«Ci vorrà del tempo per fare le gare» per le concessioni balneari. Lo ha detto la ministra del Turismo Daniela Santanché secondo cui prima bisogna realizzare la mappatura dell’esistente. «Non dobbiamo aprire la strada alle multinazionali, non dobbiamo svendere il nostro patrimonio», ha affermato Santanché all’assemblea annuale di Confesercenti. «Prima di 8 mesi, 1 anno – ha specificato rispondendo ad una domanda – non saremo in grado di fare le gare».
Secondo la ministra, il danno più grave è cambiare i patti in corso «perchè e imprese hanno bisogno di stabilita». E ha aggiunto: «Lancio una provocazione: credo che prima bisogna assegnare le spiagge che non sono assolutamente servite spiagge libere lasciate ai tossicodipendenti e invase dai rifiuti che nessuno mette in ordine». Le nuove regole – ha concluso – «vanno pensate molto bene perché consegnare pezzi litorale alle multinazionali priverebbe le nostre spiagge delle peculiarità italiane, gastronomiche e non: «Mi sentirei male se tutto fosse standardizzato, se dovessimo dire addio agli spaghetti con le vongole».
Il recente studio di Sociometrica, elaborato su dati ISTAT, “La ricchezza dei comuni turistici – Ranking secondo la creazione di valore aggiunto” ha mostrato l’entità della ricchezza prodotta dal comparto turistico nel nostro Paese. Leggendo nel dettaglio i dati emergono elementi molto interessanti sul network rappresentato dalle maggiori città balneari Italiane, G20Spiagge. Tutte sono tra i 100 maggiori comuni turistici per valore economico aggiunto, cioè produttori di quel reddito, di quel PIL che sostiene l’economia nazionale.
Lasciando da parte i valori assoluti in euro, balza agli occhi come il settore balneare italiano sia il primo produttore di ricchezza derivata dal turismo del Paese: “Il dato economico e le graduatorie nazionali – afferma Roberta Nesto, coordinatrice del G20Spiagge e Sindaco di Cavallino Treporti – svelano una volta di più la capacità di produrre reddito delle nostre località. È un reddito diffuso, una ricchezza che si spalma sulle comunità, a fronte dei molti disagi che le stesse comunità locali sopportano per produrla. Perché è proprio così: non è facile con le carenze legislative di cui tutti noi enti pubblici soffriamo, dare un servizio di ospitalità all’altezza delle esigenze del turista moderno. È per questo che non ci stanchiamo di chiedere lo status di Città Balneare che, una volta per tutte, risolverebbe molte delle nostre difficoltà amministrative”.
Mettere insieme i diritti degli abitanti con le esigenze degli ospiti è un’impresa che obbliga ogni anno gli amministratori pubblici a delle enormi fatiche con un risultato, nel produrre ricchezza oggi misurato dalla ricerca, che potrebbe non solo aumentare ma anche essere distribuito in maniera più diffusa e utile per le comunità stesse.
Il settore balneare, come anche altri settori turistici, ha un effetto moltiplicatore sull’economia generale della località: il dato più seguito e verificato considera che ogni euro speso direttamente nel turismo generi ulteriori 60 centesimi in altri settori (20% industria, 35% servizi, 5% agricoltura). Quindi, oltre alla grande capacità di produrre ricchezza in sé, il sistema della vacanza genera ulteriore valore aggiunto: maggior numero di imprese, maggiore occupazione, maggior reddito personale.
E, non trascurabile, è sicuramente un settore produttivo che non si esaurirà: lo stile di vita delle persone ha inserito la vacanza tra le proprie necessità ineludibili. E questo, nelle località balneari italiane, lo affermano tutti e da tantissimo tempo. Forse queste comunità, ad iniziare dalle loro amministrazioni, vanno sostenute per il bene dell’intero Paese con una attenzione maggiore. Disvelare, con i numeri, è sempre molto utile.
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