L’Avvocato generale Tamara Capeta ha avanzato un’importante argomentazione nella causa italiana C-598/22, sostenendo che la cessione allo Stato, senza indennizzo, di opere non amovibili alla scadenza della concessione di un’area demaniale marittima a un privato non violi il diritto dell’Unione europea, a condizione che la durata della concessione sia sufficiente per consentire al concessionario di ammortizzare il proprio investimento. Questo pronunciamento è avvenuto recentemente.
Nel contesto specifico della controversia, una società gestiva uno stabilimento balneare sin dal lontano 1928, principalmente ubicato in un’area demaniale marittima. Nel 2008, si è scatenata una disputa quando i canoni per la concessione sono stati rivisti, e alcune opere installate dal concessionario sono state considerate pertinenze demaniali non amovibili. Il Consiglio di Stato italiano ha richiesto un chiarimento alla Corte UE, poiché l’articolo 49 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea stabilisce che le opere non rimovibili devono essere cedute allo Stato senza indennizzo al termine della concessione.
Secondo l’avvocato generale, la normativa italiana non viola l’articolo 49 del Trattato, in quanto i diritti acquisiti dal concessionario sono circoscritti alla durata della concessione stessa. Alla sua scadenza, le opere non amovibili entrano a far parte del patrimonio dello Stato e vengono considerate nella valutazione della nuova concessione. Tale disposizione, secondo l’avvocato generale, non costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento, poiché gli imprenditori sono tenuti a essere consapevoli di questo aspetto prima di investire nell’attività. Inoltre, la durata della concessione offre all’imprenditore la possibilità di ammortizzare il proprio investimento.
Tuttavia, se la durata della concessione risulta essere eccessivamente breve, il concessionario ha la facoltà di concordare un indennizzo con lo Stato, oppure il Comune può richiedere la rimozione delle opere. Pertanto, le regole stabilite nel codice della navigazione non dovrebbero scoraggiare gli imprenditori dall’investire in attività sulle spiagge italiane, pur garantendo che la trasparenza sia valutata dal giudice nazionale.
Adesso occorre attendere e vedere se la Corte UE adotterà la posizione espressa dall’avvocato generale nelle sue decisioni.