Bolkestein , la Corte Costituzionale rimette in discussione la scarsità della risorsa

 «Importante decisione della Corte costituzionale a conferma della giustezza delle nostre richieste. Per la Consulta la scarsità della risorsa è il presupposto per L’applicazione della Bolkestein e potrebbe essere valutato in riferimento anche alla dimensione aziendale».

A comunicare la notizia a tutti gli associati, è stato il presidente nazionale del Sib-Confcommercio, Antonio Capacchione.

«La Corte Costituzionale è recentemente intervenuta sulla problematica della Bolkestein con l’Ordinanza 161 del 7 ottobre scorso, chiedendo alla Corte di Giustizia dell’Unione europea di chiarire la questione della cd scarsità della risorsa in riferimento alle piccole aziende e a specifiche motivate proroghe.

Si tratta delle concessioni idroelettriche che vengono equiparate a quelle balneari. Come è noto ci stiamo battendo da anni per una corretta applicazione della cd Direttiva Bolkestein che impone, fra l’altro, la necessità di valutare la scarsità o meno della risorsa. Circostanza completamente elusa dall’ultimo provvedimento legislativo dl 131/2024 attualmente in fase di conversione presso la Camera dei Deputati.

La Corte costituzionale ribadisce l’importanza di siffatto presupposto chiedendo alla Corte di Giustizia dell’Unione europea se la valutazione della scarsità della risorsa possa essere effettuata anche in riferimento alla “differenza fra grandi e piccoli impianti” e la possibilità di “proroghe della durata delle concessioni motivate dalla necessità di consentire al concessionario l’utilizzo integrale degli incentivi ottenuti”.

Se ci fosse stata la necessità di avere la riprova dell’ingiusto trattamento normativo e politico al quale sono sottoposti i balneari italiani lo evidenzia autorevolmente questa decisione della Consulta. La questione balneare merita di essere affrontata con coraggio, serietà e impegno non con la superficialità, la sciatteria e il pressappochismo con la quale è stata trattata finora. Le leggi e anche la giurisprudenza non sono immobili ma si evolvono secondo criteri di equità e giustizia.

Quindi nessuna rassegnazione e continuiamo a lottare con forza e determinazione per veder salvaguardati i nostri sacrosanti diritti e per tutelare un settore e un modello strategici per il Paese».

La Corte Costituzionale effettua rinvio pregiudiziale alla CGUE in tema di piccole derivazioni elettriche e si riparla di scaristà della risorsa

La Corte costituzionale italiana, con l’ordinanza n. 161 del 2024, ha sollevato tre quesiti pregiudiziali alla Corte di giustizia dell’Unione europea riguardanti l’applicazione della direttiva Bolkestein (Direttiva 2006/123/CE) alle concessioni relative alle piccole derivazioni idroelettriche. La questione è emersa in seguito a un ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri contro la legge regionale dell’Emilia-Romagna n. 17 del 2023, che proroga tali concessioni sotto alcune condizioni.

Il ricorso solleva dubbi sulla costituzionalità della legge, contestando la sua conformità all’articolo 117 della Costituzione italiana, che regola la distribuzione delle competenze tra Stato e Regioni, e alla Direttiva servizi dell’UE, che impone gare pubbliche per le concessioni di risorse naturali. La legge regionale è accusata di violare i principi di concorrenza e di allocazione delle risorse naturali limitate, previsti dalla direttiva.

I quesiti della Corte costituzionale alla Corte di giustizia europea sono principalmente tre:

  1. Applicabilità della Direttiva servizi alle piccole derivazioni idroelettriche: La Corte chiede se la direttiva si applichi anche agli impianti che producono esclusivamente energia elettrica.
  2. Differenziazione tra grandi e piccoli impianti: Se la direttiva si applica, la Corte vuole sapere se è possibile per uno Stato membro distinguere tra grandi e piccoli impianti idroelettrici nel determinare se questi sfruttano risorse idriche in modo significativo.
  3. Proroga delle concessioni per incentivare le rinnovabili: Infine, la Corte chiede se la direttiva consente una proroga delle concessioni, giustificata dalla necessità di sfruttare pienamente gli incentivi per la produzione di energia rinnovabile, mantenendo il limite massimo di 30 anni.

La Corte costituzionale solleva dubbi sull’eventuale incompatibilità tra la proroga ex lege delle piccole derivazioni idroelettriche e la direttiva Bolkestein. In particolare, si interroga se la proroga possa essere giustificata sulla base della natura delle piccole derivazioni, caratterizzate da un impatto ambientale ridotto rispetto alle grandi derivazioni.

Questo caso potrebbe avere implicazioni rilevanti anche per altri settori, come quello delle concessioni balneari, poiché il criterio della “scarsità delle risorse naturali”, come stabilito dalla Corte di giustizia in precedenti sentenze (es. sentenza AGCM sulle concessioni balneari), potrebbe permettere agli Stati membri una certa discrezionalità nell’applicazione della direttiva, differenziando tra concessioni di dimensioni diverse.

Se la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) dovesse rispondere favorevolmente ai quesiti pregiudiziali posti dalla Corte costituzionale italiana, stabilendo che la Direttiva Bolkestein consente di differenziare tra grandi e piccole concessioni per la gestione delle risorse naturali, il legislatore italiano potrebbe intervenire nuovamente anche in materia di concessioni balneari. Ciò significherebbe che, oltre a differenziare tra concessioni idroelettriche grandi e piccole, si potrebbe introdurre una distinzione simile all’interno delle concessioni demaniali marittime.

Questa differenziazione potrebbe portare a un sistema che tutela maggiormente le piccole imprese locali, tipicamente familiari, consentendo loro di continuare a operare senza dover affrontare gare d’appalto che favorirebbero grandi gruppi o multinazionali. In altre parole, il legislatore potrebbe considerare che le concessioni di piccola scala, così come avviene per le piccole derivazioni idroelettriche, non incidono in modo significativo sulla scarsità delle risorse naturali e, quindi, potrebbero essere soggette a regole diverse rispetto alle concessioni di maggiore impatto economico e ambientale.