Di Vincenzo De Michele
IL COLPO DI STATO DEL CONSIGLIO DI STATO SULLE CONCESSIONI BALNEARI
1. La sentenza n.3940 del 30 aprile 2024 della VII Sezione del Consiglio di Stato (Pres. Lipari, Est. Noccelli), con straordinario e ingiustificato risalto mediatico, ha ribadito la giurisprudenza granitica (o quasi) del supremo organo di giustizia amministrativa delle due sentenze “manifesto” nn.17 e 18 del 2021 dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato (cui adde, Consiglio di Stato, VI Sezione, sentenza 27.12.2023 n.11200 e VII Sezione, sentenze 19.3.2024 nn.2662, 2664 e 2669), secondo cui, con principi che diventano leggi di rango costituzionale immodificabili:
• tutte le concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative sono cessate alla data del 31.12.2023 e dal 1° gennaio 2024 tutte le occupazioni di suolo pubblico sono illegittime e civilmente e penalmente sanzionabili, a sensi degli artt.54 e 1161 cod.nav. con gli indennizzi previsti dall’art.8 del d.l. 400/1993;
• tutte le norme di rango primario che dispongono la proroga legislativa della durata delle concessioni balneari dapprima al 31.12.2033 (art.1 commi 682-683 della legge n.145/2018) o al 31.12.2023 con proroga tecnica al 31.12.2024 (art. 3 commi 1 e 3 della legge n.118/2022 nel testo previgente alle modifiche introdotte dalla legge n.14/2023, di conversione del d.l. n.198/2022) o al 31.12.2024 con proroga tecnica fino al 31.12.2025 (art. 3 commi 1 e 3 della legge n.118/2022 nel testo modificato dalla legge n.14/2023, di conversione del d.l. n.198/2022) o a tempo indeterminato per la sospensione definitiva del potere di indire le gare da parte degli Enti concedenti (art.10-quater comma 3 1° capoverso del d.l. n.198/2022, inserito in sede di conversione dalla legge n.14/2023) sono leggi-provvedimento sindacabili dalla giustizia amministrativa e vanno disapplicate per contrarietà al diritto dell’Unione;
• tutte le pubbliche amministrazioni (Regioni, Comuni e Autorità portuali concedenti; Capitanerie di Porto e Guardia di Finanza; Procure della Repubblica) devono eseguire gli ordini dell’Adunanza plenaria del Consiglio Stato e quindi si devono bandire immediatamente le gare per sostituire i vecchi concessionari abusivi dal 1° gennaio 2024 e – aggiungo, come effetto non calcolato dall’Adunanza plenaria che ha ipotizzato che i suoi ordini venissero eseguiti entro il 31.12.2023 – si devono accertare e comminare le sanzioni civili e penali connesse con la continuazione illegittima di demanio pubblico marittimo.
2. Gli ordini dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato sono stati avallati dal Presidente della Repubblica con i due messaggi alle Camere del 24 febbraio 2023 e del 2 gennaio 2024, censurando il comportamento del legislatore e del Governo che, con le modifiche alla legge sulla concorrenza introdotte dalla legge n.14/2023, avevano neutralizzato gli effetti dei sedicenti principi supremi dell’ordinamento costituzionale, non soggetti a revisione, enunciati dalle decisioni della plenaria del 2021.
3. Viceversa la Corte costituzionale con la sentenza n.46/2022 ha citato le sentenze della plenaria del 2021 e le ha considerate tam quam non esset nella parte in cui hanno preteso di disapplicare per presunto contrasto con il diritto dell’Unione la proroga legislativa al 31.12.2033 delle concessioni demaniali marittime di cui all’art.1 commi 682-683 della legge n.145/2018, legittimando invece la Consulta la normativa emergenziale (art.100 comma 1 d.l. 104/2020) che ha esteso gli effetti della proroga legislativa anche alle concessioni demaniali lacuali e fluviali (e a quelle relative alla realizzazione e alla gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto, nonché ai rapporti aventi ad oggetto la gestione di strutture turistico-ricreative in aree ricadenti nel demanio marittimo per effetto di provvedimenti successivi all’inizio dell’utilizzazione), e rigettando il ricorso della Regione Friuli Venezia-Giulia che pretendeva di legiferare in subiecta materia.
3.1. La vicenda giudiziaria che ha colpito di recente il vertice politico-amministrativo della Regione Liguria conferma la fondatezza anche sul piano etico della posizione della Consulta.
4. Il 23 novembre 2023, confermando le conclusioni scritte della Procura generale, la Corte di Cassazione a Sezioni unite con la sentenza n.32559/2023 ha accolto il primo motivo dei ricorsi di SIB, ASSONAT e Regione Abruzzo, assorbiti gli altri motivi di gravame, come riviene dal comunicato stampa pubblicato sul sito ufficiale della Suprema Corte: «Le Sezioni Unite civili, con sentenza n. 32599 pubblicata il 23 novembre 2023, hanno deciso sui ricorsi per cassazione proposti avverso la sentenza del Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, n. 18 del 2021, che aveva dichiarato inammissibili gli interventi di tutte le associazioni di categoria e di una Regione e affermato la contrarietà al diritto dell’Unione delle proroghe automatiche delle concessioni demaniali marittime ad uso turistico-ricreative, indicando il termine di efficacia delle concessioni in essere sino al 31 dicembre 2023. Le Sezioni Unite civili hanno accolto i ricorsi e cassato la sentenza impugnata nella parte riguardante l’estromissione dal giudizio delle associazioni di categoria e di una Regione, ravvisandovi un diniego di giurisdizione, e hanno rimesso al Consiglio di Stato di riesaminare le questioni di merito nella pienezza del contraddittorio con le associazioni e la Regione, anche alla luce delle sopravvenienze legislative nel frattempo intervenute.».
4.1. Con ordinanza n.786/2024 la Cassazione a Sezioni unite ha annullato per eccesso giurisdizionale anche la sentenza n.4072/2022 del Consiglio di Stato, che nel giudizio n.1975/2021 R.G. aveva dato esecuzione alla sentenza n.18/2021 dell’Adunanza plenaria, accogliendo l’appello del Comune di Lecce avverso la sentenza n.73/2021 del Tar Lecce, favorevole al concessionario demaniale marittimo che si era visto respinta dall’ente comunale appellante la domanda di proroga della durata al 31.12.2033.
4.2. Dopo la riassunzione del giudizio n.1975/2021 R.G. davanti alla VII Sezione del Consiglio di Stato in data 7 maggio 2024 la causa è stata ampiamente discussa e il Collegio si è riservato per la decisione dopo aver preso in esame tutte le richieste delle numerosi parti principali e intervenute nel giudizio n.1975/2021 R.G., cioè il nuovo rinvio della causa all’Adunanza plenaria, le questioni di legittimità costituzionale e quelle di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia Ue come giudice di ultima istanza ai sensi dell’art.267 paragrafo 3 del TFUE.
4.3. Con comunicato stampa del 16 aprile 2024 l’Ufficio stampa e comunicazione istituzionale della Giustizia amministrativa ha dato notizia che in pari data a Lussemburgo si è tenuto l’incontro bilaterale tra la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ed il Consiglio di Stato e che le rispettive delegazioni hanno tra l’altro esaminato il tema dei presupposti del rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia da parte del giudice di ultima istanza, ai sensi dell’art. 267 del TFUE, e delle connesse questioni riguardanti le eventuali responsabilità dello Stato e del giudice, nei casi di mancato rinvio.
5. Con il parere n.AS1930 del 12.12.2023 sulle procedure di affidamento delle concessioni demaniali marittime avviate dal Comune di Jesolo (v. pagg. 32-34 del Bollettino AGCM n.49/2023), l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha riaffermato la cogenza delle sentenze n.17 e del 18 del 2021 dell’Adunanza plenaria, svuotando di pratico significato la sentenza n.32559/2023 delle Sezioni unite con la seguente incredibile motivazione: «Appare opportuno precisare che la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con la sentenza del 23 novembre 2023, n. 32559, nel cassare con rinvio al Consiglio di Stato la sentenza dell’Adunanza plenaria n. 18/2021 per diniego o rifiuto di giurisdizione, ha rigettato la richiesta di enunciare “i principi di diritto nell’interesse della legge sulle questioni trattate nei restanti motivi assorbiti, sulle quali spetterà al Consiglio di stato pronunciarsi nuovamente, anche alla luce delle sopravvenienze legislative, avendo il Parlamento e il Governo esercitato, successivamente alla sentenza impugnata, i poteri legislativi loro spettanti”.».
6. In idem sentire con il nuovo legislatore AGCM, con sentenza del 27.12.2023 n.11200 il Consiglio di Stato – Sezione VI al punto 8.6. ha ribadito «che la proroga della concessione disposta dal Comune in data 18 settembre 2020, risulta tamquam non esset, in applicazione dei principi enunciati dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza del 9 novembre 2021, n. 17 (che, a differenza della sentenza n. 18/2021, annullata per diniego di giurisdizione dalla sentenza delle SS.UU. n. 32559/2023, non risulta impugnata)».
7. Infine, n.23 concessionari demaniali marittimi del Comune di Rimini con atto iscritto a ruolo in data 2.3.2024 con il n.5010/2024 R.G.Cass. hanno proposto ricorso per cassazione davanti alle Sezioni unite della Suprema Corte, ai sensi degli artt.111 commi 7 e 8 Cost., per l’annullamento senza rinvio anche della sentenza n.17/2021 dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato nei confronti del Governo italiano, dell’AGCM e del Comune di Rimini come parti controinteressate.
8. Secondo il Consiglio di Stato nella recente sentenza n.3940/2024, dunque, in violazione del principio di legalità e di irretroattività della norma più sfavorevole o della sua ultrattività, le concessioni balneari sono cessate di validità il 31 dicembre 2023 e, in base alla giurisprudenza attuale dei Giudici di Palazzo Spada (cfr. Consiglio di Stato, ordinanza di rinvio pregiudiziale n.8010/2022 nella causa C-598/22), vi sarebbe l’immediato incameramento al demanio statale delle opere non amovibili già di proprietà dei concessionari “uscenti” ex art.49 cod.nav., e dal 1° gennaio 2024 si avrebbe un’occupazione abusiva di suolo pubblico, a prescindere dal fatto che il Comune competente abbia disposto o meno la proroga tecnica al 31.12.2024 di cui all’art.3 comma 3 della legge n.118/2022 nel testo previgente oppure, secondo la legge vigente, quella automatica alla stessa data del 31.12.2024 prevista dall’art.3 comma 1 della legge n.118/2022.
9. Nello stesso giorno del 30 aprile 2024 è stata depositata dalla stessa VII Sezione del Consiglio di Stato (stesso Presidente, ma composizione diversa del Collegio) l’ordinanza n.3943/2024, con cui è stato sospeso un giudizio sulla devoluzione alla scadenza della concessione balneare delle opere non amovibili o di difficile rimozione site sull’area di proprietà demaniale, in attesa della risposta della Corte di giustizia Ue sull’indennizzo nella citata causa pregiudiziale C-598/22.
9.1. Quindi, nello stesso giorno del 30 aprile 2024, da un lato Palazzo Spada ha ordinato ai Comuni e alle Autorità portuali di bandire immediatamente le gare per la scadenza delle concessioni balneari al 31.12.2023 e dall’altro la stessa Sezione del CdS ha suggerito alle predette pubbliche amministrazioni di non fare le gare in attesa della risposta sull’art.49 cod.nav. e sull’indennizzo in attesa della risposta del Giudice comunitario, che, nell’interlocuzione con il Consiglio di Stato quale Giudice del rinvio, ha già chiarito che le concessioni balneari iniziate prima del 28.12.2009 – quando è entrata in vigore la direttiva 2006/123/CE – non entrano nel campo di applicazione della stessa direttiva Bolkestein.
LA TUTELA DA PARTE DEL GOVERNO DEL QUASI MONOPOLIO SENZA GARA NEL SETTORE DELLE CONCESSIONI AUTOSTRADALI
10. Sempre in data 30 aprile 2024 sono state depositate le conclusioni scritte dell’Avvocato generale Manuel Campos Sànchez-Bordona nella causa C-683/22 Adusbef (Ponte Morandi), sul rinvio pregiudiziale del TAR Lazio in merito alle modifiche senza gara del 2021-2022 alla Convenzione unica stipulata il 12 ottobre 2007 tra ASPI e l’Anas, in cui si assegnava ad ASPI (Gruppo Atlantia, ora Mundys s.p.a.) la concessione di una pluralità di tratte autostradali italiane dell’estensione di oltre 2 800 chilometri fino al 31 dicembre 2038, cioè per la durata di oltre 31 anni, ratificando il Governo del dimissionario Prodi questa operazione di affidamento a trattativa privata per un fatturato di miliardi di euro all’anno, totalmente contraria alla disciplina interna ed Ue in materia di appalti pubblici di beni e/o di servizi, con l’art.8 duodecies del d.l. n.59/2008, convertito con modificazioni dalla legge 101/2008, normativa intervenuta “in attuazione degli obblighi comunitari” in accordo con il nuovo Governo Berlusconi.
11. La concessione delle autostrade gestite da ASPI ha origine nell’aggiudicazione, nel 1968, alla società Autostrade-Concessioni e Costruzioni Autostrade SpA. Quest’ultima è stata privatizzata nel 1999 dal Governo D’Alema e, nel 2003, ha trasferito le sue attività di concessioni autostradali ad ASPI.
12. Come è noto, le modifiche alla Convenzione unica del 2007 sono state determinate dal gravissimo disastro del 14 agosto 2018, quando, nei pressi di Genova, una sezione del viadotto Polcevera sull’autostrada A10 (il «ponte Morandi»), in concessione ad ASPI, è crollato, provocando la morte di 43 persone.
13. L’avvocato generale Campos Sànchez-Bordona nella causa C-683/22 Adusbef (Ponte Morandi) ha concluso nel senso che, ai sensi dell’art.43 della direttiva 2014/23, un contratto di concessione autostradale in regime di quasi monopolio a livello nazionale può essere modificato senza indire una nuova procedura di evidenza pubblica, qualora le modifiche apportate alle sue clausole, senza alterare la natura generale della concessione, non siano sostanziali, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.
14. Nella stessa causa l’Avvocato generale ha ricordato ai punti 28-29 delle conclusioni che la direttiva 2014/23/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione è rilevante ai fini della risoluzione della controversia, poiché, ai sensi del suo articolo 54, paragrafo 2, se è vero che la direttiva «non si applica all’aggiudicazione di concessioni per le quali è stata presentata un’offerta o che sono state aggiudicate prima del 17 aprile 2014», dal momento che la concessione controversa è stata assegnata senza gara il 12 ottobre 2007; tuttavia è giurisprudenza consolidata della Corte di giustizia Ue (per tutte, sentenza del 2 settembre 2021, Sisal e a. in cause riunite C721/19 e C722/19, EU:C:2021:672) che ciò che rileva per determinare la norma applicabile è la data delle modifiche la cui validità è contestata, che è successiva al 17 aprile 2014, il che determina l’applicabilità della direttiva 2014/23.
15. Nessun giurista europeo e italiano potrebbe accettare una situazione come questa in cui, da un lato non è stata prevista dal Governo nessuna gara per la modifica della Convenzione unica del 2007 per l’affidamento diretto ad ASPI, che già le gestiva dal 1999, di oltre 2.800 km di autostrade nazionali, mentre per le concessioni balneari – che, come concessioni di beni, non entrano nel campo di applicazione né della direttiva 2014/23/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione né della direttiva servizi 2006/123/CE né della normativa primaria dei Trattati a mente degli artt.50, 51 e 195 TFUE né nella disciplina interna del codice dei contratti pubblici – dovrebbero invece farsi procedure di evidenza pubblica con disapplicazione delle legittime proroghe normative in applicazione diretta dell’art.12 della direttiva Bolkestein, che pacificamente per il Consiglio di Stato e la Corte di giustizia si applica solo per le concessioni demaniali marittime iniziate dopo il 28 dicembre 2009.
L’INDEBOLIMENTO DEL SISTEMA TURISTICO-BALNEARE CON IL GIOVERNO PRODI
16. Sulla base di questa assurda e inaudita scelta politica – che viene sostenuta dalla Commissione europea con la procedura iniziata nel 2008 quando la direttiva Bolkestein non era ancora andata in vigore e dalla Corte di giustizia con la sentenza Promoimpresa del 2016 e le sue inusuali contraddizioni – si è sviluppato l’attuale caos normativo interno, di cui però, come già precisato in precedenti scritti, è responsabile il Governo italiano e, in particolare, il Governo Prodi proprio nello stesso periodo di “alta amministrazione” in cui è stata stipulata la Convenzione unica del 2007 di ASPI per oltre 31 anni, da sommare agli 8 anni di precedente assegnazione diretta e senza gara.
17. La scelta “aggressiva” della Commissione europea di applicare alle concessioni demaniali marittime la direttiva Bolkestein fin dalla pubblicazione della direttiva servizi sulla G.U.C.E. (28 dicembre 2006) e tre anni prima della sua entrata in vigore (28 dicembre 2009) è legata, infatti, esclusivamente alla opzione del Governo Prodi di introdurre con l’art.1 commi 253 della legge finanziaria n.296/2006, con decorrenza dal 1° gennaio 2007, l’art.03 comma 4-bis del d.l. n.400/1993, neutralizzando – con un termine di durata massima di venti anni in ragione dell’entità e della rilevanza economica delle opere da realizzare e sulla base dei piani di utilizzazione delle aree del demanio marittimo predisposti dalle regioni – la proroga automatica e illimitata di cui all’art.01 comma 2 dello stesso decreto legge.
18. Nel testo della legge finanziaria approvato alla Camera, come risulta dal relativo dossier, l’originaria formulazione del nuovo comma introdotto – art.03 comma 4-bis d.l. n.400/1993 – prevedeva soltanto una durata compresa tra sei e cinquanta anni delle concessioni demaniali marittime, che non escludeva il diritto di precedenza di cui all’art.37 comma 2 cod.nav. ed era coerente con altra norma inserita nella legge finanziaria per il 2007 – art.1 comma 259 della legge n.296/2006 -, che prevede un periodo non superiore a cinquanta anni della concessione o della locazione a privati, a titolo oneroso, di beni immobili di proprietà dello Stato, ai fini della riqualificazione e riconversione dei medesimi beni tramite interventi di recupero, restauro, ristrutturazione anche con l’introduzione di nuove destinazioni d’uso finalizzate allo svolgimento di attività economiche o attività di servizio per i cittadini.
LA TUTELA DEI CONCESSIONARI BALNEARI DAVANTI ALLA GIUSTIZIA ORDINARIA
19. Il colpo di Stato del Consiglio di Stato nelle sentenze della plenaria del 2021 è reso ancora più plastico dall’adesione incondizionata alle tesi enunciate dagli anonimi funzionari della Commissione europea che hanno redatto la lettera di messa in mora del 3 dicembre 2020 che, in piena pandemia, stigmatizzava le iniziative legislative straordinarie del Governo Conte II a favore dei concessionari balneari, preparando il terreno all’ingresso del supertecnico Draghi per la gestione dei fondi del PNRR.
20. L’intenzionale miopia costituzionale e istituzionale dell’Adunanza plenaria del 2021 ha indotto il Consiglio di Stato a ignorare la risposta alla Commissione Ue del 4 febbraio 2021 da parte del Governo Conte II con la prestigiosa firma del prof. Massimo Condinanzi, che il 22 maggio 2024 giurerà a Lussemburgo come nuovo Giudice italiano in Corte di giustizia, dove prenderà servizio al posto della prof.ssa Lucia Serena Rossi dal 7 ottobre 2024, in attesa che qualcuno venga individuato dalla Corte di giustizia come Avvocato generale italiano, dopo la inaudita bocciatura del candidato del Governo Meloni, il prof. Oreste Pollicino.
21. In attesa che il quadro giurisprudenziale interno e sovranazionale si sviluppi in senso favorevole ai concessionari balneari è possibile individuare forme di tutela d’urgenza della categoria così fortemente a rischio di immediata distruzione a causa delle iniziative anticostituzionali del Consiglio di Stato e della mancata difesa delle imprese demaniali marittime da parte del Governo Meloni, evitando l’ormai condizionata giustizia amministrativa (salvo alcune eccezioni, come i TAR di Lecce, Bologna e Bari)?
22. Certamente è possibile una tutela d’urgenza e di merito dei concessionari balneari davanti al Giudice ordinario rispetto alla gravità eccezionale della situazione in cui versa il settore al momento dell’apertura della stagione estiva, che attualmente non potrebbe neanche iniziare perchè, con la declaratoria di illegittima occupazione del suolo demaniale marittimo per finalità turistico-ricreative sancita con decorrenza dal 1° gennaio 2024 dal Consiglio di Stato, a prescindere da come i singoli Comuni hanno disposto rispetto alla durata delle concessioni (al 31.12.2023 con gare già effettuate come a Jesolo; al 31.12.2024 per proroga tecnica o automatica con possibilità in quest’ultimo caso di arrivare al 31.12.2025 o a tempo indeterminato in attesa dei criteri governativi per le gare; al 31.12.2033 in base alle precedenti determinazioni dirigenziali e/o giuntali comunali di cui all’art.1 commi 682-683 della legge n.145/2018, non modificate, come a Vieste e Margherita di Savoia), i titolari di concessioni “scadute” il 31.12.2023 vanno incontro alle seguenti conseguenze sul piano civile e penale:
• applicazione degli indennizzi di cui all’art. 8 del d.l. 400/1993 (convertito con modificazioni dalla legge n.494/1993) in misura pari ai canoni previsti dalla stessa normativa in caso di occupazione legittima con titolo concessorio valido, maggiorati del 200%;
• applicazione dell’art.54 cod.nav. con ingiunzione da parte degli Enti gestori agli ex concessionari illegittimamente occupanti il demanio marittimo di rimettere in pristino la situazione del suolo pubblico con la demolizione delle opere non amovibili e la rimozione di quelle amovibili, provvedendo l’Ente pubblico a spese dell’interessato in caso di mancata esecuzione dell’ordine;
• applicazione dell’art.1161 cod.nav., che prevede che chiunque arbitrariamente occupa uno spazio del demanio marittimo è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a € 516, salvo che il fatto non costituisca un più grave reato.
23. Una recente vicenda giudiziaria decisa dalla Corte costituzionale con la sentenza n.70/2024 in materia di occupazione illegittima di demanio marittimo per uso residenziale con opere edilizie prive di titolo con le conseguenze sanzionatorie di cui all’art.1 comma 257 della legge n.296/2006 aiuta a ricondurre la questione della legittima (perché così disposta dal legislatore statale) occupazione del suolo pubblico da parte degli attuali concessionari demaniali marittimi per uso turistico-ricreativo.
24. Nell’ordinanza interlocutoria della Suprema Corte di Cassazione – II Sezione civile del 13 ottobre 2023 n.28566, che ha sollevato la questione di legittimità costituzionale decisa dalla Corte costituzionale con la sentenza n.70/2024, sono analiticamente affrontate le problematiche sul riparto di giurisdizione tra giudice amministrativo e giudice ordinario in subiecta materia.
24.1. La materia degli indennizzi e dei canoni legati all’uso di demanio pubblico in concessione è sicuramente sottratta alla giustizia speciale, ai sensi dell’art.133 comma 1 lettera b) del codice del processo amministrativo, che affida alla giurisdizione esclusiva amministrativa soltanto «le controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici, ad eccezione delle controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi e quelle attribuite ai tribunali delle acque pubbliche e al Tribunale superiore delle acque pubbliche».
24.2. Quindi, a rigore, la disciplina delle proroghe legislative delle concessioni demaniali marittime per uso turistico-ricreative, che riguarda il sinallagma funzionale e non quello genetico del rapporto concessorio di beni pubblici, è da sempre sottratta alla competenza del giudice amministrativo, che se ne è appropriato con le sentenze del 2021 della plenaria con la nota tecnica della qualificazione interpretativa delle leggi di proroga vigenti e future (fino all’eternità o fino all’abrogazione della competenza del Consiglio di Stato come organo giurisdizionale, evocata dall’On/le Gasparri in suo recente intervento al Senato in data 7 maggio 2024) delle concessioni balneari in leggi-provvedimento, sindacabili (illegittimamente) dal Consiglio di Stato nonostante la mancata delibazione della loro (eventuale) illegittimità costituzionale da parte della Consulta, quando invece la Corte costituzionale con la sentenza n.46/2022 ha riconosciuto la compatibilità dell’art.1 commi 682-683 della legge n.145/2018 rispetto ai principi costituzionali e al diritto dell’Unione.
24.3. Pertanto, secondo la Cassazione nell’ordinanza n.28566/2023, l’indennizzo di cui all’art.1 comma 257 della legge n.296/2006 o, aggiungo, quello di cui all’art.8 del d.l. n.400/1993, in quanto attribuzione patrimoniale comunque sottratta al potere di intervento discrezionale dell’Amministrazione, non ha neanche natura di sanzione amministrativa, sulla scorta di una giurisprudenza consolidata in tema di pagamento del canone derivante da rapporto concessorio (Cassazione, ordinanza n. 7188/2022; sentenza n. 24541/2019; Sezioni unite, sentenza n. 21545/2017; ordinanza n. 14864/2006; Sezioni unite, sentenze n. 33691/2019, 32728/2018 e 30580/2021), secondo cui «l’occupazione generica di suolo pubblico rientra pienamente nella tipologia di prestazione per la quale l’utilizzatore è tenuto al pagamento di una prestazione pecuniaria legata ad un rapporto che esplica effetti di natura privatistica, posto che la natura pubblica del suolo occupato non incide sulla qualificazione del rapporto instaurato.».
24.4. In definitiva, secondo la Cassazione, «si tratta pur sempre di controversie relative alla fase esecutiva del rapporto, successiva all’aggiudicazione della concessione di bene (come di servizio) pubblico. A conferma della natura indennitaria in regime privatistico dell’indennizzo in questione, milita in effetti l’inciso della norma di cui è causa evidenziato dai controricorrenti, il quale rinvia alle sanzioni previste in norme di settore, quali in particolare – oltre alla demolizione dell’opera abusiva e il ripristino del ripristino dell’area ex art. 54 cod. nav., oppure ex art. 35 D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (testo unico dell’edilizia) in vigore dal 01.01.2002 – le sanzioni penali previste dal codice della navigazione (artt. 1161).».
25. In conclusione, ci sono tutti gli spazi di tutela della legittima occupazione di suolo demaniale marittimo a tempo indeterminato davanti al giudice ordinario, a cui potranno essere richiesti i provvedimenti d’urgenza e di merito previsti dal codice di procedura civile anche per quelle situazioni in cui vi è stata l’assegnazione delle concessioni a nuovi titolari, sulla base di gare illegittime e foriere di fenomeni corruttivi e di infiltrazioni di capitali esteri e nazionali di indubbia consistenza, ma di possibile provenienza illecita, almeno per quanto riguarda le associazioni di stampo mafioso pronte a fagocitare – con l’aiuto di qualche comunicatore mal informatore o non equilibrato o non competente o finanziato al di fuori di legittimi interessi sociali che pretende di rappresentare – il ghiotto boccone di piccoli e piccolissimi imprenditori demaniali marittimi che, con il loro lavoro e il sudore di generazioni di decine di migliaia delle loro famiglie, hanno contribuito a rendere unico il sistema nazionale produttivo di servizi balneari.
26. Ovviamente, allo stato, il Parlamento e il Governo risultano istituzioni legislative ed esecutive non pervenute nella tutela delle imprese balneari, neanche a difendere con un comunicato stampa il ruolo di cui, secondo le Sezioni unite nella sentenza n.23559/2023, si sono o si sarebbero riappropriati.