Legge annuale per mercato e concorrenza 2021: “Regime amministrativo applicabile, sale giochi tra Attività commerciali e assimilabili”

“L’articolo 23 delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per procedere ad una nuova ricognizione dei regimi amministrativi delle attività private e alla loro semplificazione mediante eliminazione delle autorizzazioni e degli adempimenti non necessari. Sono previsti criteri e principi generali volti, in gran parte, a tipizzare e individuare le attività private soggette ai diversi regimi, semplificare i procedimenti relativi ai provvedimenti autorizzatori, estendere l’ambito delle attività private liberamente esercitabili senza necessità di alcun adempimento, inclusa la mera comunicazione, nonché digitalizzare le procedure. La delega deve essere esercitata entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge in esame. È altresì prevista la facoltà di adottare decreti integrativi e correttivi entro un anno dall’entrata in vigore di ciascun decreto. È affidata alla Commissione parlamentare per la semplificazione la verifica periodica dello stato di attuazione dell’articolo in esame, su cui riferisce ogni sei mesi alle Camere”. E’ quanto si legge nel Dossier relativo alla Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021.

“La disposizione precisa che si tiene conto anche della individuazione dei regimi amministrativi di cui alla tabella A del D.lgs. n. 222/2016 (c.d. decreto SCIA 2). In particolare, il decreto riporta nella tabella A allegata la ricognizione delle attività e dei procedimenti nei settori del commercio e delle attività assimilabili, dell’edilizia e dell’ambiente (per un totale di 246 attività). Per ciascun procedimento o attività, la tabella indica il regime amministrativo applicabile (autorizzazione, silenzio assenso, SCIA, SCIA unica, SCIA condizionata, comunicazione) l’eventuale concentrazione dei regimi e i riferimenti normativi (articolo 2). La tabella A è suddivisa in tre sezioni: 1) Sezione I, denominata “Attività commerciali e assimilabili”, che ricomprende attività di commercio su area privata (esercizi di vicinato, medie e grandi strutture di vendita, sia di carattere alimentare che non, commercio all’ingrosso, sia alimentare che non, vendita di prodotti agricoli, etc.), commercio su area pubblica (itinerante e non, alimentare e non), l’esercizio di somministrazione di alimenti e bevande, strutture ricettive e stabilimenti balneari, attività di spettacolo o intrattenimento, sale giochi, autorimesse, distributori di carburante, officine di autoriparazione, acconciatori ed estetisti, panifici, tintolavanderie, arti tipografiche, litografiche, fotografiche e di stampa. Si tratta di 14 aree, per un totale di 107 attività; 2) Sezione II, denominata “Edilizia”, che ricomprende gli interventi edilizi e i relativi regimi amministrativi, altri adempimenti successivi all’intervento edilizio e alcuni interventi relativi a impianti alimentati da fonti rinnovabili, per un totale di 105 attività; 3) Sezione III, denominata “Ambiente”, che ricomprende le autorizzazioni integrate ambientali (AIA), le valutazioni di impatto ambientale (VIA), le autorizzazioni uniche ambientali (AUA), nonché le attività relative alle emissioni in atmosfera, alla gestione rifiuti, all’inquinamento acustico, agli scarichi idrici, alle dighe, alle bonifiche e altri procedimenti in materia di tutela dei corpi idrici, per un totale di 34 attività”, ha concluso.

Le pronunce del Tar lazio n. 139 e 140 del 2021 fra grandi speranze ed occasioni (di approfondimento) perdute.

 

La sentenza 140 e la sua gemella 139, pubblicate in data 10 gennaio 2021 stanno alimentando un  vivace dibattito nel solco del quale vuole sommessamente inserirsi questo piccolo contributo.

 

Il Tar Lazio, tecnicamente, non ha accolto il ricorso presentato dai concessionari, anzi, lo ha respinto, dichiarandolo addirittura inammissibile ed ha compensato le spese legali. In realtà nel dar loro torto, in un certo senso ha dato loro ragione perchè ha affermato, per una serie di specifiche ragioni processuali, che non avevano alcun interesse a chiedere la stabilizzazione dei titoli concessori a tempo indeterminato in quanto al momento della proposizione del ricorso (2017) e, successivamente, in ragione dell’entrata in vigore delle altre proroghe fra cui quella contemplata dalla 145, i loro titoli erano (e sono) tuttora validi anche perchè il Comune di Anzio, in virtù della legge 145, validamente avrebbe rilasciato loro l’atto di estensione.

Tuttavia, a ben vedere la questione dell’attuale vigenza della 145 sembrerebbe essere stata affrontata dal TAR incidenter tantum, ovvero al solo fine di escludere, come detto, l’interesse ad agire e non già principaliter come invece avrebbe richiesto una diffusa e profonda argomentazione al riguardo che invero non v’è stata. Sintomatico, a tal proposito, è il mancato riferimento alle sentenze della Plenaria che denota una non completa conoscenza del tema o persino una neppure tanto celata e sconcertante confusione.

Con ciò non intendo sminuire la portata della importante pronuncia ma ben altre potrebbero ancora essere, per completezza dell’iter logico-argomentativo seguito dai giudici, le statuizioni da invocare a difesa della causa balneare.
Il legislatore pur essendo assolutamente libero nelle forme, se si limitasse a rendere i 2 decreti mancanti della 145 (che contiene già tutti gli elementi per il riordino della materia) risolverebbe la quasi totalità dei problemi dei concessionari.

L’unico motivo di allarme rinvenibile nella 145 risiede nel partenariato pubblico-privato, poichè, a seconda di come lo si vuole declinare, può essere la salvezza o il vero tallone d’achille della riforma.

Avv. Nicolò Maellaro