Il premier Draghi deve macellare le vacche sacre degli italiani

Per milioni di italiani non c’è quasi niente di più importante del relax estivo sulla loro spiaggia preferita. La revisione delle concessioni è quindi una questione politica particolarmente delicata.


Per giustificare i 209 miliardi di euro del Fondo Ue per la ricostruzione, le riforme non devono solo essere annunciate, ma anche attuate

L’Italia è in ritardo con i piani di riforma concordati con la Commissione Ue. Il deficit sul tavolo di marcia non è ancora drammatico, ma è evidente: l’espresso di Mario Draghi ha perso ritmo. Il motivo: ormai si tratta di tabù che per molti cittadini italiani non si divertono più.
Ad esempio con il “Decreto Concorrenza”: questa legge ha lo scopo di introdurre più concorrenza tra i fornitori di servizi pubblici e le aziende statali – come i fornitori comunali di acqua ed energia – e creare spazio per i fornitori privati. Già questo è abbastanza difficile – ma il decreto tocca anche veri e propri santuari nazionali: i 14.000 “stabilimenti balneari”, ovvero le spiagge a pagamento lungo una parte considerevole dei 7.000 chilometri di costa italiana.
Poiché i bagni sulla spiaggia sono per lo più di proprietà pubblica, gli inquilini devono pagare allo stato una tassa di concessione per lo più ridicolmente piccola. In totale il Tesoro incassa appena 115 milioni di euro – ma il giro d’affari stimato degli “stabilimenti” si aggira intorno ai 15 miliardi di euro.

Paura del cambiamento

Secondo una direttiva Ue, i comuni dovrebbero ri-appaltare i tratti di spiaggia ogni pochi anni in modo che anche altri interessati possano richiedere la concessione. Finora, tuttavia, tutti i governi, sia di destra che di sinistra, hanno evitato di riversare le regole dell’UE nella legislazione nazionale.
Ancora di più: nonostante Bruxelles avesse già avviato un procedimento per violazione della direttiva Bolkestein, il primo governo di Giuseppe Conte ha prolungato le concessioni di 15 anni nel 2018 – cioè fino al 2033. Ovviamente senza gara.
La lobby degli operatori del Lido ha sempre impedito con successo l’attuazione della direttiva, e la maggior parte degli italiani pensa che sia un bene: l’idea che il lido familiare possa essere improvvisamente rilevato da un tour operator cinese o da un oligarca russo è troppo mostruosa.
I partiti della coalizione di governo di Draghi, in primis la Lega di destra di Matteo Salvini, sono in fermento, anche perché il 3 e il 4 ottobre a Roma, Milano, Napoli e Torino sono in programma elezioni amministrative rivoluzionarie. Si può presumere che Draghi, per risparmiare i nervi ai vertici del partito, lascerà riposare il “decreto concorrenza” fino a dopo le urne.

Una casa preziosa

La riforma fiscale rischia di subire la stessa sorte, perché colpisce anche un tabù nazionale: la “casa propria”, il condominio. In particolare, le tariffe ufficiali, generalmente troppo basse da decenni, devono essere adeguate. Per qualsiasi altro politico, un simile tentativo equivarrebbe a un suicidio politico. “La ‘casa’ è un mito in Italia: è la base dell’identità personale e della stabilità”, sottolinea il sociologo Giuseppe De Rita. Da un punto di vista psicologico, ogni intervento fiscale sulla proprietà della casa è percepito come un attacco diretto alla propria sicurezza materiale e alla propria famiglia.
Lo stesso vale per l’adeguamento delle tariffe ufficiali per quanto riguarda la gara delle concessioni balneari: se Draghi riuscirà a farla franca, allora avrà realizzato qualcosa che nessuno ha fatto prima. Sarà anche interessante vedere se e come l’ex boss della Bce riuscirà a frenare l’evasione fiscale dilagante. Alla fine, tutti i suoi predecessori fallirono per questo.
42 Riforme … o solo piccole riforme?
Come condizione per l’esborso dei 209 miliardi di euro del Fondo Ue per la ricostruzione, Bruxelles chiede che Roma attui un totale di 42 riforme maggiori e minori entro la fine di quest’anno. Questo è un modello ripido, soprattutto nel mezzo di una pandemia, la cui lotta richiede notevoli risorse finanziarie e umane.
Naturalmente, Draghi ha già soddisfatto alcune delle condizioni, grazie a un inizio fulmineo dopo aver prestato giuramento come primo ministro a febbraio. In primo luogo, ha presentato a Bruxelles un nuovo piano nazionale per l’utilizzo degli aiuti alla ricostruzione, molto apprezzato dalla Commissione Ue. Ha quindi creato una task force, che guida personalmente, per garantire che i prestiti e le sovvenzioni vengano effettivamente spesi entro il 2026. Anche la riforma giudiziaria è a buon punto. Come ricompensa, Bruxelles ha trasferito ad agosto una tranche di 25 miliardi di euro dal fondo a Roma.

Economia in forte espansione

Allo stesso tempo, c’è un vento in poppa dall’economia: come parte del rinnovato piano finanziario, il governo è stato in grado di aumentare le sue previsioni di crescita al 6% entro la fine dell’anno. L’economia italiana si sta riprendendo più velocemente di quella tedesca e francese: la produzione economica in Italia è diminuita più bruscamente nel 2020 a causa della pandemia.
La maggiore produzione economica porterà fino a dodici miliardi di euro di entrate fiscali aggiuntive, che a loro volta potranno essere utilizzate per finanziare ulteriori riforme. (Dominik Straub da Roma, 21 settembre 2021)

Articolo originale di cui questa è una mera traduzione

Mauro Della Valle (Federazione Imprese Demaniali): Balneari uniti in vista dell’adunanza plenaria del Consiglio di Stato.

La data del 20 ottobre sarà una data che lascerà il segno per le imprese balneari; l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato deciderà le sorti di migliaia di concessionari e, in vista dell’udienza, si sono costituite in giudizio alcune associazioni balneari.
L’Associazione Federazione Imprese Demaniali, in persona del suo Presidente Mauro Della Valle, consapevole degli importantissimi interessi in gioco, era intervenuta in giudizio ad adiuvandum già in primo grado innanzi al Tar Lecce, con gli avvocati Federico Massa e Francesco G. Romano, a sostegno delle imprese balneari leccesi, difese nel giudizio in questione dall’Avv. Leonardo Maruotti.
F.i.d. si era, inoltre, costituita anche in vista del giudizio cautelare innanzi al Consiglio di Stato, fase in cui, com’è noto, i balneari hanno avuto la meglio sul Comune di Lecce, il quale è stato condannato alle spese anche nei confronti della stessa associazione.
“Siamo felici che anche altre associazioni abbiamo seguito l’esempio di Federazioni imprese demaniali” – afferma il Presidente Mauro Della Valle – “decidendo di costituirsi in giudizio al nostro fianco.
La portata storica dell’Udienza del 20 ottobre impone di unire tutte le forze per fare il possibile per salvare migliaia di famiglie balneari.
Oltretutto, l’eventuale disapplicazione della l. n. 145/2018 produrrebbe danni catastrofici per l’intero comparto turistico, che si è visto sta trainando, pur in questo drammatico momento, l’economia nazionale e, in particolare, quella salentina.
F.i.d., comunque, auspica che venga approvata una riforma della materia, a partire dal Codice della Navigazione, ormai superato.
I balneari, infatti, a causa del caos dovuto alla normativa che non da alcuna certezza, non possono effettuare investimenti e, in caso di gara pubblica, non sarebbero tutelati in alcun modo.
Le gare non sono un nemico dell’imprenditore balneare, anzi, se fatte con regole uniformi per tutto il territorio nazionale possono solo avvantaggiare i migliori imprenditori.
Noi vogliamo investire, fare il salto di qualità, ma con queste regole solo un folle potrebbe indebitarsi in quanto non si ha alcuna certezza che la prossima stagione si potrà lavorare.
Si pensi, inoltre, al caso dello smontaggio delle strutture, ogni anno buttiamo decine di migliaia di euro per smontare e rimontare le strutture, soldi che potrebbero essere spesi per migliorare la qualità dei servizi”.