Il diritto comunitario:
Dal TRATTATO TFUE , all’art. 267, la Corte di Giustizia Europea è competente a pronunciarsi su un quesito pregiudiziale posto da un Giudice nazionale per la corretta interpretazione di una direttiva comunitaria, la sua pronuncia è legge per tutti gli Stati membri.
La Corte UE, nelle sentenze di seguito riportate:
1) con la sentenza del 25 ottobre 2007, C-174/2006, ha stabilito che un rapporto giuridico quale quello in discussione nella causa principale, nell’ambito del quale ad un soggetto è concesso il diritto di occupare e di usare, in modo anche esclusivo, un bene pubblico, specificamente zone del demanio marittimo, per una durata limitata e dietro corrispettivo, rientra nella nozione
di «LOCAZIONE di beni immobili». Per questo, un RAPPORTO GIURIDICO, quale la CONCESSIONE demaniale marittima, costituisce un’ipotesi di locazione di bene immobile ESENTE da IVA.
2) nella sentenza del 14 luglio 2016, Promoimpresa, per TRE volte ha evidenziato la necessità della VERIFICA della SCARSITÀ delle spiagge, demandando al Giudice nazionale la verifica di tale requisito e per questo la sua pronuncia è con RISERVA. Al punto 47, come sottolinea la Commissione, le concessioni vertono NON su una prestazione di servizi determinata dell’ente aggiudicatore, bensì sull’AUTORIZZAZIONE ad esercitare un’attività economica in un’area demaniale. Ne risulta che le concessioni di cui ai procedimenti principali non rientrano nella categoria delle “concessioni di servizi”. Al punto 48, un’interpretazione siffatta è inoltre corroborata dal considerando 15 della direttiva 2014/23. Quest’ultimo precisa infatti che taluni accordi aventi per oggetto il diritto di un operatore economico di gestire determinati beni o risorse del demanio pubblico, in regime di diritto privato o pubblico, quali terreni, mediante i quali lo Stato fissa unicamente le condizioni
generali d’uso dei beni o delle risorse in questione, senza acquisire lavori o servizi specifici, non dovrebbero configurarsi come «concessione di servizi» ai sensi di tale direttiva.
Il considerando 14, della direttiva 2014/23, inoltre precisa che non dovrebbero configurarsi come “concessioni” determinati atti dello Stato membro, quali “autorizzazioni o licenze”, con cui lo Stato membro o una sua autorità pubblica stabiliscono le condizioni per l’esercizio di un’attività economica. Nel caso di tali atti dello Stato membro, si applicano le disposizioni specifiche della direttiva 2006/123/CE. A “differenza di detti atti” dello Stato membro, i “contratti di concessione” stabiliscono obblighi reciprocamente vincolanti in virtù dei quali l’esecuzione di tali lavori o servizi è soggetta a “specifici requisiti” definiti dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore e aventi “forza esecutiva”.
3) nella sentenza del 20 aprile 2023, Ginosa, al punto 71, precisa che, se NON C’È SCARSITÀ delle spiagge libere, NON C’È L’OBBLIGO delle ASTE e le concessioni possono essere RINNOVATE automaticamente. E al punto 77, secondo una giurisprudenza costante della Corte UE, l’amministrazione, anche COMUNALE, è tenuta, al PARI del GIUDICE NAZIONALE, ad APPLICARE le disposizioni incondizionate e sufficientemente precise di una DIRETTIVA”.
4) nella sentenza del 30/12/2018, Visser, al punto 99, precisa che l’articolo 9, paragrafo 1, l’articolo 14 e l’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2006/123, che vertono, rispettivamente, sui regimi di autorizzazione, sui requisiti vietati e sui requisiti da valutare, NON fanno riferimento ad alcun ASPETTO TRANSFRONTALIERO. Inoltre, ai punti 114, 115 e 121, nel caso di un PIANO URBANISTICO così come un PIANO di UTILIZZO degli ARENILI (PUD), gli articoli da 9 a 13 della direttiva Bolkestein, NON sono applicabili a tali norme. Infatti, conformemente all’articolo 4, punto 6, di tale direttiva, per «regime di autorizzazione», ai
fini della direttiva medesima, si deve intendere, «qualsiasi procedura che obbliga un prestatore o un destinatario a rivolgersi ad un’autorità competente allo scopo di ottenere una decisione formale o una decisione implicita relativa all’accesso ad un’attività di servizio o al suo esercizio». Orbene, nel caso di specie, risulta che il piano regolatore di cui al procedimento principale non
rientri in tale nozione.
Il CONSIDERANDO 9 della direttiva 2006/123 precisa che quest’ultima «si applica unicamente ai requisiti che influenzano l’accesso all’attività di servizi o il suo esercizio», il che esclude, di conseguenza, requisiti come le norme riguardanti lo sviluppo e l’uso delle terre, la pianificazione urbana e rurale, norme che non disciplinano o non influenzano specificatamente l’attività di servizi, ma devono essere rispettate dai prestatori nello svolgimento della loro attività economica. Il Governo ha attuato la MAPPATURA e il risultato ottenuto è che soltanto il 33% di tutto il litorale costiero italiano balneabile è occupato da concessioni balneari mentre il restante 67% è libero. I Comuni costieri liguri, in applicazione della legge regionale n.13/1999, art. 11bis, e successive modifiche, devono, nei loro piani di utilizzo comunali degli arenili (PUD), rispettare il limite del 60% per le spiagge in concessione e il restante 40% per le spiagge libere. Per questo, in applicazione della SENTENZA del 30/12/2018, Visser, nella quale i GIUDICI hanno precisato che, nel caso di un piano urbanistico o di un piano commerciale, gli articoli da 9 a 13 della direttiva Bolkestein NON sono applicabili a tali norme. Inoltre, il considerando 9 della direttiva Bolkestein, ESCLUDE l’applicazione della stessa alle norme comunali, quale la pianificazione urbana, così come i piani di utilizzo comunali degli arenili (PUD). Per questo, essendo il numero delle autorizzazioni, NON limitate dalla scarsità delle risorse
naturali utilizzabili, ma da un limite del 60%, approvato dal Consiglio comunale, la direttiva 2006/123, Bolkestein, NON SI APPLICA. Per quanto sopra riportato, il GOVERNO, la REGIONE e i COMUNI sono tenuti, AL PARI del giudice nazionale, ad APPLICARE le disposizioni incondizionate e sufficientemente precise di una DIRETTIVA COMUNITARIA.
5) In ultimo, nella sentenza del 11 luglio 2024, sostiene che è possibile il RINNOVO delle concessioni e che la direttiva 2006/123, Bolkestein NON si applica a questioni ANTECEDENTI la sua entrata in vigore, nel 2009. In merito, per la corretta interpretazione di tale norma, un Giudice nazionale ha inviato una domanda di pronuncia pregiudiziale alla Corte di Giustizia europea. Per questo, i concessionari chiedono al Governo, alla Regione e ai Comuni la CORRETTA APPLICAZIONE DEL DIRITTO COMUNITARIO per la TUTELA DEI LORO DIRITTI.
Questo, il diritto dell’Unione, interpretato dal Consiglio di Stato nell’Adunanza plenaria, al punto 24: “un’attività di “locazione” di un bene immobile [. .. ], esercitata da una persona giuridica o da una persona fisica a titolo individuale, “rientra” nella nozione di “servizio”, ai sensi dell’articolo 4, punto 1, della direttiva 2006/123. (Corte di giustizia, Grande sezione, 22/9/2020, C 724/2018 e C- 727/2018, punto 34)”
Le motivazioni della sentenza plenaria del Consiglio di Stato, sopra citate, sono state determinanti, ai fini dell’applicazione dell’articolo 12 direttiva 2006/123, alle concessioni demaniali. Occorre però rilevare che le motivazioni al punto 24, “non” sono le “motivazioni” della Corte UE, nella sentenza citata. La parte non citata nelle parentesi [. …. ], della sentenza della Corte UE, è determinante per le conclusioni della stessa: “La locazione di bene immobile”, che costituisce la “residenza principale”, “non” è soggetta a tale normativa.(direttiva 2006/123). Infatti, nell’area in concessione è ubicata la sede legale ed operativa dell’attività commerciale. Questa è una interpretazione del Consiglio di Stato NON corretta.
PROPOSTE:
Definire le norme comunitarie applicabili al settore della balneazione.
Devono essere diversificate le procedure per l’assegnazione della concessione delle aree
demaniali marittime, fluviali e lacuali:
- Nuove concessioni. (evidenze Pubbliche)
- Grandi concessioni (evidenze pubbliche)
- Concessioni in essere, con superficie inferiore a 10.000 mq. Applicazione del Codice Civile per
attività commerciali, durata della locazione di 6 anni + 6 anni, sino a 30 anni.
Rinnovo con diritto di prelazione.