Concessioni, Mare Libero: Regione Liguria aumenti quota spiagge libere al 50%”

Domani in Consiglio regionale sarà discusso il tema riguardante il rilascio di nuove concessioni demaniali marittime per i Comuni della Liguria nel 2024, con una deroga relativa alla quota minima del 40% di spiagge libere o attrezzate.

Il Conamal, Coordinamento Nazionale Mare Libero, costituito nel 2019, comprendente associazioni, comitati e cittadini che si battono per la libera balneazione, ha inviato una forte diffida ai comuni che estendono le concessioni senza indire bandi, contestando la normativa e le decisioni successive.

Le associazioni, attraverso una lettera aperta, chiedono al Consiglio Regionale di non approvare l’articolo 3 incluso nel Ddl 167. Al contrario, esse propongono di aumentare la quota minima di spiagge libere al 50% in ogni comune, anziché concedere la deroga per il rilascio delle concessioni demaniali marittime.

Questa richiesta mira a garantire un accesso più ampio e libero alle spiagge, sostenendo l’importanza della tutela ambientale e della fruizione pubblica delle coste.

«Il concetto di beni comuni trova difficoltà ad entrare nella mente di molta politica ed amministratori. 

Tra questi beni vi sono quelli demaniali ed in particolare le spiagge di noi tutti cittadini inalienabili che prioritariamente devono svolgere la funzione di libera fruizione.

In Italia si è notevolmente abusato tant’è che già il Consiglio di stato nel dicembre del 1976 declinò un orientamento per le amministrazioni di limitare le concessioni di spiagge, evitando di rinnovare le concessioni in scadenza poiché veniva compressa la libera fruizione. Ebbene all’epoca quelle concessioni erano un sesto di quelle attuali. 

La Liguria è tra le regioni con la massima incidenza di stabilimenti balneari circa 1250 che insistono su 107 km di arenile fruibile. A queste vanno aggiunte poi ulteriori concessioni ad altro titolo. Abbiamo pertanto una notevole compromissione della libera fruizione con situazioni drammatiche nella provincia savonese dove le sole spiagge libere hanno una media del 22% con punte drammatiche in alcuni comuni. 

Nel 2008 a seguito di una forte mobilitazione delle nostre associazioni, la Regione Liguria – introdusse per ogni comune la percentuale del 40% di spiagge tra libere e libere-attrezzate.

Purtroppo questa prima importante quantificazione ancora insufficiente trovava impedimento nell’insistenza delle concessioni.

Grazie alla direttiva Bolkenstein del 2006, recepita in Italia nel 2010, si poneva l’obbligo di andare a gara recidendo quella continuità e consentendo di inserire nei piani di utilizzo demaniale ulteriori spiagge libere, con una nuova pianificazione, gare che rientrano per quanto previsto dall’art. 49 TFUE ovvero di consentire il libero stabilimento in uno stato membro senza limitazioni. 

In merito due importanti pronunciamenti della Plenaria del Consiglio di Stato del 2021 che hanno sancito la fine delle concessioni al 31.12.2023 con l’indicazione di riequilibrare l’utilizzo dell’arenile compromesso da troppe concessioni e così ulteriormente la legge sulla concorrenza emanata dal governo Draghi. 

Da tener conto che la Corte di Giustizia Europea è intervenuta sanzionando l’Italia che ad oggi rischia multe milionarie che, nel caso non venissero bandite le gare, pagherebbero i cittadini.

I Comuni pertanto dovevano emanare i bandi per quella quota di spiagge da mettere in concessione, oltretutto con criteri tali da consentire l’allestimento di strutture leggere e di facile rimozione tali da non compromettere l’habitat. Non solo, ma entro la data del 31.12.2023 l’Agenzia del Demanio deve, ai sensi dell’art. 49 del codice della navigazione, incamerare i beni con l’auspicata facoltà di ordinare la messa in pristino dello stato dell’area demaniale, bonificandola da cementificazioni incongrue, un vero sfregio, in molti casi, all’arenile.

La Regione Liguria non solo non va in queste direzioni ma con un DDL, che andrà in Consiglio domani, aggrava la situazione della libera fruizione, introducendo una deroga alla norma attuale consentendo di rilasciare nuove concessioni demaniali marittime. Una distanza siderale dal concetto di beni comuni della necessità di garantire in tutti i comuni almeno un 50% di spiagge libere dotate di tutti i servizi, accrescendo quindi questa percentuale nello strumento legislativo. 

Ricordiamo che il CONAMAL, Coordinamento Nazionale Mare Libero costituitosi nel 2019 e che raggruppa associazioni, comitati e cittadini che lottano per la libera balneazione, ha già inviato e sta inviando a tutti i comuni che prorogano le concessioni e non indicono bandi, una diffida forte della summenzionata normativa/pronunciamenti. 

Auspichiamo pertanto che il Consiglio Regionale non approvi l’art. 3 contenuto nel DDL 167 del 16.11.2023 ma accresca la quota minima del 50% in ogni comune di spiagge libere».

Concessioni balneari, Canfora (Fiba Bat) “E’ il momento di fare chiarezza”

È come una una telenovela sudamericana, dalla durata infinita, ove ogni episodio apre lo svolgersi del successivo e così via per decenni; imprese balneari e commercianti ambulanti sono dal 2009 in una situazione grottesca, della quale non si vede mai la fine, che è diventata anche tanto lunga da raccontare.

Da quel lontano 2009 il recepimento della Direttiva Bolkestein ha gettato nell’incertezza tra ambulanti e balneari circa 200.000 imprese italiane e 400.000 lavoratori, una incertezza causata anche dalla insipienza di una politica incapace ad assumersi la responsabilità della decisione, brava solo a rimandarla e a lucrarne politicamente facendone argomento elettorale.

Un giochino che dura da oltre un decennio in un altalenarsi di proroghe, proclami rivoluzionari contro la Unione Europea, passi indietro e vuoti normativi: difatti la questione è ancora aperta, e, se per i commercianti ambulanti si è trovata una mezza soluzione, incerta è ancora la situazione delle imprese balneari.

Solo poche settimane fa l’ennesima puntata con una sentenza della Corte di Cassazione, che rimanda all’Adunanza Plenaria una delle sue sentenze sul tema, e il ricevimento del Parere Motivato da parte della Commissione Europea.

A pochi giorni dal 31 dicembre nessuno sa cosa fare, o meglio ognuno dice la sua: il Governo, i Comuni, il Presidente della Repubblica, la Commissione Europea, gli Avvocati, i Professori, i Convegnisti, gli Specialisti, i Demanialisti, i Tribunali.

In questa girandola di opinioni e di verdetti, che sembra un immenso Luna Park rumoroso dove ognuno diffonde ad alto volume la propria offerta, vi sono poi le imprese balneari con i lavoratori, che da tempo ormai hanno bloccato ogni investimento, poiché senza certezze sul futuro nessuna impresa sana può programmare.

È  stato stimato che, tra il settore delle imprese balneari e quelle del commercio ambulante, a causa di questa incertezza negli ultimi anni si siano bruciati 3 miliardi di euro. Dal 2009 ad oggi i vari governi di centrodestra, di centrosinistra, tecnici e vari altri che si sono avvicendati hanno scelto di non decidere.

Come sostiene la nostra Presidente De Luise “la Bolkestein è una spada di Damocle che continua a pendere sul sistema economico italiano”. Nella recente Assemblea Nazionale di Confartigianato del 21 novembre u.s. il Ministro Fitto, che cura i rapporti con la Unione Europea, ha comunicato che di lì a pochi giorni il Governo avrebbe reso pubbliche le sue decisioni.

Ad oggi non risulta ancora alcun intervento normativo che dia certezze e stabilità alle imprese balneari, a fronte della richiesta della Commissione del 16 novembre u.s. “ad adottare le disposizioni necessarie per conformarsi al presente parere motivato entro due mesi dal suo ricevimento”.

Nel frattempo i Comuni sono stati abbandonati e lasciati soli con il cerino in mano; la unica via di uscita che hanno per ora è quella offerta dalla Legge Concorrenza, che prevede la possibilità di dilazionare al 31 dicembre 2024.

In questo modo il 2024 potrà essere utilizzato dal Governo e dalla Commissione Europea, unitamente alle Associazioni di Categoria, per trovare una soluzione definitiva, non è più possibile per un settore così importante dell’industria turistica nazionale dipendere da scontri giurisdizionali; la Politica ha il dovere di riprendere la sua funzione ed esercitare pienamente il proprio ruolo attraverso una legislazione di settore, che tenga in conto i vari interessi che sono in campo.

Se, come sembra, la adesione al liberismo, al libero mercato e al dogma della concorrenza è ormai carattere omogeneizzante l’intero arco delle forze parlamentari, e di questo Governo, che sono i soggetti che dovrebbero decidere, è bene che si liberi il campo della discussione anche da argomenti fuorvianti e fuori contesto, che spesso vengono immessi.

Se continua a mancare una chiara presa di posizione del Governo, se si continua a buttare la palla da una parte all’altra del campo, o sulle tribune, senza dare una risoluzione definitiva a questo problema dobbiamo essere coscienti che si sta danneggiando un comparto essenziale della industria turistica del nostro Paese, che attira milioni di turisti ogni anno e che contribuiscono significativamente alla nostra ricchezza.

Ci avviamo ad una nuova stagione estiva senza prospettive, se non quelle di avere ancora un anno di lavoro, questa ad oggi è l’unica certezza per le imprese; è evidente che assisteremo ancora al perdurare di un blocco degli investimenti con la conseguenza di avere stabilimenti balneari obsoleti, che non si rinnovano, imprenditori demotivati e il settore delle imprese dell’indotto delle attrezzature fermo, con conseguenze gravi per l’economia e l’immagine turistica dell’Italia.

In questi anni si è spostato il livello decisionale e di confronto nelle aule dei Tribunali, bisogna invece riportare velocemente la discussione, il confronto e le decisioni sul campo politico-sindacale, per concepire norme compatibili che tutelino le nostre imprese e le persone.

Serve chiarezza e trasparenza da parte di tutti evitando di creare situazioni che non diano garanzie concrete alle donne, agli uomini e alle migliaia di famiglie che hanno investito non solo il denaro ma il loro progetto di vita.