Le responsabilità governative sulla pessima gestione legislativa e giurisprudenziale della durata delle concessioni demaniali marittime
Di Vincenzo De Michele
1. Le recentissime sentenze del 19 marzo 2024 nn.2662, 2664 e 2669 del Consiglio di Stato – VII Sezione confermano quanto già opinato dal supremo organo di giustizia amministrativa con le sentenze dell’Adunanza Plenaria del CdS nn.17 e 18 del 9 novembre 2021 (seguite da Consiglio di Stato, sentenze del 1° marzo 2023, n. 2192, del 19 aprile 2023 n. 3964, del 7 luglio 2023 n. 6675, del 28 agosto 2023 n. 7992 e del 27 dicembre 2023 n.11200), secondo cui sia la proroga delle concessioni demaniali marittime di cui all’art.1 commi 682-683 della legge n.145/2018 sia la durata indeterminata introdotta dalla legge n.14/2023 di conversione del d.l. n.198/2022 vanno disapplicate.
2. In particolare, l’attuale legislazione nazionale prevede la durata a tempo indeterminato delle concessioni demaniali marittime in corso con il blocco definitivo delle gare da parte dei Comuni (cfr. art.4 comma 4-bis della legge n.118/2022, introdotto dall’art.1 comma 8 lettera b) della legge n.14/2023, in combinato disposto con l’art.10-quater comma 3 del d.l. n.198/2022), non essendo stata adottata entro il 27.2.2023 la decretazione legislativa prevista dall’art.4 comma 1 della legge n.188/2022, che avrebbe dovuto stabilire i criteri per bandire le gare entro il 31 dicembre 2023 (termine prorogato al 31 dicembre 2024 con la modifica dell’art.3 commi 1 e 2 della legge n.118/2022) e gli indennizzi previsti per i concessionari uscenti.
3. Come sostenuto da chi scrive in più occasioni1, dopo la sentenza AGCM della Corte di giustizia Ue del 20 aprile 2023 nella causa C-378/22, la vigente legislazione nazionale non può essere disapplicata se non incorrendo in una violazione della Costituzione nazionale e della legislazione ordinaria interna vigente del codice della navigazione, perché l’art.4 comma 4-bis della legge n.118/2022 e l’art.10-quater comma 3 del d.l. n.198/2022, nonché il nuovo testo dell’art.3 commi 1 e 3 della legge n.118/2022 sono norme assolutamente conformi al diritto dell’Unione europea, come interpretato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia.
4. Infatti, con ordinanza cautelare dell’11 marzo 2024 n.86 il TAR Emilia Romagna – II Sezione2 – sede di Bologna ha abbandonato la strada tracciata dalle sentenze dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato del 9 novembre 2021 nn.17 e 18, a cui la legge Draghi sulla concorrenza aveva dato applicazione con gli artt.3 e 4 della l.118/2022, normativa profondamente modificata dalla legge n.14/2023, ritenuta quest’ultima applicabile dal giudice amministrativo bolognese.
5. Infatti, come è noto, con la sentenza n.32559/2023 del 23 novembre 2023 delle Sezioni unite della Cassazione è stata cassata con rinvio per eccesso di potere giurisdizionale la sentenza n.18 del 2021 dell’Adunanza plenaria del CdS e la pretesa del giudice amministrativo di appello di dettare norme generali di rango legislativo primario (e anche regolamentare) applicabili a tutti gli operatori economici del settore e a tutte le pubbliche amministrazioni che intervengono a disciplinare la materia delle concessioni demaniali marittime, fluviali e lacuali.
5.1. Per le Sezioni unite della Cassazione la celebrazione del nuovo processo davanti all’Adunanza plenaria dopo la cassazione della sentenza n.18/2021 dovrà essere orientata a fissare nuovi principi di diritto vincolati ai motivi di ricorso presentati da SIB, ASSOMAT e Regione Abruzzo che sono stati assorbiti dalla sentenza, «anche alla luce delle sopravvenienze legislative, avendo il Parlamento e il Governo esercitato, successivamente alla sentenza impugnata, i poteri normativi loro spettanti.».
5.2. Le Sezioni unite della Suprema Corte, con le stesse motivazioni della sentenza n.32559/2023, hanno anche annullato con ordinanza del 9 gennaio 2024 n.786 la decisione del 23 maggio 2022 n.4072 del Consiglio di Stato, che aveva recepito i principi enunciati nella riformata sentenza n.18/2021 dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato.
5.3. Nel giudizio n.1975/2021 R.G. pendente davanti al Consiglio di Stato, dopo l’annullamento da parte della Cassazione a Sezioni unite (sentenza n.32559/2023 e ordinanza n.786/2024, citt.) rispettivamente della sentenza n.18/2021 dell’Adunanza plenaria del CdS e della sentenza n.4072/2022 del Consiglio di Stato – VII Sezione, la VII Sezione del CdS ha fissato la nuova udienza di discussione dopo la riassunzione del giudizio alla data del 7.5.2024.
6. Le sentenze del 19 marzo 2024 nn.2662, 2664 e 2669 del Consiglio di Stato – VII Sezione ribadiscono l’indirizzo costante del supremo organo di giustizia amministrativa di totale adesione ai principi enunciati dall’Adunanza plenaria e il rifiuto di rimettere la questione nuovamente al Superiore Consesso.
7. Si tratta, a parere di chi scrive, di un comportamento eversivo dell’ordine costituzionale, anche se il Consiglio di Stato non è stato il primo supremo organo di giustizia nazionale ad adottare provvedimenti giurisdizionali che si sono sostituiti al legislatore in danno dei concessionari balneari.
8. Infatti, già la Cassazione penale con sentenza n.33170/2013 era intervenuta per dichiarare illegittime le proroghe automatiche di sei anni previste dall’art.01 comma 2 del d.l. n.400/1993, disapplicando la disposizione con efficacia retroattiva per presunta contrarietà con il diritto comunitario e l’art.12 della direttiva 2006/123/CE, andando così ad accertare in sede cautelare su provvedimenti di sequestro di stabilimenti balneari la sussistenza dei presupposti del reato di occupazione abusiva di suolo pubblico
8.1. Tale giurisprudenza della Corte di legittimità in sede penale, non conforme ai principi costituzionali, è stata ribadita con ulteriori pronunce dopo la sentenza Promoimpresa della Corte di giustizia (cfr. Cassazione penale, sentenza n.21281/2018), con particolare accanimento nel famoso caso giudiziario dei Bagni Liggia di Genova con ben tre decisioni (cfr. Cassazione penale, sentenze n.25993/2019, n.10218/2020 e n.15676/2022), che hanno provocato l’aberrante apertura di un’inchiesta giudiziaria della Procura della Repubblica di Genova contro ignoti, cioè nei confronti di tutte le concessioni demaniali marittime sull’intero territorio nazionale.
8.2. Il caso dei Bagni Liggia di Genova si è chiuso faticosamente con la recente sentenza di assoluzione n.4695/2023 perché il fatto non costituisce reato del Tribunale penale di Genova, grazie, paradossalmente, all’intervento chiarificatore del TAR Liguria che, con la sentenza del 23.11.2022 n.999, richiamandosi all’art.3 comma 1 della legge n.118/2022 appena entrata in vigore e alle sentenze dell’Adunanza plenaria, ha restituito al legittimo titolare la concessione demaniale marittima su cui era maturato il giudicato cautelare del sequestro per occupazione illegittima con restituzione dei beni al Comune di Genova, non senza evidenziare acutamente che si era verificata una causa di non punibilità e, comunque, che il proprietario del suolo demaniale era lo Stato e non l’ente locale.
8.3. Soltanto con la recente sentenza del 17 gennaio 2024 n.9717 la Cassazione penale ha preso atto che la situazione delle proroghe legislative della durata delle concessioni demaniali marittime non può essere (più) risolta con la disapplicazione della norma per contrarietà al diritto dell’Unione, stante l’assoluta incertezza interpretativa in subiecta materia anche per quanto riguarda la giurisprudenza della Corte Ue.
9. La revisione della posizione della Cassazione penale in subiecta materia è coerente con la soluzione della complessa vicenda legata alla sentenza Taricco della Grande Sezione della Corte di giustizia dell’8.9.2015, che, su rinvio pregiudiziale del GUP di Cuneo, aveva imposto ai giudici penali italiani la disapplicazione della norma penale sostanziale in materia di prescrizione dei reati finanziari in regime di IVA comunitaria.
9.1. Tale vicenda, come è noto, ha portato ad un revirement della Grande Sezione della Corte Ue del 5.9.2017 su rinvio pregiudiziale della Corte costituzionale con ordinanza n.24/2017 e si è conclusa con la sentenza n. 115 del 2018 del Giudice delle leggi, che ha chiarito che se una fattispecie è disciplinata dal diritto penale deve essere rispettato il principio di legalità e, quindi, la “regola Taricco” non trova alcuna applicazione nel nostro ordinamento, perché determina una modifica in peius in contrasto con il principio di irretroattività della norma più sfavorevole, corollario del principio di legalità di cui all’art.27 comma 2 Cost., che integra il fondamento della teoria dei controlimiti evocata dalla Consulta nel dialogo/scontro con la Corte Ue.
10. Secondo il Consiglio di Stato, dunque, in violazione del principio di legalità e di irretroattività della norma più sfavorevole o della sua ultrattività, le concessioni demaniali marittime sono cessate di validità il 31 dicembre 2023 e, in base alla giurisprudenza attuale dei Giudici di Palazzo Spada (cfr. Consiglio di Stato, ordinanza di rinvio pregiudiziale n.8010/2022 nella causa C-518/22), vi sarebbe l’immediato incameramento al demanio statale delle opere non amovibili già di proprietà dei concessionari “uscenti” ex art.49 cod.nav., e dal 1° gennaio 2024 si avrebbe un’occupazione abusiva di suolo pubblico salvo che il Comune competente abbia disposto la proroga tecnica di cui all’art.3 comma 3 della legge n.118/2022 nel testo previgente.
11. Si tratta di argomentazioni abortive dei più elementari principi di diritto costituzionale.
12. Il Consiglio di Stato nelle tre sentenze del 19.3.2024 non affronta la problematica dei concessionari titolari di concessioni iniziate prima del 28.12.2009, e, nella fideistica iperfetazione dei principi della Plenaria, dal momento che la direttiva 2006/123/CE non poteva essere applicata alle cdm iniziate prima della scadenza del termine di recepimento (28.12.2009), come ha precisato ai punti 27-28 delle conclusioni scritte dell’8.2.2024 nella causa C-598/22 l’Avvocato generale Capeta e come aveva già accertato lo stesso Consiglio di Stato con la sentenza del 12 gennaio 2022 n.229, dopo l’Adunanza plenaria del 2021.
13. Rispetto alla mortificante rigidità del Consiglio di Stato sulle posizioni della plenaria due sono i rimedi, del tutto straordinari rispetto a questo caos normativo e interpretativo, che mina la tutela dei diritti fondamentali di decine di migliaia di concessionari balneari e costituisce grave e inaudita violazione dei precetti costituzionali e della corretta applicazione del diritto dell’Unione.
14. Il primo rimedio è quello attivato da n.23 concessionari demaniali marittimi del Comune di Rimini, che hanno proposto ricorso per cassazione n.5010/2024 R.G.Cass. davanti alle Sezioni unite della Suprema Corte di Cassazione, ai sensi degli artt.111 commi 7 e 8 Cost., per l’annullamento senza rinvio anche della sentenza n.17/2021 dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato nei confronti del Governo italiano, dell’AGCM e del Comune di Rimini come parti controinteressate.
14.1. L’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza impugnata n.17/2021 si è sostituita al legislatore, al Governo, alle pubbliche amministrazioni territoriali e alla Corte costituzionale (che con la sentenza n.46/2022 aveva mostrato di non condividere le sentenze gemelle della Plenaria), andando sostanzialmente a dichiarare illegittime tutte le norme di legge nazionale anche successive all’adozione della decisione gravata che garantiscono la continuità prima al 31.12.2033 e ora a tempo indeterminato dell’utilizzazione del demanio marittimo legittimamente assegnato alle concessioni balneari in corso alla data di entrata in vigore dell’art.1 comma 682 della legge n.145/2018, sotto due profili:
a) da un lato costruendo una nuova disciplina del settore in deroga al codice della navigazione con la previsione di procedure di gara al di fuori dal campo di applicazione del codice dei contratti pubblici e fissando i criteri generali di determinazione dell’indennizzo spettante ai concessionari uscenti;
b) dall’altro imponendo al Governo e a tutte le pubbliche amministrazioni, compreso il Comune di Rimini sul cui territorio demaniale insistono le concessioni balneari dei ricorrenti nel giudizio n.5010/2024 R.G.Cass., e a tutti gli operatori economici del settore, compresi i concessionari demaniali marittimi ricorrenti, le nuove regole create dalla giurisdizione amministrativa nel suo massimo consesso, tra cui la cessazione della durata delle concessioni demaniali marittime al 31 dicembre 2023 in luogo della durata prevista dalla legge al 31 dicembre 2033, così come assentita e riconosciuta originariamente da tutti i Comuni concedenti, prima dell’intervento “legislativo” di carattere generaledella sentenza dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato impugnata.
14.2. Tale situazione di “sistemica” violazione delle norme costituzionali e nazionali è diventata permanente nonostante la riforma da parte della Corte di Cassazione a Sezioni unite con la sentenza n.32559/2023, per eccesso di potere giurisdizionale, della decisione “gemella” (rispetto a quella impugnata con il ricorso n.5010/2024 R.G.) n.18/2021 della stessa Adunanza plenaria del CdS, perché lo stesso Consiglio di Stato dapprima con la sentenza del 27.12.2023 n.11200 e ora con le sentenze del 19.3.2024 nn.2662, 2664 e 2669ha confermato la validità ed efficacia erga omnes delle regole imposte dalla sentenza impugnata n.17/2021 dell’A.P., anche nei confronti dei concessionari ricorrenti davanti a tutti i giudici amministrativi italiani, che si vedono definitivamente preclusa la tutela giurisdizionale a fronte di provvedimenti amministrativi, che applicano le nuove norme create dal Consiglio di Stato in quanto idonee a disapplicare l’attuale regolamentazione legislativa del settore, che prevede la durata a tempo indeterminato delle concessioni demaniali marittime.
14.3. Lo stravolgimento della legislazione e della giurisprudenza dell’Unione europea in subiecta materia si sostanziano nell’indebita inclusione delle concessioni demaniali marittime nel campo di applicazione sia del diritto primario Ue sia delle direttive di armonizzazione e, in particolare, della direttiva servizi 2006/123/CE, con conseguente necessità di un nuovo rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia Ue ai sensi dell’art.267 comma 3 TFUE.
15. L’altro rimedio straordinario che i concessionari balneari possono attivare è l’azione giudiziaria esperibile nel termine decadenziale di tre anni (entro il 9 novembre 2024) ex artt.2 e ss. della legge n.117/1988, per chiedere davanti al Tribunale civile di Roma in composizione collegiale nei confronti del Governo della Repubblica italiana il risarcimento dei danni cagionati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie e la responsabilità civile del Consiglio di Stato come Giudice di ultima istanza, almeno per quanto riguarda la sentenza n.17 del 9.11.2021 dell’Adunanza plenaria, che ha preteso di sostituirsi al legislatore nazionale violando contestualmente anche il diritto dell’Unione europea per il mancato rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia in violazione dell’art.267 ultimo comma TFUE.
16. Tuttavia, la eccezionale gravità del comportamento del Consiglio di Stato elusivo dei precetti costituzionali e del diritto dell’Unione, oltre che della legislazione vigente, non deve far dimenticare le prevalenti responsabilità del Governo nell’aver alimentato il caos e non aver risolto la complessa problematica, ulteriormente complicandola.
17. Il Governo con la risposta del 16 gennaio 2024 al parere motivato della Commissione Ue del 16.11.2023, a firma del Capo dell’Ufficio legislativo del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, ha incredibilmente negato il dato normativo correttamente individuato dalla Commissione Ue, secondo cui le modifiche introdotte con la legge di conversione n.14/2023 hanno trasformato a tempo indeterminato la durata delle concessioni demaniali marittime, sostenendo che l’unico dato normativo applicabile è la fissazione del termine di durata al 31.12.2024 di cui all’art.3 comma 1 della legge n.118/2022.
17.1. Il Capo dell’Ufficio legislativo del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ritiene apoditticamente applicabile solo la proroga prevista dal nuovo testo dell’art.3 comma 1 della legge n.118/2022 fino al 31 dicembre 2024, con una vera e propria genuflessione nei confronti della giurisprudenza amministrativa per quanto riguarda i principi da applicare in caso di proroga “tecnica” per ragioni oggettive fino al 31.12.2025, prevista dall’art.3 comma 3 della legge n.118/2022 nel nuovo testo introdotto dalla legge n.14/2023.
18. Viceversa, è stata abissalmente diversa la risposta del 4 febbraio 2021 del Governo italiano alla lettera di messa in mora della Commissione Ue del 3.12.2020, che porta la firma autorevolissima del prof. Massimo Condinanzi.
18.1. Secondo il Governo italiano nella lettura della disciplina eurounitaria che fornisce il prof. Condinanzi, il regime delle concessioni demaniali marittime non è soggetto alla disciplina eurounitaria, rectius alla competenza dell’Unione che, pertanto, non può ingerirsi nei regimi di proprietà dei beni pubblici e privati degli Stati, ai sensi dell’art. 345 del TFUE (ex art. 295 del TCE) a mente del quale “I trattati lasciano del tutto impregiudicato il regime di proprietà esistente negli Stati membri“.
18.2. Altrettanto condivisibilmente il Governo italiano nella sua risposta del 4.2.2021 alla Commissione Ue ai paragrafi 6 e 7 ha precisato l’esatta portata e interpretazione della sentenza Promoimpresa della Corte di giustizia e la non applicabilità della decisione e della direttiva 2006/123/CE ai fini della regolamentazione comunitaria delle concessioni demaniali marittime.
18.3. Il prof. Condinanzi ha sottolineato la correttezza della legislazione emergenziale dell’art.100 commi 1 e 3 d.l. n.104/2020 con la proroga estesa al 31.12.2033 anche delle concessioni demaniali lacuali e fluviali che erano ferme al 31.12.2020 e il ritorno ad un canone fisso (comma 3), e ha rilevato giustamente che, «contrariamente a quanto affermato nella lettera della Commissione, inoltre, i proventi delle concessioni demaniali non sono destinati ai Comuni. Questi ultimi enti provvedono, infatti, al rilascio delle concessioni e a tutta la relativa attività amministrativa, ma i canoni costituiscono esclusivamente un corrispettivo percepito dal titolare del demanio (lo Stato) per l’utilizzo del bene. Conseguentemente, non è neppure condivisibile l’affermazione secondo la quale posticipando il ricorso alle procedure di evidenza pubblica per l’assegnazione delle concessioni si priverebbero i Comuni della possibilità di ottenere immediatamente maggiori potenziali introiti. Non solo, infatti, come detto, i Comuni non sono destinatari dei canoni, ma – in ogni caso – tali canoni sono stabiliti per legge in misura uguale per tutti i concessionari, con la conseguenza che una eventuale procedura di gara non potrebbe mirare alla selezione degli operatori sulla base del corrispettivo offerto per l’uso del bene.».
19. E’ chiaro che la differenza strutturale e argomentativa del Governo nelle due risposte alla Commissione europea del 4.2.2021 e del 16.1.2024 sono la dimostrazione evidente che i concessionari balneari non rappresentano, attualmente, una priorità per lo Stato italiano e sono sacrificabili agli interessi di gruppi economici con enormi capitali di investimento in grado di distruggere, inglobandolo, il tessuto imprenditoriale del settore, fatto di piccole e piccolissime aziende in gran parte di tipo familiare.
20. In base alla risposta del Governo Conte II del 4.2.2021 alla ridicola lettera di messa in mora della Commissione Ue ci si aspettava dall’attuale Governo Meloni di far sollevare da uno dei due rami del Parlamento il conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato contro le sentenze nn.17 e 18 del 202021 del Consiglio di Stato ex art.134 Cost., in linea con la questione già sollevata con ricorso del 25.1.2022 da sette deputati di Fratelli d’Italia e risolta con l’inammissibilità dalla Corte costituzionale con l’ordinanza n.154/2022, che ha sottolineato che i conflitti sollevati da singoli parlamentari non possono l’intero organo di appartenenza (ordinanze n. 80 del 2022 e n. 277 del 2017) e che la funzione rivendicata spettava alla Camera o al Senato (ordinanze n. 255, n. 67 e n. 66 del 2021, n. 129 del 2020 e n. 163 del 2018).
21.1. Ma nessuna iniziativa in questa direzione è stata adottata dalla Camera o dal Senato, nonostante l’ampia maggioranza politica governativa si sia dichiarata a favore della tutela dei diritti dei concessionari alla continuità aziendale e alla salvaguardia delle imprese nazionali, in un settore in cui la libertà di concorrenza e il diritto di stabilimento non trovano nessuna applicazione alla luce del diritto primario e derivato dell’Unione europea.
22. In base alla risposta del prof. Massimo Condinanzi del 4.2.2021 alla discriminatoria lettera di messa in mora della Commissione Ue, ci si aspettava anche che l’attuale Governo – soprattutto dopo la sentenza AGCM della Corte di giustizia e gli esiti del Tavolo intergovernativo che ha accertato la non scarsità della risorsa naturale – interloquisse duramente con l’Istituzione europea ricordando il diverso trattamento riservato ai balneari spagnoli e a quelli portoghesi, a cui è stata assicurata dalla legislazione interna una lunghissima durata dei rapporti concessori e per i portoghesi anche il diritto di insistenza.
22.1. Ma la risposta del Ministero degli affari europei per conto terzi (Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti) con la lettera del 16.1.2024 è stata sconcertante, come sconcertante è stata l’immediata diffusione mediatica del contenuto del parere motivato del 16.11.2023 della Commissione europea, in spregio alle granitiche riservatezza e segretezza degli atti delle procedure di infrazione da sempre osservate e imposte dalla stessa Commissione Ue che, guarda caso, non ha neanche inserito il parere motivato nel pacchetto delle procedure di infrazione del 16.11.2023, in cui non appare neanche la contestuale fantomatica archiviazione della fantomatica procedura di infrazione aperta nei confronti degli “ignari” balneari portoghesi.
23. Delirante il comune messaggio mediatico diffuso dai giornali nazionali sul rischio immediato di un ricorso per inadempimento della Commissione europea alla Corte di giustizia con conseguenti risarcimenti milionari dei danni causati dalla protezione dello Stato italiano verso i concessionari balneari, dal momento che è invece la Commissione Ue che rischia seriamente l’azione di risarcimento dei danni per responsabilità extracontrattuale ex art.340 TFUE da parte dei titolari delle concessioni davanti al Tribunale dell’Unione, essendo evidente l’inesistenza di ogni presupposto giuridico di una tale azione di inadempimento davanti alla Corte comunitaria, in un momento in cui la Commissione è in scadenza ed è stata pesantemente attaccata dal Parlamento europeo proprio davanti alla Corte Ue per aver sbloccato i fondi del PNNR all’Ungheria, nonostante le violazioni dello Stato di diritto commesse dal Paese magiaro.
23.1. Per quanto riguarda, poi, il presunto zelo del Consiglio di Stato di dare applicazione diretta al diritto dell’Unione lo scrivente ricorda a sé stesso la vicenda clamorosa della magistratura onoraria (giudici di pace, vice procuratori onorari e giudici onorari di tribunale), in favore dei quali ben due sentenze della Corte di giustizia (del 16.7.2020 in causa C-658/18 UX e del 7.4.2022 in causa C-236/20 PG) impongono l’equiparazione alle condizioni di lavoro della magistratura professionale, a cui il supremo organo di giustizia amministrativa si rifiuta di dare applicazione negando ogni diritto (in buona compagnia con la Cassazione a Sezioni unite), nonostante il durissimo parere motivato della Commissione Ue del 14.7.2023 che si giustifica proprio con la citata giurisprudenza comunitaria e il serio rischio, in questo caso, non solo di un ricorso per inadempimento alla Corte di giustizia, ma anche del blocco dei fondi PNRR della giustizia per essere venute meno in Italia le condizioni dello Stato di diritto.
24. Quindi, le responsabilità omissive e commissive del Governo in questa vicenda sono prevalenti se non esclusive, non avendo più coltivato la strada maestra di implementare la legislazione introdotta dalla legge n.14/2023 della sospensione definitiva delle gare e della durata indeterminata delle concessioni demaniali marittime, che rappresenta allo stato la normativa vigente e che da un lato legittima l’occupazione del suolo pubblico (art.3 comma 3 ultimo periodo della legge n.118/2022) e dall’altro fa correre ai Comuni che si sono avventurati a bandire o già espletare le gare pubbliche, come Jesolo e Genova, il serio rischio di incorrere nella fattispecie delittuosa della corruzione propria di cui all’art.319 c.p., con l’aggravante prevista dall’art.319 bis c.p., per atti contrari ai doveri d’ufficio (espletamento di gare pubbliche vietate dalla legge e riconoscimento del legittimo possesso delle concessioni “uscenti”) per favorire terzi (i concessionari subentranti all’esito di gare vietate), oltre alla commissione di tutti i reati contro il patrimonio per aver disposto l’illegittimo esproprio senza indennizzo dei beni immobili di proprietà dei concessionari storici su suolo demaniale che non appartiene ai Comuni, ma allo Stato.
25. L’attuale Governo sembra andare in linea con la tradizione dei Governi precedenti a cominciare dall’art.1 comma 253 della legge finanziaria n.296/2006, che hanno smantellato con la scusa improbabile e ora impossibile della Bolkestein le garanzie di continuità lavorativa delle piccole aziende dei concessionari demaniali marittimi, che giammai rientrano nel regime di libera concorrenza, come gli ambulanti, e come le concessioni demaniali marittime “per attività sportive, ricreative, legate a tradizioni locali, senza fini di lucro e per finalità di interesse pubblico”, che scadranno il 31.12.2024 in base alla proroga prevista dall’art.16 comma 4 del d.l. n.198/2022, ritenuta legittima nonostante la Bolkestein dal TAR Bologna con la recente sentenza del 22 novembre 2023 n.686.
26. A tal proposito, segni di esistenza in vita dello Stato italiano sulla questione delle concessioni demaniali marittime vengono registrati da autorevole rappresentante del Governo con la recente risposta ad interrogazione parlamentare del Ministro dell’Economia e Finanze Giorgetti, il quale così ha risposto sulla durata di quelle “per attività sportive, ricreative, legate a tradizioni locali, senza fini di lucro e per finalità di interesse pubblico”: «mi preme ricordare che tale tema è stato già oggetto di altre interrogazioni ed è un tema la cui importanza è riconosciuta per il ruolo che tali realtà svolgono nel nostro Paese, riconosciuto anche dalla famosa direttiva Bolkestein, al considerando 35, dedicato specificamente alle attività sportive amatoriali senza scopo di lucro, in cui è evidenziata la notevole importanza sociale che tali attività rivestono. Come ricordato, con la legge n. 118 del 2022 il Governo è stato delegato all’approvazione di uno o più decreti legislativi volti a riordinare e semplificare la disciplina in materia di concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per le finalità turistico-ricreative e sportive, ivi incluse quelle affidate ad associazioni e società senza fini di lucro. Questo termine è spirato. Però, sono lieto di annunciare che, in assenza dei decreti delegati, il Ministro per lo Sport e i giovani, quale autorità competente, ha istituito, anche tenendo conto delle precedenti interrogazioni da lei presentate, un tavolo tecnico che, all’esito del confronto con le altre amministrazioni competenti nazionali europee, proporrà un intervento normativo volto esclusivamente alla disciplina delle concessioni assegnate per le attività sportive amatoriali, e dei relativi canoni, svolte da associazioni e società sportive dilettantistiche senza fini di lucro che perseguono esclusivamente o prevalentemente finalità sociali e ricreative. In altri termini, in coerenza con il richiamato considerando 35 della suddetta direttiva e stante il quadro normativo vigente, agli esiti della suddetta attività istruttoria potrà essere proposta una disciplina legislativa specifica per le attività sportive amatoriali che soddisfino i requisiti in precedenza richiamati, per le quali potranno continuare ad applicarsi le norme nazionali di affidamento a seconda del settore e del bene delle pubbliche amministrazioni coinvolte.».
26.1. In effetti, come ricorda bene il Ministro Giorgetti, il considerando 35 della direttiva 2006/123/CE così recita: «Le attività sportive amatoriali senza scopo di lucro rivestono una notevole importanza sociale. Tali attività perseguono spesso finalità esclusivamente sociali o ricreative. Pertanto, esse non possono costituire un’attività economica ai sensi del diritto comunitario e non dovrebbero rientrare nel campo di applicazione della presente direttiva.».
26.2. Tuttavia, lo stesso Ministro dell’Economia e delle Finanze sa bene che la direttiva 2006/123/CE ha previsto all’art.11 ha previsto la regola della durata illimitata delle autorizzazioni allo svolgimento dei servizi disciplinati dalla direttiva in questione e all’art.12 paragrafo 1 ha dettato l’eccezione delle procedure selettive «qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali».
26.3.Il Ministro Giorgetti sa anche bene che il considerando n.9 della direttiva 2006/123/CE esclude espressamente dal campo di applicazione della stessa direttiva servizi attività di servizi che implicano come requisiti per lo svolgimento dell’attività economica il rispetto delle norme riguardanti lo sviluppo e l’uso delle terre.
26.4. Il Ministro dell’Economia conosce bene anche il considerando n.57 2° capoverso della direttiva Bolkestein, cheprevede l’esclusione delle fattispecie delle concessioni di beni pubblici (come le concessioni demaniali marittime) e di servizi pubblici (come le concessioni in materia di scommesse) dal campo di applicazione della stessa direttiva servizi: «Le disposizioni della presente direttiva relative ai regimi di autorizzazione dovrebbero riguardare i casi in cui l’accesso ad un’attività di servizio o il suo esercizio da parte di operatori richieda la decisione di un’autorità competente. Ciò non riguarda né le decisioni delle autorità competenti relative all’istituzione di un ente pubblico o privato per la prestazione di un servizio particolare, né la conclusione di contratti da parte delle autorità competenti per la prestazione di un servizio particolare, che è disciplinata dalle norme sugli appalti pubblici, poiché la presente direttiva non si occupa di tali norme».
26.5. Infine, dopo la sentenza AGCM della Corte di giustizia (punto 73) e dopo le conclusioni dell’Avvocato generale Capeta dell’8.2.2024 nella causa C-598/22 è fatto notorio, non solo al Ministro Giorgetti, che in base all’art.44 della direttiva 2006/123/CE gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alle disposizioni della stessa direttiva entro il 28 dicembre 2009.
26.6. Pertanto, è noto a tutti compreso, il Ministro Giorgetti e l’intero Governo, che la direttiva Bolkestein non è stata mai applicabile alle concessioni demaniali marittime essendo concessioni di beni (cfr. Consiglio di Stato, sentenza 5.1.2024 n.204; Corte di giustizia, sentenza Promoimpresa, punti 47-48; Corte costituzionale, sentenza n.29/2017) e non di servizi o di lavori e, comunque, la direttiva 2006/123/CE non poteva essere applicata alle cdm iniziate prima della scadenza del termine di recepimento (28.12.2009).
27. In conclusione, il Governo ha bisogno soltanto di far tornare alla memoria istituzionale le norme che già conosce del diritto dell’Unione e della direttiva Bolkestein, per fermare il caos cagionato da scelte politiche di altri Governi, su cui si sono innestate o che partono da cattive interpretazioni della Corte di giustizia, della Commissione europea, della Cassazione penale, del Consiglio di Stato e del Presidente della Repubblica, ma che l’inerzia governativa ha alimentato nonostante la soluzione fornita dalla legge n.14/2023 fosse quella giusta.
1 V. De Michele, Lo strano caso delle concessioni balneari e la giurisprudenza creativa del Consiglio di Stato sulla primazia del diritto Ue, 15.9.2022, su europeanrights.eu; La sentenza AGCM della Corte Ue sulla compatibilità con il diritto dell’Unione delle norme interne sulle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali, 2.5.2023, su europeanrights.eu; La questione delle concessioni balneari dopo le sentenze del TAR Lecce e della Corte di cassazione a sezioni Unite, 1.12.2023, sempre su europeanrights.eu; Alle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali non si applicano la Bolkestein e il diritto primario Ue sulla libertà di concorrenza e di stabilimento, su www.newsbalneari.com, marzo 2024.
2 V. De Michele, L’ordinanza cautelare del 15.4.2024 del TAR Bologna riconosce come ammissibile la durata indeterminata delle concessioni demaniali marittime, su www.newsbalneari.com, marzo 2024.