Balneari. Bonelli: spiagge sempre più privatizzate

“Le spiagge devono essere un bene comune, accessibile a tutti e non solo a chi può permettersi di pagare. Basta con il privilegio riservato a del 26% degli stabilimenti balneari dal 2011, da 5.730 a 7.244 imprese, ha ridotto drasticamente le spiagge libere, privando i cittadini del diritto di godere liberamente del nostro patrimonio naturale. Nella riviera romagnola, con oltre 1.000 stabilimenti, siamo arrivati alla saturazione, e il trend è simile in altre regioni come la Calabria, che ha visto un assurdo aumento del 110,4% delle attività balneari, e la Sardegna, che ha triplicato il numero di imprese. La premier Meloni, invece, vuole continuare a privatizzare le ultime spiagge libere, come evidenziato nel documento inviato alla UE.

Per evitare l’applicazione della direttiva Bolkestein agli stabilimenti balneari, ha aumentato la lunghezza della costa italiana da 8.000 km a 11.000 km, con l’obiettivo di non mettere a gara le attuali concessioni ma di dare in concessione, e quindi privatizzare, le ultime spiagge libere.
Così in una nota il deputato di AVS e portavoce di Europa Verde, Angelo Bonelli, che prosegue: “Come Alleanza Verdi Sinistra, abbiamo lanciato una raccolta firme per una proposta di legge che spezzi questa vergognosa privatizzazione delle coste italiane. Vogliamo garantire il libero accesso ad almeno il 70% delle spiagge, senza strutture che limitino la libertà dei cittadini. È ora di mettere un freno al monopolio di pochi privilegiati: proponiamo di limitare le concessioni che una singola entità può detenere e di rivedere gli scandalosi canoni concessori, attualmente risibili rispetto ai profitti astronomici che vengono generati. Le nostre coste devono essere dichiarate beni inviolabili e comuni, per restituire il mare ai cittadini senza discriminazioni di sorta. Non accetteremo che il nostro patrimonio naturale sia svenduto al miglior offerente a scapito della collettività.”

Nessuna scarsità della risorsa: Stabilimenti balneari in crescita dal 2011, +26%.

A inizio stagione 2024, come negli anni precedenti, gli stabilimenti balneari si sono presentati al via più numerosi della stagione precedente, mettendo a segno dal 2011 una crescita complessiva del 26,4% pari a più del 2% l’anno. La riviera romagnola si conferma al vertice dell’offerta per numero di realtà, segnalando ormai una saturazione delle possibilità di accoglienza. A crescere sono un po’ tutte le altre coste dello stivale con la Calabria in testa (+358 imprese nel periodo) seguita dalla Campania (+188) e dalla Sicilia (+180). Secondo i dati dell’indagine Unioncamere-InfoCamere, basata sul Registro delle Imprese delle Camere di Commercio, al termine del 2023 sono 7.244 le imprese registrate nel settore della gestione di stabilimenti balneari contro le 7.173 del dicembre 2021 (+1%).

La costa romagnola è quella che ospita il maggior numero di imprese balneari: 1.052 realtà che, insieme, rappresentano il 14,5% del totale nazionale. Ravenna (186), Rimini (154) e Cervia (150) guidano la classifica per numerosità. Questi comuni, insieme a Riccione e Cesenatico, formano un quintetto d’oro che contribuisce a rendere la Romagna il cuore pulsante delle nostre coste, grazie alla vivacità e varietà dell’offerta. La Toscana segue a ruota in termini assoluti e, con Camaiore, presidia saldamente la classifica della densità di imprese per chilometro di costa: ben 92 lungo i isoli 3 km di litorale del comune toscano, pari a una media di 30 attività per chilometro. Al secondo posto c’è Pietrasanta, un’altra perla del litorale tirrenico, con una densità di 22,3 imprese per chilometro.

A chiudere il podio delle regioni con il maggior numero di imprese balneari c’è la Liguria (797), meta storica del turismo estivo per i residenti del Nord ma apprezzatissima anche da tanti altri visitatori, italiani e stranieri.

Se dai numeri assoluti si passa ad osservare la dinamica della crescita, i dodici anni trascorsi mettono in evidenza il forte dinamismo delle regioni del Sud. Dal 2011 a oggi la Sardegna ha triplicato le imprese balneari e brilla con una crescita eccezionale del 190% mentre la Calabria ha visto più che raddoppiare le attività balneari con sede legale nel suo territorio, con un aumento del 110,4% nel periodo. Anche Sicilia (+75,4%), Puglia (+52,5%) e Campania (+36,9%) hanno conosciuto una fioritura di imprese che contribuiscono a rendere il Sud un polo sempre più attrattivo per i turisti di tutto il mondo.

Le imprese balneari italiane sono spesso a conduzione familiare, riflettendo la nostra cultura del mare come luogo di incontro e tradizione. Le società di persone rappresentano il 42% delle imprese, mentre le società di capitale sono in crescita (31%), indicando un settore sempre più professionalizzato e pronto ad affrontare le sfide del futuro.

Entrando nelle stanze dei bottoni, l’industria balneare si rivela una concreta opportunità di sviluppo per l’imprenditoria femminile. Oltre il 25% delle imprese balneari (contro la media del 22% che si registra per il totale dei settori dell’economia) è guidato da donne, con la Basilicata (33,3%) e Calabria (30,9%) al vertice dell’incidenza di imprese rosa sul totale.

Alla luce di tutto ciò appare inspiegabile il motivo per cui il Governo non abbia portato a termine la mappatura, inserendo il dato lacuale e fluviale che avrebbe fatto salire ulteriormente la percentuale di coste concedibili. E’ chiaro che nonostante gli appunti mossi dalla Commissione, vi sono ancora migliaia di km disponibile per realizzare nuovi stabilimenti balneari.