Di Enzo De Michele
Sommario: a) La corruzione delle Istituzioni europee e il “cold case” dei balneari italiani. – b) L’evoluzione “immanente” della legislazione nazionale di durata indeterminata delle concessioni demaniali marittime. – c) Il casus belli delle gare espletate dal Comune di Jesolo prima della scadenza (indeterminata) delle concessioni balneari. – d) Conclusioni: il revirement del Consiglio di Stato con la sentenza n.3240/2024 e l’intervento prioritario del Governo per sanare la lesione ai diritti delle imprese balneari.
a) La corruzione delle Istituzioni europee e il “cold case” dei balneari italiani
1. E’ giunta tempestivamente in prossimità delle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo la notizia dell’inchiesta giudiziaria aperta (già dal 2022) prima dalla Procura di Bruxelles e poi dalla Procura europea (l’EPPO: European Public Prosecutor’s Office) sul caso “Pfizergate”, sulla condotta della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, ai tempi dell’acquisto dei vaccini durante la pandemia di coronavirus nel 2020.
1.1. Oggetto dell’indagine sono alcuni contatti informali avvenuti tramite sms tra von der Leyen e l’amministratore delegato del colosso farmaceutico Pfizer, Albert Bourla, prima della maxi-commessa di vaccini contro il Covid. Quelle trattative informali avrebbero contribuito alla stesura di un contratto da 1,8 miliardi di dosi di vaccino per i 27 Stati membri, il più grande appalto mai concluso dall’Unione europea.
1.2. Secondo il lobbista denunciante Baldan, durante la pandemia von der Leyen avrebbe agito al di fuori dei trattati Ue e al di là del suo mandato per conto degli Stati membri, compreso il Belgio, mentre negoziava i contratti per i vaccini.
2. L’allora Governo Draghi, come è noto, per sostenere la linea von der Leyen e la massima diffusione del vaccino Pfizer optò per la linea dell’obbligatorietà del vaccino, impedendo qualsiasi misura alternativa di protezione del lavoratore, costretto, in caso di rifiuto a vaccinarsi, alla sospensione dell’attività lavorativa senza nessun reddito, con provvedimenti normativi che sono stati avallati sia dal Consiglio di Stato sia dalla Corte costituzionale.
2.1. In realtà, la sperimentazione italiana sulla vaccinazione anticovid obbligatoria trovava un ostacolo giuridico insormontabile nel considerando 36 del regolamento (UE) 2021/953 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2021, su un quadro per il rilascio, la verifica e l’accettazione di certificati interoperabili di vaccinazione, di test e di guarigione in relazione alla COVID-19 (certificato COVID digitale dell’UE) per agevolare la libera circolazione delle persone durante la pandemia di COVID-19, che vietava la discriminazione delle persone che sceglievano di non vaccinarsi e, quindi, avrebbe dovuto impedire anche in Italia la obbligatorietà della vaccinazione di un vaccino (ancora oggi) sperimentale.
2.2. In aiuto al Governo Draghi è allora intervenuta la Commissione europea che, nella sua versione iniziale in lingua italiana pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il 15 giugno 2021, ha espunto dal considerando 36 del regolamento 2021/953, alla fine della sua prima frase, l’espressione «o hanno scelto di non essere vaccinate», presente invece in tutte le altre versioni linguistiche del regolamento sul Green pass.
2.3. L’incredibile omissione fu segnalata dall’europarlamentare italiano Pedicini il 1° luglio 2021 e rettificata dalla Commissione Ue nella versione in lingua italiana del regolamento 2021/953, pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il 5 luglio 2021.
2.4. Il Governo italiano, invece, ha proceduto nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana del 12 agosto 2021 alla pubblicazione del regolamento 2021/953 nella sua versione iniziale, senza la rettifica antidiscriminatoria.
2.5. Il dott. Meluzzi con atto depositato davanti al Tribunale dell’Unione il 14.10.2021 nella causa iscritta al n.T-655/21 ha presentato una domanda diretta ad ottenere l’annullamento parziale il considerando 36 del regolamento 2021/953, nella versione in lingua italiana pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea e ripubblicata senza modifiche nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana (GURI – 2ª serie speciale n. 63, del 12 agosto 2021), nella parte in cui non estende il divieto di discriminazione nei confronti di chi non intende vaccinarsi contro la COVID-19, provocando un effetto discriminatorio nei suoi confronti, tenuto conto dell’obbligo che sarebbe gravato sul ricorrente di farsi vaccinare al fine di proseguire le sue attività professionali di medico.
2.6. Il Tribunale dell’Unione – VIII Sezione con ordinanza del 10 dicembre 2021 nella causa T-655/21 ha dichiarato inammissibile il ricorso, ritenendo da un lato che il preambolo di un regolamento non abbia alcuna validità giuridica e dall’altro che l’impugnativa fosse tardiva rispetto alla già avvenuta rettifica nella Gazzetta ufficiale dell’Unione, anche se non riportata nella Gazzetta ufficiale italiana.
3. Ben venga dunque l’inchiesta sul Pfizergate della Procura europea, che segue lo scandaloso affidamento ad Amsterdam della sede dell’Agenzia europea del farmaco, che Milano (con il Pirellone già pronto) avrebbe dovuto aggiudicarsi secondo le regole e non secondo l’indecente e oscuro sorteggio inventato dalla Commissione europea a favore degli olandesi, che non avevano approntato neanche una sede provvisoria.
3.1. Come è noto, l’Agenzia europea dei medicinali EMA si è insediata ed è diventata operativa soltanto il 4 febbraio 2020 nella sede definitiva dello stabile Vivaldi di Amsterdam, ben oltre il termine del 15 novembre 2019 fissato per l’inizio della nuova gestione olandese. Pertanto, neanche l’EMA è stata in grado di proteggere e promuovere la salute dei cittadini dell’Unione, valutando e monitorando i medicinali utili per combattere Covid-19, rilasciando tempestivamente le autorizzazioni uniche al commercio nel territorio Ue. A causa della mancata illegittima assegnazione della sede EMA a Milano, il territorio regionale della Regione Lombardia e l’intero territorio nazionale sono stati privati di un importantissimo presidio di diretta prevenzione dell’epidemia da COVID-19.
3.2. La Grande Sezione della Corte di giustizia con due contestuali sentenze del 14 luglio 2022 la prima nelle cause riunite C-59/18 e C-182/18 e la seconda nelle cause riunite C‑106/19 e C‑232/19 ha rigettato i ricorsi presentati dal Governo italiano e dal Comune di Milano avverso l’assegnazione della sede dell’EMA ad Amsterdam, a distanza di oltre quattro anni dall’instaurazione del contenzioso.
3.3. Nel corso del giudizio, incredibilmente, con ordinanza del 2 maggio 2018 (EU:C:2018:306) il Vicepresidente italiano della Corte di giustizia Antonio Tizzano (che cesserà le sue funzioni il 7 ottobre 2018), si è sostituito al Presidente Lenaerts nella causa C-182/18 Comune di Milano, per respingere, sentito inspiegabilmente il solo Avvocato generale belga Wathelet (anch’egli destinato a cessare le funzioni in data 7 ottobre 2018) le istanze di intervento presentate sia dalla Federazione Italiana Industria Chimica e dalle altre Associazioni sia dalla Regione Lombardia.
3.4. Ignorando la precedente ordinanza del 2 maggio 2018 del Vicepresidente italiano, nella stessa causa C-182/18 Comune di Milano, il Presidente Lenaerts, vista la proposta del Giudice relatore Fernlund e sentito l’Avvocato generale Bobek (non l’Avvocato generale Wathelet che, appunto, non poteva essere designato A.G. di una causa che si sarebbe verosimilmente protratta
dopo la sua cessazione dalle funzioni), con ordinanza dell’11 giugno 2018 (EU:C:2018:445) ha accolto l’istanza di intervento della Regione Lombardia presentata in 14 marzo 2018.
3.5. Incredibilmente, ignorando l’ordinanza presidenziale dell’11 giugno 2018 che aveva ammesso l’intervento della Regione Lombardia e aveva individuato sia l’Avvocato generale competente per la causa (Bobek) sia il Giudice relatore (Fernlund), il Vicepresidente italiano, sempre accompagnato dall’Avvocato generale Wathelet, ha avocato a sé la decisione sull’adozione dei provvedimenti provvisori richiesti dal Comune di Milano nella causa C-182/18, che ha respinto con ordinanza del 2 luglio 2018 (EU:C:2018:524), senza integrare il contraddittorio con la Regione Lombardia, il cui intervento era stato ammesso dall’ordinanza presidenziale dell’11 giugno 2018 nella stessa causa, e invece estendendo il contraddittorio alla Repubblica italiana che, invece di chiedere la sospensione del provvedimento impugnato nel giudizio C-59/18 in cui era parte ricorrente, ha preferito con istanza del 14 maggio 2018 semplicemente intervenire nella causa C-182/18 a sostegno delle conclusioni del Comune di Milano.
3.6. Nella sentenza del 14 luglio 2022 nelle cause riunite C-59/18 e C-182/18, a distanza di oltre quattro anni dal contrasto tra l’attuale Presidente e l’allora Vice Presidente della Corte di giustizia, la Grande Sezione ignorerà l’ordinanza del 2 maggio 2018 (EU:C:2018:306) del Vice Presidente della Corte Ue nella ricostruzione dei fatti processuali.
3.7. In conclusione, si trova sempre qualche italiano pronto ad ostacolare nelle Istituzioni europee la soddisfazione di legittimi diritti ed interessi delle pubbliche amministrazioni e delle imprese nazionali, in questo caso nella persona dello stesso Giudice che ha composto (impropriamente, cioè al di fuori della prassi della Corte di giustizia) il Collegio lussemburghese a 5 Giudici della sentenza del 14 luglio 2016 nelle cause riunite C-458/14 e C-67/15 Promoimpresa (EU:C:2016:558), la peggiore decisione mai adottata dalla Corte Ue in materia di proroghe legislative della durata delle concessioni demaniali marittime e lacuali, considerate illegittime dopo che la stessa Corte aveva escluso l’applicazione della direttiva 2006/123/CE per le concessioni demaniali, considerate concessioni di beni e non di servizi (sentenza Promoimpresa, punti 44-48).
4. Così come sono stati italiani alcuni dei protagonisti della vicenda “Qatargate”, fenomeno corruttivo che ha colpito profondamente il Parlamento europeo.
5. Quindi, che la Commissione europea possa aver sbagliato anche sulle concessioni balneari, discriminando ingiustificatamente i concessionari italiani rispetto a quelli spagnoli e portoghesi, rappresenta un dato prognostico e presuntivo molto prossimo alla certezza, considerato anche il fatto che il ruolo dell’Istituzione Ue sul piano interpretativo del diritto dell’Unione è praticamente inesistente quando il comportamento della Commissione Ue è caratterizzato dalla ineffettività delle procedure di infrazione concluse con il parere motivato o rimaste allo stato di lettera di messa in mora, senza alcuna cadenza temporale obbligatoria per rivolgersi alla Corte di giustizia con ricorso per inadempimento.
6. Le due procedure di infrazione promosse dalla Commissione Ue sulla mancata applicazione della direttiva Bolkestein ai concessionari balneari italiani rappresentano il “cold case” (sono 16 anni che va avanti questa pantomima) più inquietante dell’allontanamento dell’Istituzione Ue dai suoi compiti di garante imparziale della corretta applicazione dei Trattati europei, foriero di possibili fenomeni corruttivi in danno della certezza del diritto e della tutela delle piccole imprese turistico-balneari italiane, quindi in violazione della sovranità nazionale, del diritto dell’Unione, della Costituzione italiana e della legislazione interna.
6.1. Come più volte sottolineato, la Commissione europea ha provocato una gravissima crisi dell’ordinamento interno per lo scontro tra le più alte istituzioni politiche e giudiziarie, con il paradosso di alcuni Comuni (Jesolo, Rimini, Genova, Venezia, ad esempio) o di alcune Regioni (Sardegna e Basilicata) che, invasi dallo spirito di crociata antibalneari promosso prima dalla Cassazione penale e poi dal Consiglio di Stato in nome di una libertà di concorrenza che in Europa nessuno applica nel settore – su input della Commissione Ue per la presunta necessità di adeguamento agli obblighi comunitari attraverso lo strumento eccezionale della disapplicazione delle norme interne – hanno giocato o giocano a sostituirsi al legislatore nazionale come neocostituite Repubbliche sul modello di quella San Marino.
6.2. I primi effetti devastanti della eversiva Commissione von der Leyen sono quelli che emergono dal caso delle gare già espletate dal Comune di Jesolo, per assegnarle a nuovi concessionari.
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b) L’evoluzione “immanente” della legislazione nazionale di durata indeterminata delle concessioni demaniali marittime
7. Il caso delle gare bandite dal Comune di Jesolo per il subentro di nuovi concessionari balneari senza indennizzo per i concessionari uscenti è emblematico del degrado provocato dalla scellerata azione della Commissione europea sulle istituzioni pubbliche nazionali, anche perché, come in un caleidoscopio, ci aiuta a ripercorrere l’evoluzione della legislazione nazionale sulla complessa questione.
8. Il decreto legge n.400/1993 (convertito con modificazioni dalla legge n.494/1993) ha modificato la disciplina delle concessioni demaniali marittime regolate (ancora attualmente) dal codice della navigazione, andando innanzitutto a definirne la nozione.
8.1. L’art.01 comma 1 del d.l. n.400/1993 prevede ancora che la concessione dei beni demaniali marittimi può essere rilasciata, oltre che per servizi pubblici e per servizi e attività portuali e produttive, per l’esercizio delle seguenti attività: a) gestione di stabilimenti balneari; b) esercizi di ristorazione e somministrazione di bevande, cibi precotti e generi di monopolio; c) noleggio di imbarcazioni e natanti in genere; d) gestione di strutture ricettive ed attività ricreative e sportive; e) esercizi commerciali; f) servizi di altra natura e conduzione di strutture ad uso abitativo, compatibilmente con le esigenze di utilizzazione di cui alle precedenti categorie di utilizzazione.
8.2. L’art.01 comma 2 del decreto legge n. 400 del 1993, nel testo modificato dall’art.10 comma 1 della legge n.88/2001 e in vigore fino al 16 gennaio 2012, prevedeva il rinnovo automatico delle concessioni demaniali marittime in essere di sei anni in sei anni, salvo la revoca di cui all’art.42 cod.nav.: «2. Le concessioni di cui al comma 1, indipendentemente dalla natura o dal tipo degli impianti previsti per lo svolgimento delle attività, hanno durata di sei anni. Alla scadenza si rinnovano automaticamente per altri sei anni e così successivamente ad ogni scadenza, fatto salvo il secondo comma dell’articolo 42 del codice della navigazione.».
8.3. L’art.02 comma 1 del decreto legge n.400/1993 nel testo originario in vigore fino al 27 febbraio 2010 ha modificato la disciplina dell’art.37 comma 2 del cod.nav., prevedendo testualmente: «Al fine della tutela dell’ambiente costiero, per il rilascio di nuove concessioni demaniali marittime per attività turistico- ricreative è data preferenza alle richieste che importino attrezzature non fisse e completamente amovibili. È altresì data preferenza alle precedenti concessioni, già rilasciate, in sede di rinnovo rispetto alle nuove istanze.».
9. Con il trasferimento alle Regioni e ai Comuni delle competenze in materia di gestione delle concessioni demaniali marittime, la Regione Veneto all’art.54 della legge regionale 4 novembre 2002 n.33 ha disciplinato fino al 15 febbraio 2010 il “Concorso e rinnovo di concessioni”, in conformità alla vigente legislazione nazionale.
9.1. L’art.94 della legge della Regione Veneto n.33/2002 prevede che gli allegati alla legge in materia di disciplina degli operatori turistici possono essere modificati con delibera di Giunta regionale. L’allegato S/3 alla predetta legge regionale disciplina(va) in senso sostanzialmente conforme alla normativa statale il “Rilascio, rinnovo e variazione delle concessioni e criteri di valutazione delle domande sul demanio marittimo a finalità turistica”.
10. Peraltro, la legislazione ordinaria italiana ha regolamentato con il codice della navigazione e con la legislazione speciale (d.l. 400/1993 o legge n.494/1993) le concessioni demaniali marittime come concessioni di beni demaniali e non di lavori o di servizi e, quindi, le cdm non sono mai state disciplinate come appalti pubblici di lavori o di servizi e non rientrano espressamente nell’attuale disciplina del codice dei contratti pubblici.
10.1. In particolare, il d.lgs. 18 aprile 2016 n.50 (codice dei contratti pubblici) ha recepito le direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25 e, coerentemente, all’art.17 comma 1 lettera a) ha escluso l’applicazione delle disposizioni del codice dei contratti pubblici «agli appalti e alle concessioni di servizi: a) aventi ad oggetto l’acquisto o la locazione, quali che siano le relative modalità finanziarie, di terreni, fabbricati esistenti o altri beni immobili o riguardanti diritti su tali beni», ripetendo le analoghe previsioni dell’art. 19 del d.lgs. n.163/2006 e dell’art.5 comma 2 lettera a) del d.lgs. n.157/1995.
10.2. L’art.56 comma 1 lettera e) del d.lgs. 31 marzo 2023 n.36 (nuovo codice dei contratti pubblici) a decorrere dal 1° luglio 2023, con l’abrogazione del d.lgs. n.50/2016, ha sostituito con identica formulazione l’art.17 comma 1 lettera a) del codice dei contratti pubblici, elevando, sempre con decorrenza dal 1.7.2023, all’art.14 comma 1 lettera a) del nuovo decreto fino ad euro 5.382.000 la soglia di rilevanza europea degli appalti pubblici di lavori e per le concessioni.
11. La scelta “aggressiva” della Commissione europea di applicare alle concessioni demaniali marittime la direttiva Bolkestein fin dalla pubblicazione della direttiva servizi sulla G.U.C.E. (28 dicembre 2006) e tre anni prima della sua entrata in vigore (28 dicembre 2009) è legata esclusivamente alla opzione del Governo Prodi di introdurre con l’art.1 commi 253 della legge finanziaria n.296/2006, con decorrenza dal 1° gennaio 2007, l’art.03 comma 4-bis del d.l. n.400/1993, neutralizzando – con un termine di durata massima di venti anni in ragione dell’entità e della rilevanza economica delle opere da realizzare e sulla base dei piani di utilizzazione delle aree del demanio marittimo predisposti dalle regioni – la proroga automatica e illimitata di cui all’art.01 comma 2 dello stesso decreto legge.
11.1. Nel testo della legge finanziaria approvato alla Camera, come risulta dal relativo dossier, l’originaria formulazione del nuovo comma introdotto – art.03 comma 4-bis d.l. n.400/1993 – prevedeva soltanto una durata compresa tra sei e cinquanta anni delle concessioni demaniali marittime, che non escludeva il diritto di precedenza di cui all’art.37 comma 2 cod.nav. ed era coerente con altra norma inserita nella legge finanziaria per il 2007 – art.1 comma 259 della legge n.296/2006 -, che prevede un periodo non superiore a cinquanta anni della concessione o della locazione a privati, a titolo oneroso, di beni immobili di proprietà dello Stato, ai fini della riqualificazione e riconversione dei medesimi beni tramite interventi di recupero, restauro, ristrutturazione anche con l’introduzione di nuove destinazioni d’uso finalizzate allo svolgimento di attività economiche o attività di servizio per i cittadini.
12. Inoltre, con l’art.1 comma 251 della legge n.296/2006 è stato modificato l’art.03 comma 1 del d.l. n.400/1993, introducendo canoni demaniali variabili in ragione della categoria del bene assegnato e della tipologia di area coperta o scoperta.
13. Questa scelta politica nazionale incongrua e lesiva dei diritti fondamentali dei concessionari balneari ha consentito l’individuazione di un interesse economico transfrontaliero certo con conseguente estensione dell’interpretazione della Corte di giustizia anche a situazioni puramente interne qualora le norme nazionali, la cui validità è in discussione, siano potenzialmente in grado di produrre effetti su cittadini o imprese di altri Stati membri.
14. Viceversa, in settori in cui chiaramente già si applica(va) il diritto dell’Unione e la disciplina europea in materia di appalti pubblici di lavori o di servizi, come per le concessioni autostradali, il Governo Prodi ha operato contestualmente una restrizione della libertà di stabilimento e della libertà di concorrenza, con proroghe illimitate incoerenti con gli obblighi comunitari di indire gare pubbliche.
15. E’ dunque responsabilità interna del legislatore nazionale se la Commissione Ue, per quanto riguarda la disciplina della durata delle concessioni demaniali marittime, è sempre stata in antitesi al diritto dell’Unione (non) applicabile alla materia sia per quanto riguarda le norme primarie del Trattato per il funzionamento dell’Unione europea (TFUE) sia per quanto riguarda il c.d. diritto derivato e, in particolare, la direttiva servizi 2006/123/CE (c.d. Direttiva Bolkestein).
16. Dopo la segnalazione AS481 del 20.10.2008 dell’AGCM, la Commissione Ue ha censurato la disciplina italiana delle concessioni demaniali marittime regolata dal codice della navigazione, avviando la procedura di infrazione n. 2008/4908 nei confronti dell’Italia con lettera di messa in mora del 2.2.2009, con cui si contestava l’incompatibilità del modello concessorio con il diritto comunitario e, in particolare, con il principio della libertà di stabilimento e di libertà di concorrenza sancito dall’art. 49 TFUE, che, in realtà, ai sensi dell’art.50 TFUE, non operava fino a quando la norma primaria del Trattato non fosse stata recepita da una direttiva specifica di armonizzazione idonea a regolare il settore, e la cui applicazione era comunque esclusa dall’art. 51 TFUE e dall’art.195 TFUE per il settore turismo.
17.Senza nessuna “resistenza” rispetto alla mera lettera di messa in mora della Commissione europea del 2.2.2009, il Governo Berlusconi con l’art.1 comma 18 del d.l. “milleproroghe” 30 dicembre 2009 n.194 (convertito con modificazioni dalla legge n.25/2010) ha abrogato il diritto di insistenza previsto dall’art.37 comma 2 2° periodo cod.nav. e ha prorogato dapprima al 31.12.2012 e poi, in sede di conversione della norma, al 31.12.2015 il termine di durata delle concessioni balneari in essere alla data di entrata in vigore del decreto (30.12.2009), sempre nel rispetto del termine massimo di durata ventennale della concessione.
18. Come riviene dalla lettera di messa in mora complementare del 5.5.2010 nella procedura di infrazione n. 2008/4908 la Commissione Ue è ben consapevole che la procedura di infrazione non avrebbe potuto trovare giustificazione nella direttiva Bolkestein, non essendo scaduto, quando la procedura di infrazione ha avuto inizio, il termine per il recepimento del 28.12.2009.
18.1. Soltanto con la diffida complementare la Commissione Ue lamenta anche la violazione dell’art.12 della direttiva 2006/123/CE, evidenziando che, lo Stato italiano, nelle more di una preannunciata riforma del settore delle concessioni demaniali marittime con finalità turistico ricreative, con l’art. 1, comma 18, del d.l. 194/2009 ha abrogato il cd. diritto di insistenza del concessionario, e ha disposto una proroga delle concessioni in essere dapprima fino al 31 dicembre 2012, successivamente in sede di conversione fino al 31 dicembre 2015, contestando l’eccessiva durata della proroga di sei anni.
19. Nessuna procedura di infrazione è stata iniziata dalla Commissione Ue fino al 2022 nei confronti di Portogallo e Spagna, che avevano una situazione di durata delle concessioni demaniali marittime sostanzialmente a tempo indeterminato (75 anni) e, per quanto riguarda il Portogallo, anche il diritto di insistenza del precedente concessionario.
19.1. Infatti, ai “proprietari” di beni realizzati in aree costiere prima del 1988, cui la legge spagnola (Ley de costas) ha riconosciuto prima una concessione trentennale e, successivamente, con il benestare della Commissione Europea (cfr. comunicato stampa del 3 agosto 2012), una proroga della stessa per un periodo oscillante (a seconda della tipologia della concessione) tra i trenta e i settantacinque anni.
19.2. Addirittura la disciplina in materia di concessioni demaniali marittime vigente in Portogallo (Decreto legge 226-A/2007 del 31 maggio 2007, attuativo della Legge n. 58/2005 – Lei da Água) prevede che, alla scadenza della concessione, il precedente concessionario possa esercitare un diritto di prelazione nel momento in cui si procede alla riassegnazione del titolo (art. 21 comma 7). Inoltre, il comma 2 dell’articolo 35 dispone, peraltro, che, qualora il titolare della concessione originaria abbia realizzato investimenti addizionali rispetto a quelli in origine previsti e venga dimostrato che non è stato possibile recuperare il valore di tali investimenti, egli possa richiedere all’autorità competente o il rimborso degli investimenti non recuperati o la proroga della concessione per un periodo massimo di 75 anni.
20. A seguito dell’art. 41 della legge delega n. 88/2009 è intervenuto il d.lgs. 26 marzo 2010 n. 59, di formale recepimento della direttiva 2006/123/CE.
21. Un mese dopo l’insediamento del Governo Monti, l’art.11 comma 1 della legge 15 dicembre 2011 n.217 (recante “Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee – Legge comunitaria 2010”) alla lettera a) ha disposto l’abrogazione dell’art.01 comma 2 del d.l. n.400/1993, che prevedeva la proroga automatica illimitata di sei anni in sei anni di tutte le concessioni demaniali marittime, «al fine di chiudere la procedura di infrazione n. 2008/4908 avviata ai sensi dell’articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, nonché al fine di rispondere all’esigenza degli operatori del mercato di usufruire di un quadro normativo stabile che, conformemente ai principi comunitari, consenta lo sviluppo e l’innovazione dell’impresa turistico-balneare-ricreativa».
21.1. Lo stesso art.11 della legge n.217/2011 al comma 2 ha inoltre delegato il Governo ad emanare, entro il 17 aprile 2013, un decreto legislativo avente ad oggetto la revisione e il riordino della legislazione relativa alle concessioni demaniali marittime.
22. La Commissione europea ha disposto il 27 febbraio 2012 l’archiviazione della procedura di infrazione n.2008/4908, ritenendo alla fine congruo il termine di proroga di sei anni (fino al 31.12.2015) per l’approvazione di una normativa di riordino del settore e di attuazione della direttiva Bolkestein.
23. Il Governo Monti – evidentemente impressionato negativamente dal comunicato stampa della Commissione europea del 3 agosto 2012 che aveva elogiato la legislazione spagnola di proroga fino a settantacinque anni delle concessioni demaniali marittime – con l’art. 34-duodecies del c.d. “decreto sviluppo” n. 179/2012, convertito con modificazioni dalla legge n. 221/2012, ha disposto la proroga al 31.12.2020 del termine delle concessioni con finalità turistico ricreative in scadenza al 31.12.2015, previsto dall’originario testo art.1 comma 18 del d.l. n.194/2009.
24. Contestualmente, il Governo Monti con l’art. 1 comma 547 della legge 24 dicembre 2012 n.228 (legge di stabilità 2013) ha esteso le previsioni dell’art. 1, comma 18, d.l. n. 194/2009, come più volte modificato, alle concessioni con finalità sportive e alle concessioni per porti turistici, approdi e punti di ormeggio riservati alla nautica da diporto. Inoltre, la medesima disciplina è stata estesa alle concessioni sul demanio lacuale e fluviale.
25. Sempre contestualmente, il Governo diretto dall’ex Commissario europeo alla concorrenza ha fatto approvare la nuova legge quadro comunitaria del 24 dicembre 2012 n.234, recante “Norme generali sulla partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea”, che implica anche un più attento controllo delle Camere sulle procedure di infrazione attivate dalla Commissione Ue ai sensi dell’art.258 TFUE, con livelli informativi che però non sono mai stati attivati dal Governo.
26. A questo punto una domanda va posta: l’abrogazione dell’art.01 comma 2 del d.l. n.400/1993 con decorrenza dal 16 gennaio 2012 ha inciso anche sulla durata delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) dell’art.01 comma 1 del d.l. n.400/1993 già iniziate sulla base della disciplina successivamente abrogata?
26.1. Se consideriamo che la durata delle concessioni di beni demaniali non entra nel campo di applicazione del codice dei contratti pubblici assolutamente no, e questo viene confermato dal successivo prolungamento fino al 31.12.2020 della durata di tutte le concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative, con esclusione di quelle per finalità residenziale ed abitativa di cui all’art.01 comma 1 lettera f) del d.l. n.400/1993 che, con l’abrogazione dell’art.01 comma 2 del d.l. n.400/1993, sarebbero rimaste prive ex abrupto di regolamentazione della durata, pur non entrando sicuramente nel campo di applicazione della direttiva servizi.
26.2. Nè il Governo dell’europeista Monti si è mai sognato di dare attuazione alla delega di riordino del settore entro il 17 aprile 2013, come previsto dall’art.11 comma 2 della legge n.157/2011, anzi, come anticipato, è andato contro i desiderata della Commissione europea prolungando fino al 31.12.2020 la durata di tutte le concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative, senza che per ben otto anni l’Istituzione europea di cui il prof. Monti era stato apprezzato Commissario si sia sognata di riaprire una procedura di infrazione, evidentemente iniziata nel 2008 senza che ve ne fossero i presupposti.
26.3. La controprova dell’ultrattività della disciplina dell’art.01 comma 2 del d.l. n.400/1993 delle proroghe automatiche di sei anni in sei anni di tutte le concessioni demaniali marittime iniziate prima della ingiustificata abrogazione della norma la ritroviamo in relazione ai due successivi interventi normativi di proroghe delle cdm per finalità residenziale e abitativa (escluse dal regime di proroghe previsto dall’art.1 comma 18 del d.l. n.194/2009).
26.4. L’art.7 comma 9-duodevicies del d.l. n.78/2015 (convertito con modificazioni dalla legge n.125/2015) ha inizialmente previsto che le utilizzazioni delle aree di demanio marittimo per finalità diverse da quelle turistico-ricreative, di cantieristica navale, pesca e acquacoltura, in essere al 31 dicembre 2013, sono prorogate fino alla definizione del procedimento di cui al comma 9-septiesdecies dello stesso articolo e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2017.
26.5. Successivamente, l’art.1 comma 684 della legge n.145/2018 ha previsto che le concessioni delle aree di demanio marittimo per finalità residenziali e abitative, già oggetto di proroga ai sensi dell’art.7 comma 9-duodevicies del d.l. n.78/2015, hanno durata di quindici anni a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria per il 2019 e, quindi, fino al 31.12.2033. Questo comma è sopravvissuto all’abrogazione disposta dalla legge n.118/2022 relativamente alla disciplina della proroga delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative di cui all’art.1 commi 682-683 della legge n.145/2018.
26.6. Se, in violazione dell’art.11 delle preleggi, si dovesse ipotizzare con l’abrogazione dal 16 febbraio 2012 dell’art.01 comma 2 del d.l. n.400/1993 una perdita immediata di efficacia delle concessioni demaniali marittime per finalità residenziali e abitative, che sicuramente non sono mai rientrate nella direttiva Bolkestein, neanche le successive proroghe del 2015 e del 2018 potrebbero sanare la situazione di occupazione senza titolo del demanio pubblico.
26.7. Ne consegue che anche per le concessioni demaniali marittime turistico-ricreative iniziate prima del 16 febbraio 2012 la durata indeterminata costituisce ancora la regola da applicare, confermata dapprima dalla proroga legislativa fino al 31 dicembre 2033 prevista dall’art.1 commi 682-683 della legge n.145/2018 e, attualmente, da quella a tempo indeterminato prevista dal combinato disposto dell’art.3 comma 1 e 3 e dell’art.4 comma 4-bis della legge n.118/2022 nonché dell’art.10-quater comma 3 1° capoverso del d.l. n.198/2022, convertito dalla legge n.14/2023.
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c) Il casus belli delle gare espletate dal Comune di Jesolo prima della scadenza (indeterminata) delle concessioni balneari
27. E caliamo ora la vigente legislazione nazionale sul caso Jesolo, quando a fine gennaio 2024 sono state assegnate tre nuove concessioni demaniali marittime nel territorio comunale, dopo l’espletamento di gare per il rinnovo delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative ritenute scadute al 31.12.2023, bandite dalla Giunta municipale con delibera n.311 del 14.11.2023 non reperita sull’albo pretorio: gare non previste dal codice dei contratti pubblici e dal codice della navigazione e vietate dall’art.10-quater comma 3 1° capoverso del d.l. n.198/2022 anche per la durata indeterminata delle concessioni balneari, che beneficiano comunque della proroga automatica fino al 31.12.2024 di cui all’art.3 comma 1 della legge n.118/2022.
28. Con il parere n.AS1930 del 12.12.2023 sulle procedure di affidamento delle concessioni demaniali marittime avviate dal Comune di Jesolo (v.pagg. 32-34 del Bollettino AGCM n.49/2023), l’AGCM, nell’avallare le procedure di gara avviate dal Comune veneto al di fuori del quadro normativo interno che vieta le procedure di affidamento di nuove concessioni balneari, ha riaffermato la cogenza delle sentenze n.17 e del 18 del 2021 dell’Adunanza plenaria, svuotando di pratico significato la sentenza n.32559/2023 delle Sezioni unite con la seguente incredibile e manipolatrice motivazione: «Appare opportuno precisare che la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con la sentenza del 23 novembre 2023, n. 32559,nel cassare con rinvio al Consiglio di Stato la sentenza dell’Adunanza plenaria n. 18/2021 per diniego o rifiuto di giurisdizione, ha rigettato la richiesta di enunciare “i principi di diritto nell’interesse della legge sulle questioni trattate nei restanti motivi assorbiti, sulle quali spetterà al Consiglio di stato pronunciarsi nuovamente, anche alla luce delle sopravvenienze legislative, avendo il Parlamento e il Governo esercitato, successivamente alla sentenza impugnata, i poteri legislativi loro spettanti”.».
28.1. Il parere contra legem dell’AGCM ha trovato seguito nella giurisprudenza del Consiglio di Stato dapprima con la sentenza del 27 dicembre 2023 n.11200 e poi con le sentenze del 19 marzo 2024 nn.2662, 2664 e 2669, che hanno ribadito la cessazione ope iudicis della durata di tutte le concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative al 31.12.2023, come disposto dall’art.3 comma 1 della legge n.118/2022 nel testo previgente.
28.2. Secondo il Consiglio di Stato e l’AGCM, dunque, in violazione del principio di legalità e di irretroattività della norma più sfavorevole o della sua ultrattività, le concessioni balneari sono cessate di validità il 31 dicembre 2023 e, in base alla giurisprudenza attuale dei Giudici di Palazzo Spada (cfr. Consiglio di Stato, ordinanza di rinvio pregiudiziale n.8010/2022 nella causa C-518/22), vi sarebbe l’immediato incameramento al demanio statale delle opere non amovibili già di proprietà dei concessionari “uscenti” ex art.49 cod.nav., e dal 1° gennaio 2024 si avrebbe un’occupazione abusiva di suolo pubblico, salvo che il Comune competente abbia disposto la proroga tecnica di cui all’art.3 comma 3 della legge n.118/2022 nel testo previgente.
29. Questa posizione interpretativo-legislativa – incostituzionale e insensata – di Autorità pubbliche che non hanno alcun potere normativo e impositivo di regole primarie a tutte le pubbliche amministrazioni e a tutti gli operatori economici del settore provocherebbe, paradossalmente, se per assurda ipotesi fondata, l’effetto di restituire senza soluzione di continuità e sempre a tempo indeterminato il legittimo possesso del demanio marittimo agli attuali concessionari (“uscenti” ma già “rientranti”), in virtù dell’applicazione dell’art.37 commi 1 e 2 del cod.nav., che testualmente ancora dispongono in materia di “concorso di più domande di concessione”: «1. Nel caso di più domande di concessione, è preferito il richiedente che offra maggiori garanzie di proficua utilizzazione della concessione e si proponga di avvalersi di questa per un uso che, a giudizio dell’amministrazione, risponda ad un più rilevante interesse pubblico. 2. Al fine della tutela dell’ambiente costiero, per il rilascio di nuove concessioni demaniali marittime per attività turistico-ricreative è data preferenza alle richieste che importino attrezzature non fisse e completamente amovibili.».
29.1. Senza dubbio, i concessionari uscenti non solo assicurano rispetto ai nuovi richiedenti maggiori garanzie di proficua utilizzazione della concessione avendola già gestita per molti anni (art.37 comma 1 cod.nav.), ma avrebbero anche la preferenza perché, spogliati delle attrezzature fisse o di difficile rimozione incamerate al demanio statale (anche se lo Stato proprietario non lo sa, perché ritiene che per la legislazione ordinaria le concessioni balneari siano a tempo indeterminato e non siano scadute), essi sarebbero proprietari soltanto di attrezzature non fisse e completamente amovibili (art.37 comma 2 cod.nav.).
29.2. Vedremo che la recentissima sentenza del 9.4.2024 n.3240 del Consiglio di Stato (v. infra) è intervenuta a confermare questa tesi, che esclude l’obbligo di evidenza pubblica e pretende la continuità aziendale in capo al concessionario uscente in caso di rinnovo della concessione quando la gestione del demanio marittimo preveda solo opere di facile rimozione.
30. E’ chiaro dunque che la Giunta comunale di Jesolo e i funzionari comunali che hanno consentito l’espletamento di gare vietate dalla legge sono incorsi nella fattispecie delittuosa della corruzione propria di cui all’art.319 c.p., con l’aggravante prevista dall’art.319 bis c.p., per atti contrari ai doveri d’ufficio (espletamento di gare pubbliche vietate dalla legge e riconoscimento del legittimo possesso delle concessioni “uscenti”) per favorire terzi (i concessionari subentranti all’esito di gare vietate), oltre alla commissione di tutti i reati contro il patrimonio per aver disposto l’illegittimo esproprio senza indennizzo dei beni immobili di proprietà dei concessionari storici su suolo demaniale che non appartiene ai Comuni, ma allo Stato.
30.1. Né vi sarebbe l’esimente dell’art.51 c.p. di aver ottemperato ad un ordine legittimo dell’autorità pubblica, in quanto né la Commissione europea, né l’AGCM, né il Consiglio di Stato rientrano nella nozione di autorità pubblica che possa dare ordini alle pubbliche amministrazioni concedenti in subiecta materia, anche perché l’ordine è comunque illegittimo per contrasto con il diritto dell’Unione e la Costituzione nazionale, oltre che con la legislazione ordinaria.
31. Né il Comune di Jesolo può invocare, come ha fatto, l’applicazione della legge della Regione Veneto n.33/2002 e, in particolare, della regolamentazione della procedura per l’assegnazione di nuova concessione di cui all’Allegato S/3, perché l’art.54 comma 1 della stessa legge regionale rimanda per quanto riguarda la durata delle concessioni balneari alla legislazione nazionale (legge n.494/1993 e successive modifiche ed integrazioni), che appunto attualmente consente l’uso indeterminato delle concessioni in corso.
32. A tal proposito, è utile rappresentare l’evoluzione della legislazione regionale del Veneto a causa dell’illegittima iniziativa della Commissione europea con la prima procedura di infrazione del 2008.
33. Infatti, dopo l’art.1 comma 18 della legge n.194/2009, la Regione Veneto con l’art.3 comma 1 della legge regionale 16 febbraio 2010 n.13 ha modificato anche nel titolo (“Procedura comparativa in materia di concessioni”) l’art.54 della legge regionale n.33/2002 con la seguente nuova formulazione che, in caso di rinnovo delle concessioni per scadenza del termine, ha previsto un indennizzo per i concessionari uscenti.
33.1. In relazione alla durata delle concessioni l’art.5 della stessa legge regionale n.13/2010 dettava una disciplina transitoria in materia di durata delle concessioni demaniali marittime a finalità turistico-ricreative.
33.2. La Corte costituzionale con la sentenza n.213/2011 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art.5 della legge regionale del Veneto n.13/2010, accogliendo il ricorso proposto dal Governo che muoveva dal presupposto dell’invasione della competenza esclusiva dello Stato sulla durata delle concessioni demaniali marittime.
33.3. Accogliendo la questione di legittimità incidentale sollevata dal Tribunale amministrativo regionale per il Veneto con ordinanza n. 143/2019, con sentenza n.222/2020 la Corte costituzionale ha altresì dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art.54 commi 2, 3, 4 e 5 della legge della Regione Veneto n.33/2002, in quanto condizionare il subentro nel rapporto concessorio al pagamento di un indennizzo in favore del concessionario uscente è un meccanismo che influisce sulle possibilità di accesso al mercato di riferimento e sulla uniforme regolamentazione dello stesso, potendo costituire, per le imprese diverse dal concessionario uscente, un disincentivo alla partecipazione al concorso che porta all’affidamento.
33.4. Per il Giudice delle leggi, le norme che stabiliscono i criteri e le modalità di affidamento delle concessioni demaniali marittime sono riconducibili alla competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione ed in siffatta competenza esclusiva le pur concorrenti competenze regionali trovano un limite insuperabile, poichè spetta unicamente allo Stato disciplinare in modo uniforme le modalità e i limiti della tutela dell’affidamento dei titolari delle concessioni già in essere nelle procedure di selezione per il rilascio di nuove concessioni.
34. Pertanto, dalle sentenze n.180/2010 e n.213/2011 della Corte costituzionale si è sviluppata una costante giurisprudenza del Giudice delle leggi, secondo cui la disciplina delle concessioni su beni demaniali marittimi investe diversi ambiti materiali, attinenti tanto alle competenze legislative statali quanto a quelle regionali (sentenze n. 157 e n. 40 del 2017) e, tuttavia, i criteri e le modalità di affidamento di tali concessioni debbono essere stabiliti nell’osservanza dei principi della libera concorrenza recati dalla normativa statale e dell’Unione europea, con conseguente loro attrazione nella competenza esclusiva statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., che rappresenta sotto questo profilo un limite insuperabile alle pur concorrenti competenze regionali (ex multis, sentenze n. 161 del 2020, n. 86 del 2019, n. 221, n. 118, n. 109 del 2018, n.10 del 2021 e n.222 del 2020).
34.1. La giurisprudenza della Corte costituzionale troverà un approdo definitivo, come vedremo, con la sentenza n.46/2022, confermando la legittimità costituzionale dell’art.1 commi 682-683 della legge n.145/2018 contro il parere non pro veritate dell’Adunanza plenaria di Stato con le sentenze gemelle del 2021.
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d) Conclusioni: il revirement del Consiglio di Stato con la sentenza n.3240/2024 e l’intervento prioritario del Governo per sanare la lesione ai diritti delle imprese balneari
35. Chi scrive ha sempre auspicato un revirement del Consiglio di Stato sulla questione, anche alla luce di posizioni interpretative assunte da Palazzo Spada subito dopo l’Adunanza plenaria del 2021.
36. Infatti, nella sentenza del 13 gennaio 2022 n.229/2022 il Consiglio di Stato (Pres.Volpe), al punto 6.7 aveva precisato, richiamando alla sentenza Togel della Corte di giustizia, che le concessioni demaniali marittime iniziate prima del 28.12.2009 non entrano nel campo di applicazione della Direttiva servizi, profilo non esaminato dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato: «6.7 Da ultimo, occorre pronunciare sul denunciato contrasto della decisione appellata con il diritto eurounitario sul rilievo che l’automatismo della proroga/rinnovo sarebbe contrario all’art. 12 Direttiva 2006/123/CE e alla sentenza Corte di Giustizia, Sez. V, 14 luglio 2016, Promoimpresa S.r.l. e Melis, C-458/14 e C-67/15. La censura è inammissibile per difetto d’interesse. Come sottolineato dal ricorrente appellato, i canoni per cui è causa sono stati liquidati anteriormente al 28 dicembre 2009 e nel vigore dell’ultimo rinnovo disposto anteriormente alla medesima data. Oltretutto il rapporto concessorio s’è costituito in data anteriore alla scadenza del termine di trasposizione (d.28 dicembre 2009) della Direttiva Servizi 2006/123/CE, ed anche il rinnovo di cui alla concessione n. 1/2007 è stato disposto anteriormente a detto termine. Da cui l’inapplicabilità della Direttiva Servizi ai rapporti concessori sorti anteriormente al termine di trasposizione della stessa. A riguardo va richiamato quanto affermato dalla Corte di Giustizia: “..il diritto comunitario non impone ad un’amministrazione aggiudicatrice di uno Stato membro di intervenire, su domanda di un singolo, in rapporti giuridici in essere, instaurati a tempo indeterminato o con durata pluriennale, qualora tali rapporti siano stati posti in essere prima della scadenza del termine di trasposizione della direttiva 92/50” (Corte di Giustizia, Sez. VI, 24.9.1998, Tögel, C76/97; nello stesso senso v. Corte di Giustizia, 5.10.2000, Commissione / Francia, C-337/98).».
37. Confermando la sentenza n.229/2022 del Consiglio di Stato, la Corte Ue con la sentenza AGCM del 20.4.2023 ha confermato che «occorre sottolineare che una sentenza pregiudiziale, come la sentenza del 14 luglio 2016, Promoimpresa e a. (C‑458/14 e C‑67/15, EU:C:2016:558), chiarisce e precisa, quando ve ne sia bisogno, il significato e la portata della norma stabilita da detta disposizione della direttiva 2006/123, quale deve o avrebbe dovuto essere intesa e applicata dal momento della sua entrata in vigore, ossia, conformemente all’articolo 44 di tale direttiva, a decorrere dal 28 dicembre 2009.» (sentenza AGCM, punto 73).
37.1. In buona sostanza, la Corte europea nella sentenza del 20.4.2023 ha corretto (in realtà ha demolito) la sentenza Promoimpresa, nella parte in cui la precedente decisione ha preteso di chiarire il significato e la portata dell’art.12 paragrafi 1 e 2 della direttiva 2006/123/CE rispetto a rapporti giuridici dei concessionari demaniali marittimi e lacuali iniziati prima del 28 dicembre 2009 e che, quindi, erano al di fuori del campo di applicazione della direttiva servizi.
37.2. La più autorevole dottrina amministrativista aveva subito evidenziato che l’interpretazione del diritto dell’Unione nella sentenza AGCM della Corte di giustizia si poneva in distonia con le indicazioni ermeneutiche e normopoieutiche delle sentenze del 9 novembre 2021 dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, in particolare per quanto riguarda la verifica della scarsità della risorsa naturale e la non assoggettabilità alla direttiva Bolkestein delle concessioni assegnate prima del 28.12.2009, scaricando però le responsabilità del caos nel settore alle modifiche legislative e non all’invenzione normopoieutica del CdS e facendo rientrare inaccettabilmente le concessioni balneari ante 28.12.2009 nel campo di applicazione del diritto Ue attraverso il richiamo all’art. 13, commi 2 e 5, del d.lgs. n. 36/2023, inapplicabile alla categoria che, invece, è ricompresa pacificamente tra i soggetti esclusi dal codice dei contratti pubblici, come previsto dall’art.56 comma 1 lettera e) del d.lgs. n.36/2023.
38. Peraltro, la domanda pregiudiziale del Consiglio di Stato proposta con l’ordinanza del 15.9.2022 n.8010 nella causa C-598/22 ha evidenziato che nelle sentenze dell’Adunanza plenaria del CdS sulle concessioni demaniali marittime l’illegittima disciplina legislativa introdotta dalla giurisdizione amministrativa è comunque del tutto carente della parte relativa agli indennizzi per i concessionari “uscenti” rispetto agli investimenti immobiliari e mobiliari legittimamente effettuati sul suolo demaniale, quando i concessionari balneari fino al 31.12.2006 potevano fare affidamento su un quadro normativo certo di durata indeterminata del titolo di utilizzazione del demanio marittimo, determinato dal combinato disposto dell’art.37 comma 2 2° periodo del codice della navigazione con il diritto di insistenza e dalla reiterazione illimitata del rapporto concessorio prevista dall’art.01 comma 2 del d.l. n.400/1993.
38.1. Il parere dell’Avvocato generale Capeta nelle sue conclusioni scritte depositate l’8 febbraio 2024 nella causa C-598/22 non ha lasciato ombra a dubbi sul fatto che la emananda sentenza della III Sezione della Corte di giustizia confermerà la questione interpretativa fondamentale già affrontata e risolta dalla stessa Sezione della Corte Ue nella sentenza AGCM del 20.4.2023 al punto 73, che svuota di ogni (residuo) valore giuridico il contenuto interpretativo e impositivo di norme delle decisioni del 2021 dell’Adunanza plenaria: le concessioni demaniali marittime assegnate prima del 28.12.2009 non entrano nel campo di applicazione della direttiva Bolkestein.
38.2. L’AG Capeta ha precisato ai punti 27 e 28 delle conclusioni scritte della causa C-598/22 che le norme nazionali relative alle concessioni di risorse naturali scarse rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva sui servizi e che, tuttavia, il termine di recepimento di tale direttiva è scaduto il 28 dicembre 2009, mentre i fatti pertinenti della causa pregiudiziale si erano verificati in una data anteriore, in quanto, come spiegato dallo stesso Consiglio di Stato nei chiarimenti alla Corte di giustizia con l’ordinanza del 6.9.2023 n.8184, sulla base del codice della navigazione vi era stata una cessione di beni allo Stato alla fine del 2008.
39. Inaspettatamente, con la recentissima sentenza del 9.4.2024 n.3240 la VII Sezione del Consiglio di Stato, rigettando l’appello di una società che aveva contestato la violazione delle regole europee sulla concorrenza nel rilascio della concessione al concessionario uscente senza gara, ha affermato che non poteva ritenersi obbligatorio il ricorso all’evidenza pubblica in caso di rinnovo delle concessioni demaniali marittime scadute, «laddove si consideri che il procedimento che portò al rilascio della prima delle concessioni impugnate ebbe inizio nel 2005, ossia prima del 16 febbraio del 2006, data di approvazione della Direttiva 2006/123/CE». 39.1. A parte l’errore sulla data di “efficacia” della direttiva Bolkestein, pubblicata il 28.12.2006 ed entrata in vigore il 28.12.2009 ai sensi dell’art.44 della stessa direttiva servizi, la sentenza del 9.4.2024 n.3240 del Consiglio di Stato segna un evidente ripensamento sulla questione, che già fa perdere di ogni valore ermeneutico le due sentenze del 2021 dell’Adunanza plenaria, che erano intervenute su due fattispecie di concessioni demaniali marittime assegnate prima del 28.12.2009.
40. Ma le novità argomentative della sentenza n.3240/2024 del Consiglio di Stato non finiscono qui. Il CdS ha rigettato l’appello della società che pretendeva evidenze pubbliche e ha confermato il legittimo possesso del demanio marittimo in capo al concessionario “uscente” a cui era stata prorogata la concessione, «considerato il regime normativo vigente al tempo in cui le concessioni contestate vennero rilasciate e, in particolare le previsioni di cui all’art.37 comma 2 del R.D. n.327 del 1942 – che, in caso di rinnovo, prevedeva il cd. “diritto di insistenza” dei precedenti concessionari – e di cui all’art.8 del D.P.R. n.328 del 1952, che ammetteva che le concessioni prive di impianti di difficile rimozione potessero essere rinnovate senza formalità istruttorie. Il che esclude che, all’epoca, fosse necessaria una particolare motivazione che comunque risulta presente in atti ed è, oltretutto, identica anche per la concessione rilasciata alla parte appellante. A ciò va aggiunto che l’Autorità Portuale, in occasione del rinnovo, pubblicò, come ricordato, il relativo decreto che venne anche notificato agli interessi, così adempiendo agli oneri istruttori e di pubblicità allora incombenti ex lege sulla parte concedente, tenendo conto che si trattava di una concessione che non interessava un’area estesa e che dunque non richiedeva forme particolari di pubblicità.».
41. Pare a chi scrive che il Consiglio di Stato stia seriamente e radicalmente rivedendo le proprie sulla complessa questione e, pertanto, a questo punto è auspicabile un serio intervento chiarificatore da parte del Governo.
42. Dalle informazioni che faticosamente trapelano parrebbe che il dossier sulle concessioni demaniali marittime sia stato avocato a sé dal Presidente del Consiglio dei Ministri e, nell’imminenza della manifestazione indetta a Roma dalle principali associazioni di categoria per l’11 aprile 2024, è stato riconvocato improvvisamente per il giorno prima il Tavolo intergovernativo della mappatura, iniziativa da tempo sollecitata.
43. Tuttavia, di fronte ai comportamenti di alcuni Comuni e di alcune Regioni, che hanno consentito o consentiranno l’espletamento delle gare per nuove assegnazioni in palese violazione di legge, la credibilità del Governo italiano rispetto ai suoi cittadini e alle sue imprese, nell’approssimarsi di quelle elezioni europee che consentiranno almeno di rimuovere la pessima Commissione europea a guida von der Leyen, si gioca sulla corretta applicazione del diritto dell’Unione, della Costituzione e della sovranità legislativa nazionale, per fermare il caos cagionato da scelte politiche di altri Governi, su cui si sono innestate o che partono da cattive interpretazioni della Commissione europea e dell’AGCM, ma che l’inerzia governativa ha alimentato nonostante la soluzione fornita dalla legge n.14/2023 fosse (e rimane) quella giusta.
V. De Michele, Lo strano caso delle concessioni balneari e la giurisprudenza creativa del Consiglio di Stato sulla primazia del diritto Ue, 15.9.2022, su europeanrights.eu; La sentenza AGCM della Corte Ue sulla compatibilità con il diritto dell’Unione delle norme interne sulle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali, 2.5.2023, su europeanrights.eu; La questione delle concessioni balneari dopo le sentenze del TAR Lecce e della Corte di cassazione a sezioni Unite, 1.12.2023, sempre su europeanrights.eu; Alle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali non si applicano la Bolkestein e il diritto primario Ue sulla libertà di concorrenza e di stabilimento, su www.newsbalneari.com, marzo 2024; L’ordinanza cautelare del 15.3.2024 del TAR Bologna riconosce come ammissibile la durata indeterminata delle concessioni demaniali marittime, su www.newsbalneari.com, marzo 2024; Le responsabilità governative sulla pessima gestione legislativa e giurisprudenziale della durata delle concessioni demaniali marittime, sempre su www.newsbalneari.com, marzo 2024.
Cfr. Corte di giustizia Ue, sentenza del 15 novembre 2016 Ullens de Schooten nella causa C‑268/15 (EU:C:2016:874), punti 50, 52 e 55; sentenza del 19 dicembre 2019 Comune di Bernareggio nella causa C‑465/18 (EU:C:2019:1125), punto 33; sentenza del 14 luglio 2016 Promoimpresa nelle cause riunite C-458/14 e C-67/15 (EU:C:2016:558), punto 28; conclusioni scritte Avvocato generale Capeta dell’8 febbraio 2024 nella causa S.I.I.B. C-598/22 (EU:C:2024:129), punti 20 e 21.
Cfr. l’introduzione della convenzione unica per le concessioni autostradali di cui all’art.2 commi 82-90, del d.l. n.262/2006, come modificata dall’art.1 comma 1030 della legge n.296/2006, che ha portato a proroghe illimitate per tutto il settore con una situazione di particolare privilegio quasi monopolistico, come è noto, per Autostrade per l’Italia e con il corrispondente tacito assenso della Commissione europea, che proporrà un ricorso per inadempimento contro lo Stato italiano soltanto limitatamente alla scadenza prorogata della concessione relativa all’autostrada A12 Livorno-Civitavecchia, che sarà deciso con la sentenza del 18 settembre 2019 della Corte di giustizia nella causa C-526/17 Commissione contro Repubblica italiana (EU:C:2019:756).
Corte di giustizia CE, sentenza 24 settembre 1998 in causa C-76/97 Togel.
Si fa riferimento all’autorevole commento della sentenza AGCM della Corte Ue da parte del Presidente aggiunto del Consiglio di Stato, dott. C. Volpe, Concessioni demaniali marittime: un’ulteriore puntata di una storia infinita, 26 aprile 2023, su www.giustizia-amministrativa.it.
Scarica la sentenza 3240 del 9 aprile 2024