Bonaccini-Corsini: “Salvaguardare valore delle imprese, investimenti fatti e occupazione”

 

Giusto riconoscimento al valore aziendale dell’impresa, degli investimenti realizzati e alla professionalità degli operatori, anche a tutela del lavoro di decine di migliaia di persone.

È questo, in sintesi, il cuore del documento che la Regione Emilia-Romagna metterà sul tavolo del Governo per dare un contributo concreto alla riforma nazionale, già più volte chiesta dalla Regione stessa, con l’obiettivo di dare certezze al settore balneare in vista dell’applicazione della cosiddetta legge Bolkestein.

Un documento condiviso con le associazioni di categoria, e presentato ai Comuni costieri per le loro osservazioni, per una riforma sempre più urgente vista la recente sentenza del Consiglio di Stato che anticipa al 31 dicembre 2023 – 10 anni prima rispetto a quanto aveva stabilito la legge nazionale numero 145 del 2018 – la scadenza delle attuali concessioni. E, di conseguenza, l’eventuale predisposizione dei bandi di gara per nuove assegnazioni da parte delle amministrazioni comunali, qualora il Governo, il solo a poterlo fare, decidesse in tal senso.

Una sentenza che riguarda complessivamente 1.067 imprese balneari in regione, di cui 959 in Romagna: 427 in provincia di Rimini, 355 in quella di Ravenna e 177 in quella di Forlì-Cesena. Più altre 97 nel Ferrarese (dati Unioncamere aggiornati al settembre 2021). Imprese per lo più a conduzione familiare – il 44,5% del panorama italiano – e che, sempre secondo dati Unioncamere, offrono lavoro nella nostra regione a circa 45-50mila persone, a cui va sommato tutto l’indotto.

Le proposte

In particolare, il documento condiviso punta sul giusto riconoscimento del valore  aziendale dell’impresa, degli investimenti realizzati e della professionalità degli operatori che hanno gestito finora il bene demaniale.

Elementi che dovranno essere considerati tra i criteri di valutazione dei nuovi bandi di gara, insieme agli standard qualitativi dei servizi e alla sostenibilità sociale e ambientale del piano degli investimenti. Con l’esclusione del rialzo del canone demaniale che non dovrà essere oggetto di gara ma rimanere predeterminato per legge dallo Stato.

Inoltre, si ritiene necessario che Regioni e Comuni possano concorrere nella definizione dei criteri dei bandi di gara con l’obiettivo di valorizzare il paesaggio e gli elementi identitari della fascia costiera attraverso la qualificazione dell’offerta turistico-balneare, tenendo conto delle peculiarità dei diversi territori.

Altri elementi dovranno riguardare la valutazione circa il numero massimo di concessioni da rilasciare a ogni operatore economico, in modo da garantire l’adeguata pluralità e differenziazione dell’offerta nell’ambito territoriale di riferimento, e la determinazione di limiti minimi e massimi di durata delle concessioni, anche per assicurare un congruo periodo al rientro degli investimenti.

Tavolo tecnico balneari, Donno chiede un cambio di rotta e coinvolgimento di più categorie

 

«Il tavolo di lavoro sulle concessioni balneari, aperto presso il Ministero del Turismo, rischia di non giungere ad alcuna soluzione condivisa e risolutiva. Alle luce delle prescrizioni contenute nella recente sentenza del Consiglio di Stato, riteniamo che il soggetto istituzionale preposto a convocare un tavolo risolutivo non possa che essere il Ministero dell’Economia e delle Finanze, in qualità di responsabile della gestione delle aree demaniali». Torna a rimarcare la sua posizione il deputato salentino del Movimento 5 Stelle Leonardo Donno che, già in vista del tavolo tecnico-politico annunciato dai ministri Garavaglia, Giorgetti e Gelmini, aveva sottolineato come «una tematica complessa, che chiama in causa il futuro dei balneari e delle nostre coste, non può essere trattata in un tavolo d’elite, che taglia fuori i diretti interessati e non consente una pluralità di opinioni e vedute».

Dopo l’apertura del tavolo, il deputato ribadisce dunque le sue perplessità: «C’è bisogno di un metodo di lavoro diverso e aperto ai diversi soggetti interessati alla vertenza -dice- si persevera invece a percorrere una strada sbagliata e inconcludente, alla ricerca di consenso politico sulla pelle di chi merita una soluzione definitiva, dopo oltre 15 anni di rinvii e proroghe, che hanno creato solo incertezza ad un settore strategico per il Paese.
Tutte le forze di maggioranza meritano di essere coinvolte, a garanzia di una più ampia partecipazione e di un’accelerata nell’individuazione di una soluzione seria e concreta. Riteniamo inoltre che il tavolo di discussione, oltre a dover essere gestito dall’Autorità titolare delle aree demaniali, ossia il Mef -continua- debba vedere la partecipazione di tutte le categorie imprenditoriali, titolari e non di concessioni, così come la categoria dei consumatori, le rappresentanze dei lavoratori, dei Comuni, delle Regioni, l’autorità della concorrenza e gli altri interessati. Per questo – conclude – chiediamo con urgenza un cambio di rotta nel metodo finora scelto».