Meloni adotta la Bolkestein: mini proroghe e bandi con indennizzo

Il governo italiano, sotto la guida di Giorgia Meloni, sembra aver deciso di adottare finalmente la direttiva Bolkestein, una normativa europea che è stata oggetto di forti resistenze nel Paese per oltre quindici anni. Questa direttiva, che mira a liberalizzare il mercato dei servizi all’interno dell’Unione Europea, è stata al centro di accesi dibattiti politici e ha incontrato una strenua opposizione da parte di vari settori, soprattutto quelli legati alle concessioni balneari e ai mercati ambulanti. Tuttavia, dopo anni di stallo e di tentativi di evitare l’applicazione della normativa, Meloni sembra ora intenzionata a portare a termine il processo di adeguamento dell’Italia alle regole europee.

La svolta arriverà probabilmente attraverso l’inserimento delle nuove disposizioni all’interno del Decreto Legge “Salva-infrazioni”, che sarà presentato al Consiglio dei Ministri nei prossimi giorni. Sebbene l’approvazione del decreto potrebbe non avvenire immediatamente, per evitare di sovrapporsi alla nomina di Raffaele Fitto come candidato italiano per un posto nella Commissione Europea, il governo sembra determinato a procedere con la massima urgenza.

Dietro questa decisione c’è una complessa negoziazione con Bruxelles, guidata dallo stesso Raffaele Fitto, Ministro per gli Affari Europei, che ha condotto trattative sottotraccia per evitare un conflitto frontale con l’UE. Meloni, prima di andare avanti, ha voluto ottenere rassicurazioni dai suoi principali alleati di governo, Antonio Tajani e Matteo Salvini, per garantire che non ci siano sorprese in Parlamento da parte dell’ala anti-Bolkestein, presente in tutti i partiti della maggioranza. Questa cautela è motivata dal timore che la direttiva possa essere ancora una volta bloccata, nonostante la minaccia di un deferimento dell’Italia alla Corte di Giustizia Europea per la mancata applicazione della normativa.

In effetti, nonostante il rischio concreto di sanzioni pesanti da parte dell’UE, una parte della maggioranza continua a sperare di poter rimandare ulteriormente l’adozione della direttiva, magari confidando in un cambiamento dei venti politici a Bruxelles con l’insediamento della nuova Commissione Europea, previsto per novembre. Tuttavia, questa possibilità sembra piuttosto remota, considerando che l’attuale configurazione della Commissione, con Thierry Breton al timone, appare destinata a rimanere stabile e poco incline a compromessi su questioni tecniche come la Bolkestein.

La situazione ha portato il ministro Fitto, solitamente conciliante, a prendere una posizione più dura, rifiutandosi di sottoporre alla Commissione Europea proposte che sono già state informalmente considerate inaccettabili. L’idea di presentare una soluzione che potrebbe essere nuovamente respinta è vista come un rischio troppo grande, poiché potrebbe accelerare il processo che porterebbe l’Italia verso una nuova procedura di infrazione. In caso di condanna, l’Italia sarebbe costretta ad accettare la direttiva senza margini di trattativa, con il peso di pesanti sanzioni economiche e la probabile disapprovazione del Quirinale, che si è già espresso a favore di un intervento.

Di fronte a questo scenario, Giorgia Meloni ha deciso di agire, cercando di trovare un compromesso che possa soddisfare le esigenze di Bruxelles senza compromettere gli interessi italiani. Le linee guida per una conciliazione con l’UE includono risarcimenti per le aziende che perderanno le concessioni, calcolati in base ai fatturati e agli investimenti effettuati, con l’aggiunta di possibili mini-proroghe.

La nuova proposta prevede che una quota dell’area disponibile sia assegnata per una percentuale non inferiore al 15% della risorsa regionale complessiva entro il 2029, periodo di durata del piano. Le concessioni balneari già in essere avranno una durata variabile, da uno a cinque anni, in base alla percentuale di occupazione costiera di ciascuna regione. Nello specifico, le concessioni saranno valide fino al 31 dicembre 2025 nelle regioni con meno del 25% di spiagge libere; fino al 31 dicembre 2027 nelle regioni con una percentuale compresa tra il 25% e il 49%; e fino al 31 dicembre 2029 nelle regioni con oltre il 49% di spiagge libere. Questa proroga estende le scadenze rispetto a quanto stabilito dalla legge 118/2022 del governo Draghi, che fissava la fine delle concessioni al 31 dicembre 2023.

Questo approccio potrebbe finalmente porre fine a un’impasse che dura da oltre quindici anni e che ha già indotto molti amministratori locali ad applicare la direttiva europea per evitare costosi ricorsi legali.

L’obiettivo del governo è chiudere la questione nel modo più rapido e indolore possibile, evitando ulteriori complicazioni e mettendo l’Italia in regola con le normative europee, pur cercando di ottenere qualche margine di flessibilità nei negoziati finali.

Confartigianto incontra cardinale Zuppi: “Bolkestein grande ingiustizia, sarà problema sociale”

Nella mattinata di lunedì 26 agosto, si è tenuto a Bologna un importante incontro tra diverse figure chiave. Erano presenti Mauro Vanni, presidente nazionale di Confartigianato Imprese Demaniali, Amilcare Renzi, segretario di Confartigianato Emilia-Romagna, e Gianluca Capriotti, segretario di Confartigianato Rimini. All’incontro ha partecipato anche il cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, rendendo l’occasione ancora più significativa.

Ho chiesto questo incontro con il cardinale Zuppi per sensibilizzare la chiesa emiliano romagnola e nazionale su un tema, quello dei balneari, che avrà un grande risvolto di carattere sociale, in seguito alle aste e ai bandi a livello attesi entro fine anno per la futura gestione degli stabilimenti – afferma Mauro Vanni –. Nel confronto con mons. Zuppi abbiamo fatto presente i grandi cambiamenti all’orizzonte, che ad oggi rischiano di essere tutti a discapito delle piccole e medie imprese a favore dei grandi gruppi e dei grandi investitori che si presenteranno a queste aste con una potenza economica impari. Noi crediamo che questa vicenda entri di diritto nell’ambito di quelli che sono i temi della Pastorale sociale della Chiesa, che guarda con profonda attenzione ai territori e alle forme di imprenditoria minore, cooperativa e artigiana. C’è una parte di Europa che progetta questo cambiamento senza tenere conto delle peculiarità e degli aspetti valoriali dell’impresa familiare e più in generale della micro, piccola e media impresa, rischiando di trasformare un modello vincente come quello italiano, caratterizzato da oltre il 90% di Pmi, in un modello dove vincono i grandi gruppi industriali, i fondi di investimento o comunque i grandi investitori”.

Manca poco alla fine del 2024, termine ultimo per avviare i bandi per la gestione delle concessioni e le gare, se non cambierà nulla, saranno a favore di chi avrà più capacità di investimento, “un elemento profondamento discriminatorio nei confronti di una categoria che ha ben operato e che ha creato il made in Italy dell’accoglienza balneare”.

Ma i Balneari guardano anche avanti e intravedono il rischio che se passa questo modello, “oggi a pagare saranno i balneari, ma domani toccherà a qualcun altro del mondo artigiano con effetti devastanti su un sistema come quello italiano che è famoso per le sue peculiarità di innovazione, di genialità, di qualità date dall’estro, dal saper fare e dalla fantasia del piccolo artigiano o del piccolo imprenditore, rischiando di distruggere quello che è un patrimonio nazionale”, aggiunge Vanni.

Altro tema sollevato nell’incontro è quello “di una profonda ingiustizia sociale, perché rischiamo di venire liquidati dopo anni di duro lavoro. Ci sono famiglie che hanno investito tutti i loro averi e domani rischiano di trovarsi in mezzo alla strada perché qualcuno più potente li mette fuori mercato e si accaparra un’impresa che ha decine di anni di storia, fatta crescere con sacrifici e tante risorse. Questo non è giusto e chi viene espropriato del proprio lavoro sarà un problema sociale del quale lo Stato dovrà farsi carico”.

Un occhio infine, ma non meno importante, ai clienti. “Adesso c’è una frammentazione del mercato che garantisce ancora una competizione, una concorrenza per cui a un prezzo accettabile si ottengono determinati servizi con un certo rapporto con il cliente. Domani in un regime di monopolio i prezzi lieviteranno o caleranno i servizi e la loro qualità. Un aspetto molto grave che peserà sul consumatore finale”, spiega Mauro Vanni.

Intanto c’è attesa per la ripresa dell’attività politica: “In queste settimane ci hanno detto che dopo le ferie il Governo metterà mano a una normativa di riforma del settore concordata con l’Europa. Lo stesso ministro Fitto ci fa sapere che sta lavorando con l’Europa per trovare una soluzione al problema. Sta di fatto che a tutt’oggi, dopo due anni di promesse, non è stato ancora fatto nulla, nel bene o nel male. In pratica siamo fermi e la nostra preoccupazione cresce perché entro dicembre la partita comunque si chiuderà in maniera definitiva. E il cerino è stato lasciato nelle mani dei Comuni e degli imprenditori che si troveranno a dover fronteggiare delle gare senza nessuna tutela e garanzia per il lavoro fatto finora”, è la conclusione del presidente nazionale della Confartigianato Imprese demaniali, Mauro Vanni.