Le pronunce del Tar lazio n. 139 e 140 del 2021 fra grandi speranze ed occasioni (di approfondimento) perdute.
Il Tar Lazio, tecnicamente, non ha accolto il ricorso presentato dai concessionari, anzi, lo ha respinto, dichiarandolo addirittura inammissibile ed ha compensato le spese legali. In realtà nel dar loro torto, in un certo senso ha dato loro ragione perchè ha affermato, per una serie di specifiche ragioni processuali, che non avevano alcun interesse a chiedere la stabilizzazione dei titoli concessori a tempo indeterminato in quanto al momento della proposizione del ricorso (2017) e, successivamente, in ragione dell’entrata in vigore delle altre proroghe fra cui quella contemplata dalla 145, i loro titoli erano (e sono) tuttora validi anche perchè il Comune di Anzio, in virtù della legge 145, validamente avrebbe rilasciato loro l’atto di estensione.
Tuttavia, a ben vedere la questione dell’attuale vigenza della 145 sembrerebbe essere stata affrontata dal TAR incidenter tantum, ovvero al solo fine di escludere, come detto, l’interesse ad agire e non già principaliter come invece avrebbe richiesto una diffusa e profonda argomentazione al riguardo che invero non v’è stata. Sintomatico, a tal proposito, è il mancato riferimento alle sentenze della Plenaria che denota una non completa conoscenza del tema o persino una neppure tanto celata e sconcertante confusione.
Con ciò non intendo sminuire la portata della importante pronuncia ma ben altre potrebbero ancora essere, per completezza dell’iter logico-argomentativo seguito dai giudici, le statuizioni da invocare a difesa della causa balneare.
Il legislatore pur essendo assolutamente libero nelle forme, se si limitasse a rendere i 2 decreti mancanti della 145 (che contiene già tutti gli elementi per il riordino della materia) risolverebbe la quasi totalità dei problemi dei concessionari.
L’unico motivo di allarme rinvenibile nella 145 risiede nel partenariato pubblico-privato, poichè, a seconda di come lo si vuole declinare, può essere la salvezza o il vero tallone d’achille della riforma.
Avv. Nicolò Maellaro