Concessioni balneari, lettera aperta dell’operatore balneare Pasquale Faraco di Policoro

Mai mi sarei aspettato di trovarmi in un’unione europea arbitraria, coercitiva, tirannica, e che comprime l’esistenza e il lavoro delle piccole e micro imprese a carattere familiare. Non sarà, che temendo una ribellione dei popoli, che si tratta di una troika, mascherata da falsi ed astratti concetti di concorrenza?

Prescindendo, che la concorrenza è, e si fa con la creazione e l’apertura di nuove imprese, così da aumentare la competitività delle imprese esistenti (ergo non’è togliere dal mercato imprese esistenti, per sostituirle e darle a chissà chi), in modo da creare nuovi posti di lavoro.

Ora, da una sintesi e lettura oggettiva, e non da una creazione astratta di norme «Le concessioni demaniali marittime sono soggette al regolamento del Codice della navigazione, e non al Codice degli appalti pubblici, che all’articolo 28 le identifica come concessioni di beni demaniali e non di servizi, pertanto non dovrebbero rientrare nella direttiva europea Bolkestein» Eppure, in una sorta di concertazione, vari organi e poteri dello Stato italiano ed europeo vogliono forzatamente e astrattamente far cadere le imprese balneari esistenti per metterle all’asta, in nome di una direttiva che parla solo di servizi pubblici, e che oggettivamente da nessuna parte cita testualmente la parola “concessioni demaniali”. Anzi, la cosa che più avvicina a un concessione demaniale espressa nella direttiva Bolkestein è contenuta nel considerando 9, che esplicita a chiare lettere che la direttiva non si applica allo sviluppo e uso delle terre (cosa, che si evince anche dalla lettura del considerando 15 della direttiva europea n. 23/2014), inoltre il considerando 19 che esplicita come sia necessario escludere i regimi di autorizzazione individuale, quali sono le concessioni balneari, dal campo di applicazione della direttiva».

Inoltre, come si può creare un ambiente propizio allo sviluppo delle imprese in detto settore, e creare una economia sana, equilibrata ed duratura (art. 174 – 195 del TFUE), constatato che basterebbe la sola lettura dell’articolo 195 del TFUE, che cita testualmente «ad esclusione di qualsiasi armonizzazione delle disposizioni legislative e REGOLAMENTARI degli stati membri nel settore del turismo»

Un giudice, che non permette la trattazione orale, ridondando in violazione del diritto di difesa e del contraddittorio, e che in una sorta assoluta, esplicita per la quasi totalità dei fatti solo elementi astratti negativi, e tralasciando elementi oggettivi positivi, viola la certezza del diritto!

P.S. Prima della concorrenza e sopra la concorrenza, c’è e deve esserci la tutela del lavoro. La nostra è una Repubblica fondata sul lavoro, che non è solo quello dipendente, ma anche quello autonomo, che ha una sua dignità che va tutelata!

Concessioni, Maurizio Melucci: “In due anni i bandi non si fanno, balneari a rischio denuncia“

In due anni i bandi non si fanno, sono troppo pochi, e c’è il rischio che il primo gennaio 2025 i concessionari siano denunciati per occupazione abusiva di demanio pubblico“. Lo afferma l’ex assessore al turismo dell’Emilia Romagna (ed ex vicesindaco di Rimini) Maurizio Melucci commentando alla trasmissione di Icaro Tv Fuori dall’Aula la sentenza della corte di giustizia UE in merito alla questione sulle concessioni demaniali. E a poco potrà servire, secondo Melucci, la mappatura dei litorali visto che non si può parlare di scarsità del bene “perché la corte parla di ‘caso per caso’ e ‘comune per comune’ – spiega – e nel riminese il 93% delle spiagge sono in concessione“. L’ex assessore, in un acceso confronto con Diego Casadei di Oasi e Simone Battistoni del Sib Confcommercio, ha escluso poi che le evidenze pubbliche previste dall’Europa possano favorire le multinazionali. Ipotesi assolutamente non condivisa dai balneari. Netta la posizione di Melucci anche sugli eventuali indennizzi per i concessionari uscenti: “i concessionari hanno firmato una concessione nella quale si specifica che alla fine della concessione lo Stato non deve riconoscere nulla. Quindi cerchiamo di trovare un punto di equilibrio tra la salvaguardia di un modello gestionale e amministrativo che funziona la necessità di garantire la concorrenza.