n.32559/2023, hanno anche annullato con ordinanza del 9 gennaio 2024 n.786 la decisione del 23 maggio 2022 n.4072 del Consiglio di Stato, che aveva recepito i principi enunciati nella riformata sentenza n.18/2021 dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato.
80. Tuttavia, con sentenza del 27.12.2023 n.11200 il Consiglio di Stato – Sezione VI al punto 8.6. ha insistito con il furore creativo normopoieutico, precisando che le proroghe delle concessioni balneari sono illegittime perché la sentenza del 9 novembre 2021 n. 17 dell’Adunanza plenaria, a differenza della sentenza n. 18/2021 annullata per diniego di giurisdizione dalla sentenza delle SS.UU. n. 32559/2023, non risulta impugnata e quindi continua ad essere applicata a tutte le amministrazioni pubbliche e a tutti gli operatori economici.
t) La risposta anomala del Governo del 16.1.2024 al parere motivato della Commissione europea: la confusione regna sovrana
81. Il Governo con lettera del 16 gennaio 2024 a firma del Capo dell’Ufficio legislativo del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha incredibilmente negato il dato normativo correttamente individuato dalla Commissione Ue, secondo cui le modifiche introdotte con la legge di conversione n.14/2023 hanno trasformato a tempo indeterminato la durata delle concessioni demaniali marittime.
82. Il Governo ritiene applicabile solo la proroga prevista dal nuovo testo dell’art.3 comma 1 della legge n.118/2022 fino al 31 dicembre 2024 e aveva già dato questa indicazione nell’informativa presentata a margine del Consiglio dei Ministri del 28 dicembre 2023, del seguente tenore: «Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Matteo Salvini ha svolto una informativa per portare all’attenzione del Consiglio dei Ministri le numerose richieste di chiarimento presentate, nelle ultime settimane, dalle competenti amministrazioni, sugli adempimenti da adottare a decorrere dal 1° gennaio 2024 in relazione all’affidamento delle concessioni per l’utilizzo di proprietà demaniali marittime, lacuali e fluviali per attività ricreative e turistiche. Nel corso dell’informativa, è stato illustrato il frammentato quadro normativo e giurisprudenziale di settore, su cui è in corso una interlocuzione con la Commissione europea sui rilievi contenuti nel parere motivato (INFR(2020)4118 C(2023)7231 final). Sulla base dell’informativa resa, il Consiglio dei Ministri ha sottolineato la necessità di pervenire a una rapida conclusione dei lavori di competenza del tavolo tecnico istituito presso la Presidenza del Consiglio, finalizzati all’adozione dei criteri tecnici per la determinazione della sussistenza della scarsità della risorsa naturale disponibile. Il Governo resta impegnato nell’individuazione con la Commissione europea di una soluzione che, in coerenza con l’ordinamento europeo, assicuri le necessarie certezze agli operatori economici e agli enti concedenti in merito all’affidamento dei beni demaniali marittimi. Nelle more dell’individuazione della citata soluzione, in via prudenziale, è opportuno evitare che le amministrazioni competenti assumano iniziative disomogenee, che potrebbero avere ripercussioni negative sul sistema economico e sociale legato alle concessioni per finalità turistiche e ricreative, utilizzando a tal fine le facoltà previste a legislazione vigente in relazione alla sussistenza di ragioni oggettive che impediscono lo svolgimento della procedure di affidamento entro i termini normativamente previsti.».
83. I Comuni, nella massima parte dei casi, anche sulla base delle indicazioni provenienti dall’ANCI, hanno revocato l’originaria durata al 31 dicembre 2033 delle concessioni demaniali marittime prevista dalla legge n.145/2018 e hanno fissato quale nuovo termine quello del 31 dicembre 2024, preparandosi ad indire gare pubbliche di nuova assegnazione delle concessioni.
u) L’avvocato generale Capeta con l’esclusione dalla Bolkestein delle concessioni balneari iniziate prima del 28.12.2009 risolve il falso problema della mancanza di indennizzo al concessionario uscente per le opere non amovibili in caso di cessazione dell’uso demaniale
84. Come anticipato, la domanda pregiudiziale del Consiglio di Stato nella causa C-598/22 ha evidenziato che nelle sentenze dell’Adunanza plenaria del CdS sulle CDM l’illegittima disciplina legislativa introdotta dalla giurisdizione amministrativa è comunque del tutto carente della parte relativa agli indennizzi per i concessionari “uscenti” rispetto agli investimenti immobiliari e mobiliari legittimamente effettuati sul suolo demaniale, quando i concessionari balneari fino al 31.12.2006 potevano fare affidamento su un quadro normativo certo di durata indeterminata del titolo di utilizzazione del demanio marittimo, determinato dal combinato disposto dell’art.37 comma 2 2° periodo del codice della navigazione con il diritto di insistenza e dalla reiterazione illimitata del rapporto concessorio prevista dall’art.01 comma 2 del d.l. n.400/1993.
85. Questo quadro normativo certo è stato demolito con decorrenza dal 1.1.2007 dal Governo Prodi, che, con la legge finanziaria n.296/2006, aveva fissato (art.1 comma 253) la durata massima ventennale delle concessioni demaniali marittime, aggiungendo all’art.03 del d.l. n.400/1993 il comma 4-bis, norma attualmente in vigore, per concordare con la Commissione europea il sacrificio al mercato delle CDM per finalità turistico-ricreative che non rientrano nel campo di applicazione della direttiva servizi e del diritto primario dell’Unione, in cambio del “salvataggio” di imprese concessionarie in settori sicuramente obbligate alle evidenze pubbliche (mai fatte) di derivazione comunitaria, come quelle autostradali, areoportuali, idroelettriche, delle scommesse.
86. Il parere dell’Avvocato generale Capeta nelle sue conclusioni scritte depositate l’8 febbraio 2024 nella causa C-598/22 non lascia ombra a dubbi sul fatto che la emananda sentenza della III Sezione della Corte di giustizia confermerà la questione interpretativa fondamentale già affrontata e risolta dalla stessa Sezione della Corte Ue nella sentenza AGCM del 20.4.2023 al punto 72, che svuota di ogni (residuo) valore giuridico il contenuto interpretativo e impositivo di norme delle decisioni del 2021 dell’Adunanza plenaria: le concessioni demaniali marittime assegnate prima del 28.12.2009 non entrano nel campo di applicazione della direttiva Bolkestein.
87. L’AG precisa ai punti 27 e 28 delle conclusioni scritte della causa C-598/22 che le norme nazionali relative alle concessioni di risorse naturali scarse rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva sui servizi e che, tuttavia, il termine di recepimento di tale direttiva è scaduto il 28 dicembre 2009, mentre i fatti pertinenti della causa pregiudiziale si sono verificati in una data anteriore, in quanto, come spiegato dal Consiglio di Stato, sulla base del codice della navigazione vi è stata una cessione di beni allo Stato alla fine del 2008. Poiché la direttiva sui servizi non è applicabile al caso oggetto del procedimento principale ratione temporis, la questione pregiudiziale, secondo l’Avvocato generale Capeta, richiede un’interpretazione in rapporto al diritto primario dell’art.49 TFUE.
88. Anche il riferimento alla scarsità della risorsa naturale come presupposto di applicazione dell’art.12 della direttiva Bolkestein depone nel senso che, emergendo dalla mappatura governativa del patrimonio demaniale costiero statale la non scarsità della risorsa naturale, anche le concessioni balneari assegnate dopo l’entrata in vigore della direttiva servizi hanno durata illimitata, come nella legislazione vigente.
89. Infine, come già ampiamente illustrato, gli stessi argomenti sulla natura pubblica dei servizi svolti dai concessionari demaniali marittimi, evidenziati dall’Avvocato generale Capeta al punto 87 delle conclusioni scritte in relazione alla posizione nella causa del Governo italiano, che giustificano la non applicazione dell’indennizzo alla cessazione del rapporto concessorio con la deroga al divieto di restrizioni alla libertà di stabilimento di cui all’art.49 TFUE, possono essere ampiamente utilizzati invocando l’art.51 TFUE per escludere le CDM dal diritto primario Ue, così come l’art.195 TFUE non lascia dubbi sull’inapplicabilità delle direttive di armonizzazione al settore turismo.
90. Certamente non spetta ai concessionari balneari nessun indennizzo per l’applicazione dell’art.49 cod.nav., norma giustamente ritenuta compatibile con il diritto primario dell’Unione nell’opinione dell’AG.
90.1. La soluzione dell’indennizzo, peraltro in mancanza definitiva dei decreti legislativi di cui all’art.4 comma 2 lettera i) della legge n.118/2022 che avrebbero dovuto determinarne la quantificazione a carico del concessionario subentrante, non è assolutamente praticabile, nonostante le aspettative del Consiglio di Stato con l’ordinanza del 17 gennaio 2024 n.138/2024, che ha accolto l’appello cautelare proposto dal Fallimento del concessionario uscente in materia di mancato indennizzo per l’incameramento al demanio statale delle opere non amovibili.
91. Tuttavia, spetta ai concessionari demaniali marittimi uscenti “iussu iudicis” e “contra legem” l’indennizzo del valore integrale dell’azienda perduta (a carico del demanio pubblico trattandosi di esproprio illegittimo), compreso l’avviamento commerciale e quello delle opere non amovibili, ai sensi dell’art.42 comma 4 cod.nav. e delle regole sulla responsabilità contrattuale dello Stato proprietario del demanio, vertendosi in materia di revoca illegittima di concessioni a tempo indeterminato senza ragioni oggettive di interesse pubblico.
v) Le azioni esperibili dai concessionari balneari a tutela dei propri diritti
92. Le azioni giudiziarie esperibili dai concessionari demaniali marittimi a tutela dei propri diritti alla durata illimitata del titolo concessorio, salvo revoca o decadenza ma secondo le norme del codice della navigazione e non le bizzarre invenzioni legislative del Consiglio di Stato, sono tutte di carattere straordinario ed eccezionale, in relazione ad una situazione straordinaria ed eccezionale determinata dal caos giuridico ed istituzionale innanzi descritto, a cui peraltro la Corte di giustizia con l’ambiguità dell’interpretazione proposta dalla sentenza Promoimpresa e la Commissione europea con le strumentali e discriminatorie procedure di infrazione attivate nel corso del tempo hanno ampiamente contribuito, seppure su “sollecitazione” dei vari Governi nazionali che si sono occupati della questione.
93. Sicuramente sarebbe auspicabile il ripensamento della questione da parte dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, come sottolineato dalla Corte di giustizia nella sentenza Randstadt Italia.
94. In ogni caso, e in primo luogo, i concessionari balneari, che si vedranno sottratta la legittima gestione a tempo indeterminato del demanio marittimo assegnato e senza indennizzo alla data del 31.12.2024 o a quella successiva del 31.12.2025, hanno specifico e attuale interesse ad impugnare la sentenza n.17/2021 dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato davanti alla Suprema Corte di Cassazione ai sensi dell’art.111 comma 7 Cost., per chiederne l’integrale riforma nella parte in cui il Giudice amministrativo di ultima istanza nel suo Massimo Consesso ha preteso di sostituirsi al legislatore e al Governo per fissare norme di legge di rango primario e disposizioni regolamentari applicabili a tutti i concessionari demaniali marittimi sul territorio nazionale, a tutte le pubbliche amministrazioni, anche nei confronti di quei concessionari balneari che non hanno fatto parte del giudizio n.14/2021 Reg.ric.AP (giudizio n.311/2021 Reg.ric.CGARS) definito dalla predetta decisione dell’Adunanza plenaria.
95. In secondo luogo, i concessionari balneari potranno proporre entro il 9 novembre 2024 davanti al Tribunale civile di Roma, nei confronti del Governo italiano a causa della sentenza n.17 del 2021 dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, che ha preteso di sostituirsi al legislatore nazionale violando contestualmente anche il diritto dell’Unione europea per il mancato rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia in violazione dell’art.267 ultimo comma TFUE, l’azione giudiziaria disciplinata dall’art.2 e ss. della legge n.117/1988 anche secondo le indicazioni e i criteri della sentenza Francovich della Corte di giustizia, per chiedere il risarcimento dei danni in forma specifica cagionati dall’illegittimo esercizio delle funzioni giudiziarie.
96. Senza dubbio, l’evocazione di queste azioni giudiziarie straordinarie davanti alla giustizia civile per il fallimento di quella amministrativa disvela la gravità del conflitto istituzionale tra Cassazione a Sezioni unite e l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, che avrebbe dovuto essere evitato.
1 V. De Michele, Lo strano caso delle concessioni balneari e la giurisprudenza creativa del Consiglio di Stato sulla primazia del diritto Ue, 15.9.2022, su europeanrights.eu; La sentenza AGCM della Corte Ue sulla compatibilità con il diritto dell’Unione delle norme interne sulle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali, 2.5.2023, su europeanrights.eu; La questione delle concessioni balneari dopo le sentenze del TAR Lecce e della Corte di cassazione a sezioni Unite, 1.12.2023, su europeanrights.eu.
2 Corte di giustizia Ue, sentenza 14 luglio 2016 nelle cause riunite C-458/14 e C-67/15 Promoimpresa (EU:C:2016:558).
3 La Corte costituzionale ha così precisato nella sentenza n.29/2017 sulla natura del rapporto concessorio del demanio marittimo: «La stessa giurisprudenza del Consiglio di Stato ha riconosciuto che «non tutti i manufatti insistenti su aree demaniali partecipano della natura pubblica – e dell’inerente qualificazione demaniale – della titolarità del sedime, poiché solo ad alcuni, nella stessa dizione della legge, appartiene la natura pertinenziale. Per gli altri (che la legge indica come impianti di difficile o non difficile rimozione: definizione che appare inadatta a stabilire una differenza di categoria, dato che anche gli immobili pertinenziali sono o possono essere, di per sé, rimovibili con facilità o con difficoltà) si deve allora riconoscere, per esclusione, la qualificazione di cose immobili di proprietà privata fino a tutta la durata della concessione, evidentemente in forza di un implicito diritto di superficie» (Consiglio di Stato, sez. VI, 13 giugno 2013, n. 3308; nello stesso senso, Consiglio di Stato, sez. VI, 13 giugno 2013, n. 3307 e Consiglio di Stato, sez. VI, 10 giugno 2013, n. 3196). Come osservato anche dalla difesa statale, nelle concessioni che prevedono la realizzazione di infrastrutture da parte del concessionario, il pagamento del canone riguarda soltanto l’utilizzo del suolo e non anche i manufatti, sui quali medio tempore insiste la proprietà superficiaria dei concessionari e lo Stato non vanta alcun diritto di proprietà.»
4 La prof.ssa Lucia Serena Rossi è docente ordinario in diritto dell’Unione europea al dipartimento di scienze giuridiche dell’Università di Bologna ed è una figura molto nota agli imprenditori balneari italiani, in quanto è stata consulente in materia di demanio marittimo prima per la Regione Emilia-Romagna e poi per il governo italiano, in particolare affiancando il sottosegretario agli affari europei Sandro Gozi, e partecipando inusualmente come esperto del governo nelle cause pregiudiziali riunite C-458/14 e C-67/15 che verranno definite dalla confusa sentenza Promoimpresa della Corte di giustizia Ue del 14.7.2016. La prof.ssa Rossi è Giudice italiano in Corte di giustizia dal 1° ottobre 2018, dopo essere stata designata a dicembre 2017 sempre dal sottosegretario agli affari europei Sandro Gozi (fonte www.mondobalneare.it, 3 dicembre 2017). Dal 1° ottobre 2024 sarà sostituita nella prestigiosa carica dal nuovo Giudice italiano designato in Corte Ue, il prof. Massimo Condinanzi.
5 Cfr. Corte di giustizia Ue, sentenza del 15 novembre 2016 Ullens de Schooten nella causa C‑268/15 (EU:C:2016:874), punti 50, 52 e 55; sentenza del 19 dicembre 2019 Comune di Bernareggio nella causa C‑465/18 (EU:C:2019:1125), punto 33; sentenza del 14 luglio 2016 Promoimpresa nelle cause riunite C-458/14 e C-67/15 (EU:C:2016:558), punto 28; conclusioni scritte Avvocato generale Capeta dell’8 febbraio 2024 nella causa S.I.I.B. C-598/22 (EU:C:2024:129), punti 20 e 21.
6 Cfr. l’introduzione della convenzione unica per le concessioni autostradali di cui all’art.2 commi 82-90, del d.l. n.262/2006, come modificata dall’art.1 comma 1030 della legge n.296/2006, che ha portato a proroghe illimitate per tutto il settore con una situazione di particolare privilegio quasi monopolistico, come è noto, per Autostrade per l’Italia e con il corrispondente tacito assenso della Commissione europea, che proporrà un ricorso per inadempimento contro lo Stato italiano soltanto limitatamente alla scadenza prorogata della concessione relativa all’autostrada A12 Livorno-Civitavecchia, che sarà deciso con la sentenza del 18 settembre 2019 della Corte di giustizia nella causa C-526/17 Commissione contro Repubblica italiana (EU:C:2019:756).
7 Cfr. E. Ajmar, P. Maffei, Concessioni balneari: si naviga a vista. Uno studio di caso, in federalismi.it, n. 18/2020. Il discorso integrale di Frits Bolkestein, dal titolo “Convegno. L’Euro, l’Europa e la Bolkestein spiegate da Mr. Bolkestein” e registrato da Radio Radicale a Roma il 18 aprile 2018, è disponibile sul sito www.radioradicale.it.
8 Corte di giustizia Ce, sentenza 19 novembre 1991, cause riunite C-6/90 e C-9/90 Andrea Francovich ed altri c. Repubblica italiana, EU:C:1991:428.
9 Corte di giustizia CE, sentenza 24 settembre 1998 in causa C-76/97 Togel.
10 Si fa riferimento all’autorevole commento della sentenza AGCM della Corte Ue da parte del Presidente aggiunto del CdS, dott. C. Volpe, Concessioni demaniali marittime: un’ulteriore puntata di una storia infinita, 26 aprile 2023, su www.giustizia-amministrativa.it. E’ stato il Presidente del Collegio della sentenza n.292/2022 del Consiglio di Stato, che ha escluso per la prima volta nella giurisprudenza amministrativa le concessioni balneari assegnate prima del 28.12.2009 dal campo di applicazione della direttiva servizi.
11 Questo il comunicato stampa della Commissione europea del 3.8.2012 sulle concessioni demaniali marittime in Spagna: «Oggi la Vicepresidente della Commissione europea e Commissaria europea per la Giustizia Viviane Reding ha accolto con favore l’intenzione annunciata dalla Spagna di migliorare la certezza giuridica per i proprietari di beni immobili lungo la costa spagnola soggetti alla Ley de Costas (legge costiera), il cui scopo è tutelare gli habitat locali qualificando come demaniale un’area situata lungo l’intera fascia costiera. I proprietari di alloggi ubicati nella zona sostengono tuttavia che la legge, e il modo in cui viene applicata, viola i loro diritti. In molti casi si tratta di cittadini europei che hanno esercitato il proprio diritto alla libera circolazione e investito i loro risparmi in proprietà spagnole. La Commissione europea ha sollevato ripetutamente la questione con le autorità spagnole dopo aver ricevuto un gran numero di denunce da spagnoli e altri cittadini dell’Unione. La commissione per le petizioni del Parlamento europeo ha organizzato un’audizione specifica sulla questione e ha esortato le autorità spagnole a rivedere la Ley de Costas. Ora la Spagna propone di riformare la legge per garantire un’effettiva tutela dell’ambiente costiero assicurando al tempo stesso maggiore certezza giuridica ai proprietari di alloggi e promuovendo le attività economiche e di altro genere, come quelle nei settori del tempo libero e del turismo. “Il governo spagnolo fa bene a proteggere la sua splendida costa e posso solo compiacermi dell’impegno con cui cerca di migliorare la certezza giuridica e di garantire il rispetto dei diritti dei cittadini che possiedono proprietà sulla costa spagnola o che pensano di procedere a un acquisto. Il disegno di legge preliminare sarà disponibile online nelle prossime settimane: invito tutte le persone interessate, ad esempio quelle che possiedono o intendono acquistare proprietà in Spagna, a consultarlo per capire esattamente le implicazioni di queste modifiche e formulare tutte le osservazioni necessarie”, ha dichiarato la Vicepresidente Viviane Reding, Commissaria europea per la Giustizia. “La nuova legge spagnola intende migliorare la certezza giuridica per i cittadini e le imprese dell’UE, permettendo loro di investire con maggiore fiducia in un contesto giuridico straniero. È una buona notizia non solo per i cittadini, ma anche per l’economia spagnola”. Il disegno di legge prolungherebbe il periodo dell’attuale concessione per il godimento dei beni situati nell’area protetta (area demaniale) da 30 a 75 anni. Verrebbe inoltre introdotta la possibilità di cedere, previa autorizzazione, tale diritto su questi beni e di ristrutturare gli edifici ubicati in questa zona, sempre che ciò non comporti modifiche in termini di volume, altezza o superficie. Inoltre, la pubblica amministrazione sarà tenuta a registrare la linea di demarcazione definitiva e provvisoria nel registro delle proprietà, affinché gli acquirenti sappiano esattamente se l’immobile si trova in un’area protetta e abbiano informazioni precise sull’ubicazione e sull’estensione dell’area stessa. Le linee di demarcazione saranno pubblicate anche sul sito Internet del ministero dell’Ambiente spagnolo.».