Confindustria Nautica: “I porti turistici sono risorsa per il Paese, grave errore applicare norme frettolosamente”

 

E’ un grido di allarme sullo stato della portualità turistica quello che lancia il Presidente di Confindustria Nautica, Saverio Cecchi, a seguito dell’approvazione degli emendamenti sulle concessioni balneari nell’ambito del Dl Milleproroghe. “Se infatti – si spiega in una nota – le associazioni dei balneari lamentano i gravi errori del Dl Concorrenza, approvato in fretta e furia dal governo Draghi, Confindustria Nautica sottolinea che nel caso della portualità turistica è addirittura un errore ‘al quadrato’ se quelle regole, comunque pensate per lidi e spiagge, venissero automaticamente applicate alle infrastrutture del diporto. In questo modo cancellando la normativa specifica che, attraverso il Codice della navigazione, ha regolato per decenni il settore senza prescindere dai criteri di trasparenza che informano i principi europei”.  

“Il tema delle concessioni è solo l’inizio del ragionamento sul futuro assetto della portualità turistica”, commenta Cecchi. “Posto che, a differenza di altri Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, l’Italia ha scelto di procedere alla realizzazione delle infrastrutture per la nautica ricorrendo agli investimenti del capitale privato, è evidente che occorre salvaguardare le certezze giuridiche e la redditività che è alla base di questi investimenti”.  

Questo principio – si ricorda – è stato sottolineato e ribadito da decine di pronunce dei TAR, dal Consiglio di Stato e persino della Corte Costituzionale, quando si è espressa contro l’aumento retroattivo dei canoni – fino al 450% – previsto nel 2007 dalla Legge finanziaria del governo Prodi. La Corte ha accolto le osservazioni del CdS secondo cui le regole non possono cambiare nel corso della vigenza della concessione, ma non possono rendere “certamente negativo” l’investimento economico effettuato. Diversamente le conseguenze possono essere solo la fuga dei capitali sani o o l’afflusso di soli capitali di dubbia provenienza. 

Una prova di questo assunto – sottolinea l’associazione – è che la modifica alla legge 84/94 sui porti mercantili, ottenuta da Confindustria Nautica, e che stabilisce la priorità per la destinazione al diporto delle aree non più utilizzate, non ha di fatto trovato applicazione. Per ragionare del futuro della portualità turistica Confindustria Nautica sottolinea come sia necessario risolvere i problemi che la affliggono da decenni. E non solo nell’interesse degli approdi, ma dell’intero sistema turistico e delle economie costiere. 

Secondo l’Osservatorio nautico nazionale di Confindustria Nautica, il personale direttamente impiegato all’interno di un marina turistico ammonta in media a 10 ULA (ovvero Unità Lavorative Annue, ognuna delle quali corrisponde a una persona impiegata a tempo pieno per un anno, a prescindere dalla forma contrattuale e dalla retribuzione). Ma il vero impatto è l’indotto occupazionale. Il rapporto tra posti barca e occupati generati complessivamente sul territorio, quindi al di fuori dall’area portuale, è pari a 1 addetto ogni 3,8 posti barca. Ancora più interessante il dato della spesa “turistica” depurata del costo di soggiorno (ormeggio o pernotto): mediamente il diportista spende il doppio del turista d’albergo.  

Le criticità del settore porti turistici, sempre rilevati all’Osservatorio Nautico Nazionale di Confindustria, sono invece eccessiva burocrazia, peso fiscale, invasività dei controlli, e normatia penalizzante. 

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Le Sezioni Unite intervenendo sul potere di proroga delle concessioni rilevano l’eccesso di potere del Consiglio di Stato

Con sentenza n. 4591/23, depositata il 14 febbraio 2023, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione sono intervenute in tema di proroga transitoria delle concessioni demaniali marittime in base all’art. 1, commi 682 e 683 l. n. 145/2018, escludendone l’applicabilità e definendo il carattere transitorio che opera esclusivamente in attesa della revisione della legislazione in materia di rilascio di dette concessioni.

La controversia giudiziale era nata a seguito dal rifiuto di un comune pugliese di concedere il rinnovo della concessione al gestore di uno stabilimento balneare, sul presupposto che la natura stagionale dell’originaria concessione, di cui lo stesso aveva beneficiato, non consentisse una proroga per l’anno 2020. Il provvedimento amministrativo era oggetto di impugnazione innanzi al TAR di Lecce, che però la rigettava.

La sentenza è tuttavia molto importante per il passaggio riguardante l’eccesso di giurisdizione del Consiglio di Stato ravvisato in questo passaggio:

Quanto al primo profilo, va osservato che in tema di sindacato della Corte di cassazione sulle decisioni giurisdizionali del giudice contabile o amministrativo, l’eccesso di potere giurisdizionale per invasione della sfera di attribuzioni riservata al legislatore è configurabile solo qualora il giudice speciale abbia applicato non la norma esistente, ma una norma da lui creata, esercitando un’attività di produzione normativa che non gli compete (così Cass. S.U., n. 36593 del 2021, Cass. S.U., n. 22711 del 2019, Cass. S.U., n. 32175 del 2018).

E’ evidente che se questi principi fossero confermati dalle Sezioni Unite, che dovranno a breve riunirsi sul ricorso proposto dal sindacato Sib Confcommercio, le sentenze gemelle dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato avranno poche possibilità di supererare il vaglio di legittimità in quanto non solo hanno imposto il divieto al legislatore di concedere ulteriori proroghe ma hanno stabilito tutta una serie di criteri da utilizzare per il riordino della materia e hanno creato una norma prorogando le concessioni in essere.

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