- La sentenza della III Sezione della Corte di Giustizia del 20 aprile 2023 in causa AGCM-Comune di Ginosa (C 348/2022) conferma i principi del diritto euro-unitario ormai consolidati circa l’applicazione diretta della Direttiva 2006/123/CE e sui quali è inutile ritornare perché ciò significherebbe negare l’evidenza, ma apre una nuova prospettiva che la stessa giurisprudenza nazionale aveva intuito circa le possibilità di tutela per i concessionari ante direttiva 123/2006, il cui regime giuridico di attività deve essere diversificato.
- A questi fini rileggiamo insieme il punto 73 della sentenza AGCM: «una sentenza pregiudiziale, come la sentenza del 14 luglio 2016, Promoimpresa e a. (C‑458/14 e C‑67/15, EU:C:2016:558), chiarisce e precisa, quando ve ne sia bisogno, il significato e la portata della norma stabilita da detta disposizione della direttiva 2006/123, quale deve o avrebbe dovuto essere intesa e applicata dal momento della sua entrata in vigore, ossia, conformemente all’articolo 44 di tale direttiva, a decorrere dal 28 dicembre 2009. Ne consegue che detta norma così interpretata deve essere applicata dal giudice anche a rapporti giuridici sorti e costituiti prima di tale sentenza [v., in tal senso, sentenze del 27 marzo 1980, Denkavit italiana, 61/79, EU:C:1980:100, punto 16, e del 22 febbraio 2022, RS (Effetto delle sentenze di una corte costituzionale), C‑430/21, EU:C:2022:99, punto 77]».
- Significa che l’interpretazione fornita dalla Corte è quella che va data ad una certa disposizione fin dal giorno in cui quella disposizione è entrata in vigore.
- Anteriormente alla data della sua entrata in vigore, una fonte semplicemente non esiste e quindi l’interpretazione della Corte non può retroagire ad un’epoca antecedente a tale data.
- Ed infatti la Corte ha precisato che “detta norma”, e cioè l’art. 12 della Direttiva 2006/123/CE, “così interpretata deve essere applicata dal giudice anche a rapporti giuridici sorti e costituiti prima di tale sentenza”.
- “Prima di tale sentenza” non significa “prima della Direttiva Servizi”, ma appunto che l’interpretazione, che la sentenza Promoimpresa del 14 luglio 2016 ha fornito dell’art. 12 della Direttiva 2006/123/CE vale dal 28 dicembre 2009 e che pertanto tale interpretazione si applica a tutti i rapporti sorti e costituiti dopo tale data, come appunto è stato affermato dal Consiglio di Stato nella sentenza della VII Sez. n. 229 del 13 gennaio 2022 (Nesti-Comune Isola del Giglio).
- Sappiamo che per il diritto interno i rapporti concessori, che erano regolati prima dall’art. 37 cod. nav, dovevano ritenersi rapporti pluriennali di durata tendenzialmente infinita grazie al meccanismo del diritto di insistenza.
- Pertanto a tali rapporti, che sono sorti tutti anteriormente alla c.d. Direttiva Servizi, lo ius superveniens non può essere applicato senza ledere quell’aspettativa legittima che, secondo la Corte di Giustizia (Corte di Giustizia, Grande Sezione, 21 maggio 2019, Commissione / Ungheria, C-235/17) e secondo la CEDU (Corte Europea dei Diritti dell’Uomo sent. 23 settembre 2014 affaire Valle Pierimpiè Soc. Agricola S.p.a. c. Italia), è meritevole di tutela in quanto assurge a “bene”.
- Che la situazione reale dei concessionari abbia tale consistenza e sia quindi riconducibile all’art. 17 della Carta del diritti Fondamentali dell’Unione Europea e all’art. 1 del Primo Protocollo alla Convenzione EDU è fuori discussione, poiché tale realità è sempre stata affermata dalla giurisprudenza nazionale (non a caso i concessionari balneari pagano l’IMU) e presto verrà confermata dalla stessa Corte di Giustizia nella causa pregiudiziale di cui all’ordinanza di rinvio della VII Sez. del Consiglio di Stato n. 8010 del 15 settembre 2022 (S.I.I.B. S.r.l. / Comune di Rosignano Marittimo).
- Con tale ordinanza la Sezione VII del Consiglio di Stato ha messo in discussione la legittimità “euro-unitaria” dell’art. 49 del Codice della Navigazione, sul quale non a caso la sentenza AGCM del 20 aprile 2023 ha ritenuto di non doversi esprimere poiché la questione non era rilevante nella controversia oggetto del rinvio pregiudiziale.
- Secondo la Sezione VII del Consiglio di Stato, infatti, sull’area data in concessione l’operatore concessionario è titolare, oltre che di una proprietà superficiaria, di un’azienda (“…complesso di beni organizzati per l’esercizio dell’impresa balneare…”).
- Il Consiglio di Stato dubita quindi che l’incameramento senza indennizzo di tale complesso di beni sia compatibile con il diritto primario dell’Unione.
- Il primo precipitato di ordine generale, che consegue da tale impostazione interpretativa, è l’affermazione del principio secondo cui sul demanio marittimo insiste un’azienda privata.
- Il che vale per tutti i concessionari, incamerati (c.d. pertinenziali) e non incamerati.
- Il secondo precipitato è che l’apprensione di tali beni non può avvenire senza indennizzo e in difetto di causa di pubblica utilità.
- Può lo Stato apprendere beni privati per sostituire un imprenditore ad un altro?
- La risposta non può che essere negativa. Ciò in quanto, secondo la Corte di Giustizia, un imprenditore non può essere espropriato dei propri beni per ragioni meramente economiche.
- Se la Corte di Giustizia facesse proprio il principio secondo cui sul demanio marittimo insiste un’azienda di proprietà esclusiva del concessionario, avremmo pertanto trovato la chiave di volta “europea” per sostenere che l’azienda “balneare”, trattandosi di un bene di proprietà privata, non può andare a gara.
- In altri termini, il riconoscimento unionale della proprietà privata dell’azienda balneare obbligherà tutte le Istituzioni dell’Unione, Commissione Europea compresa, a rispettarla conformemente ai Trattati e alla Carta di Nizza.
- In conclusione, nel frammentato e incerto contesto normativo e giurisprudenziale – paradossalmente – appare quanto mai fondata la domanda di tutela “specifica” di tutti quei rapporti concessori che siano sorti anteriormente all’entrata in vigore della Direttiva Bolkestein.
- La Commissione Europea, Corte di Giustizia, il Consiglio di Stato e la Presidenza della Repubblica censurano infatti l’automatismo delle proroghe che il legislatore riconosce alle concessioni in essere indipendentemente però da qualsiasi valutazione “caso per caso” e riguardante: specificità dell’affidamento vantato dai singoli operatori; peculiarità locali; presenza o meno di un interesse transfrontaliero certo.
- Come è stato invece ricordato al punto 73 della sentenza AGCM l’art. 12 della Direttiva 2006/123/CE, nei termini che sono stati precisati dalla sentenza Promoimpresa, può applicarsi soltanto ai rapporti “sorti e costituiti” prima della medesima sentenza, ma dopo l’entrata in vigore della medesima Direttiva.
- In sede giudiziale la c.d. espérance légitime, di cui ciascun concessionario è portatore, potrà così emergere sino al punto di dimostrare l’illegittimità – proprio dal punto di vista del diritto unionale – della legge provvedimento, con cui è stato soppresso il diritto di insistenza. – Avv. Roberto Righi Avv. Edoardo Brusco Avv. Ettore Nesi
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Grz per le spiegazioni. La a questo punto tra tv di stato che dicono solo balneari alle aste….. e tanti altri commenti di avvocati che interpretano in maniera differente io non so’ a che punto ci troviamo