1. Come più volte sottolineato, la Commissione europea ha provocato una gravissima crisi dell’ordinamento interno per lo scontro tra le più alte istituzioni politiche e giudiziarie nazionali, con il paradosso di alcuni Comuni (Jesolo, Rimini, Genova, Venezia, ad esempio) o di alcune Regioni (Sardegna e Basilicata) che, invasi dallo spirito di crociata antibalneari promosso prima dalla Cassazione penale e poi dal Consiglio di Stato in nome di una libertà di concorrenza che in Europa nessuno applica nel settore hanno giocato o giocano a sostituirsi al legislatore nazionale come neocostituite Repubbliche sul modello di quella di San Marino.
2. La vigente legislazione nazionale prevede che le gare per l’affidamento di nuove concessioni balneari non sono previste dal codice dei contratti pubblici e dal codice della navigazione e vietate dall’art.10-quater comma 3 1° capoverso del d.l. n.198/2022 anche per la durata indeterminata delle concessioni balneari, che beneficiano comunque della proroga automatica fino al 31.12.2024 di cui all’art.3 comma 1 della legge n.118/2022.
3. La non condivisibile giurisprudenza del Consiglio di Stato dapprima con la sentenza del 27 dicembre 2023 n.11200 e poi con le sentenze del 19 marzo 2024 nn.2662, 2664 e 2669 ha ribadito la cessazione ope iudicis della durata di tutte le concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative al 31.12.2023, come disposto dall’art.3 comma 1 della legge n.118/2022 nel testo previgente.
3. Secondo il Consiglio di Stato, dunque, in violazione del principio di legalità e di irretroattività della norma più sfavorevole o della sua ultrattività, le concessioni balneari sono cessate di validità il 31 dicembre 2023 e, in base alla giurisprudenza attuale dei Giudici di Palazzo Spada (cfr. Consiglio di Stato, ordinanza di rinvio pregiudiziale n.8010/2022 nella causa C-518/22), vi sarebbe l’immediato incameramento al demanio statale delle opere non amovibili già di proprietà dei concessionari “uscenti” ex art.49 cod.nav., e dal 1° gennaio 2024 si avrebbe un’occupazione abusiva di suolo pubblico, salvo che il Comune competente abbia disposto la proroga tecnica di cui all’art.3 comma 3 della legge n.118/2022 nel testo previgente.
4. Questa posizione interpretativo-legislativa – incostituzionale e insensata – del Supremo Giudice amministrativo che non ha alcun potere normativo e impositivo di regole primarie a tutte le pubbliche amministrazioni e a tutti gli operatori economici del settore provocherebbe, paradossalmente, se per assurda ipotesi fondata, provoca soltanto l’effetto di restituire senza soluzione di continuità e sempre a tempo indeterminato il legittimo possesso del demanio marittimo agli attuali concessionari (“uscenti” ma già “rientranti”), in virtù dell’applicazione dell’art.37 commi 1 e 2 del cod.nav., che testualmente ancora dispongono in materia di “concorso di più domande di concessione”: «1. Nel caso di più domande di concessione, è preferito il richiedente che offra maggiori garanzie di proficua utilizzazione della concessione e si proponga di avvalersi di questa per un uso che, a giudizio dell’amministrazione, risponda ad un più rilevante interesse pubblico. 2. Al fine della tutela dell’ambiente costiero, per il rilascio di nuove concessioni demaniali marittime per attività turistico-ricreative è data preferenza alle richieste che importino attrezzature non fisse e completamente amovibili.».
5. Senza dubbio, i concessionari uscenti non solo assicurano rispetto ai nuovi richiedenti maggiori garanzie di proficua utilizzazione della concessione avendola già gestita per molti anni (art.37 comma 1 cod.nav.), ma avrebbero anche la preferenza perché, spogliati delle attrezzature fisse o di difficile rimozione incamerate al demanio statale (anche se lo Stato proprietario non lo sa, perché ritiene che per la legislazione ordinaria le concessioni balneari siano a tempo indeterminato e non siano scadute), essi sarebbero proprietari soltanto di attrezzature non fisse e completamente amovibili (art.37 comma 2 cod.nav.).
6. La recentissima sentenza del 9.4.2024 n.3240 del Consiglio di Stato – VII Sezione è intervenuta a confermare questa tesi, che esclude l’obbligo di evidenza pubblica e pretende la continuità aziendale in capo al concessionario uscente in caso di rinnovo della concessione quando la gestione del demanio marittimo preveda solo opere di facile rimozione.
7. Chi scrive ha sempre auspicato un revirement del Consiglio di Stato sulla questione, anche alla luce di posizioni interpretative assunte da Palazzo Spada subito dopo l’Adunanza plenaria del 2021.
8. Infatti, nella sentenza del 13 gennaio 2022 n.229/2022 il Consiglio di Stato (Pres.Volpe), al punto 6.7 aveva precisato, richiamando alla sentenza Togel della Corte di giustizia, che le concessioni demaniali marittime iniziate prima del 28.12.2009 non entrano nel campo di applicazione della Direttiva servizi, profilo non esaminato dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato: «Oltretutto il rapporto concessorio s’è costituito in data anteriore alla scadenza del termine di trasposizione (d.28 dicembre 2009) della Direttiva Servizi 2006/123/CE, ed anche il rinnovo di cui alla concessione n. 1/2007 è stato disposto anteriormente a detto termine. Da cui l’inapplicabilità della Direttiva Servizi ai rapporti concessori sorti anteriormente al termine di trasposizione della stessa. A riguardo va richiamato quanto affermato dalla Corte di Giustizia: “..il diritto comunitario non impone ad un’amministrazione aggiudicatrice di uno Stato membro di intervenire, su domanda di un singolo, in rapporti giuridici in essere, instaurati a tempo indeterminato o con durata pluriennale, qualora tali rapporti siano stati posti in essere prima della scadenza del termine di trasposizione della direttiva 92/50” (Corte di Giustizia, Sez. VI, 24.9.1998, Tögel, C76/97; nello stesso senso v. Corte di Giustizia, 5.10.2000, Commissione / Francia, C-337/98).».
9. Confermando la sentenza n.229/2022 del Consiglio di Stato, la Corte Ue con la sentenza AGCM del 20.4.2023 nella causa C-378/22 ha confermato che «occorre sottolineare che una sentenza pregiudiziale, come la sentenza del 14 luglio 2016, Promoimpresa e a. (C‑458/14 e C‑67/15, EU:C:2016:558), chiarisce e precisa, quando ve ne sia bisogno, il significato e la portata della norma stabilita da detta disposizione della direttiva 2006/123, quale deve o avrebbe dovuto essere intesa e applicata dal momento della sua entrata in vigore, ossia, conformemente all’articolo 44 di tale direttiva, a decorrere dal 28 dicembre 2009.» (sentenza AGCM, punto 73).
10. In buona sostanza, la Corte europea nella sentenza del 20.4.2023 ha corretto (in realtà ha demolito) la sentenza Promoimpresa, nella parte in cui la precedente decisione ha preteso di chiarire il significato e la portata dell’art.12 paragrafi 1 e 2 della direttiva 2006/123/CE rispetto a rapporti giuridici dei concessionari demaniali marittimi e lacuali iniziati prima del 28 dicembre 2009 e che, quindi, erano al di fuori del campo di applicazione della direttiva servizi.
11. La più autorevole dottrina amministrativista aveva subito evidenziato che l’interpretazione del diritto dell’Unione nella sentenza AGCM della Corte di giustizia si poneva in distonia con le indicazioni ermeneutiche e normopoieutiche delle sentenze del 9 novembre 2021 dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, in particolare per quanto riguarda la verifica della scarsità della risorsa naturale e la non assoggettabilità alla direttiva Bolkestein delle concessioni assegnate prima del 28.12.2009, scaricando però le responsabilità del caos nel settore alle modifiche legislative e non all’invenzione normopoieutica del CdS e facendo rientrare inaccettabilmente le concessioni balneari ante 28.12.2009 nel campo di applicazione del diritto Ue attraverso il richiamo all’art. 13, commi 2 e 5, del d.lgs. n. 36/2023, inapplicabile alla categoria che, invece, è ricompresa pacificamente tra i soggetti esclusi dal codice dei contratti pubblici, come previsto dall’art.56 comma 1 lettera e) del d.lgs. n.36/2023.
12. Peraltro, la domanda pregiudiziale del Consiglio di Stato proposta con l’ordinanza del 15.9.2022 n.8010 nella causa C-598/22 ha evidenziato che nelle sentenze dell’Adunanza plenaria del CdS sulle concessioni demaniali marittime l’illegittima disciplina legislativa introdotta dalla giurisdizione amministrativa è comunque del tutto carente della parte relativa agli indennizzi per i concessionari “uscenti” rispetto agli investimenti immobiliari e mobiliari legittimamente effettuati sul suolo demaniale, quando i concessionari balneari fino al 31.12.2006 potevano fare affidamento su un quadro normativo certo di durata indeterminata del titolo di utilizzazione del demanio marittimo, determinato dal combinato disposto dell’art.37 comma 2 2° periodo del codice della navigazione con il diritto di insistenza e dalla reiterazione illimitata del rapporto concessorio prevista dall’art.01 comma 2 del d.l. n.400/1993.
13. Il parere dell’Avvocato generale Capeta nelle sue conclusioni scritte depositate l’8 febbraio 2024 nella causa C-598/22 non ha lasciato ombra a dubbi sul fatto che la emananda sentenza della III Sezione della Corte di giustizia confermerà la questione interpretativa fondamentale già affrontata e risolta dalla stessa Sezione della Corte Ue nella sentenza AGCM del 20.4.2023 al punto 73, che svuota di ogni (residuo) valore giuridico il contenuto interpretativo e impositivo di norme delle decisioni del 2021 dell’Adunanza plenaria: le concessioni demaniali marittime assegnate prima del 28.12.2009 non entrano nel campo di applicazione della direttiva Bolkestein.
14. L’AG Capeta ha precisato ai punti 27 e 28 delle conclusioni scritte della causa C-598/22 che le norme nazionali relative alle concessioni di risorse naturali scarse rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva sui servizi e che, tuttavia, il termine di recepimento di tale direttiva è scaduto il 28 dicembre 2009, mentre i fatti pertinenti della causa pregiudiziale si erano verificati in una data anteriore, in quanto, come spiegato dallo stesso Consiglio di Stato nei chiarimenti alla Corte di giustizia con l’ordinanza del 6.9.2023 n.8184, sulla base del codice della navigazione vi era stata una cessione di beni allo Stato alla fine del 2008.
15. Tale posizione, seppure con un evidente errore sulla data di entrata in vigore della direttiva Bolkestein, è stata appunto confermata dalla sentenza n.3240/2024 del Consiglio di Stato, che rigettando l’appello di una società che aveva contestato la violazione delle regole europee sulla concorrenza nel rilascio della concessione al concessionario uscente senza gara, ha affermato che non poteva ritenersi obbligatorio il ricorso all’evidenza pubblica in caso di rinnovo delle concessioni demaniali marittime scadute, «laddove si consideri che il procedimento che portò al rilascio della prima delle concessioni impugnate ebbe inizio nel 2005, ossia prima del 16 febbraio del 2006, data di approvazione della Direttiva 2006/123/CE».
15. A parte l’errore sulla data di “efficacia” della direttiva Bolkestein, che, come aveva già precisato lo stesso Consiglio di Stato nella sentenza n.229/2022, è stata pubblicata il 28.12.2006 ed è entrata in vigore il 28.12.2009 ai sensi dell’art.44 della stessa direttiva servizi, la sentenza n.3240/2024 del Consiglio di Stato segna un evidente ripensamento sulla questione, che già fa perdere di ogni valore ermeneutico le due sentenze del 2021 dell’Adunanza plenaria, che erano intervenute su due fattispecie di concessioni demaniali marittime assegnate prima del 28.12.2009.
16. Ma le novità argomentative della sentenza n.3240/2024 del Consiglio di Stato non finiscono qui.
17. Il CdS ha rigettato l’appello della società che pretendeva evidenze pubbliche e ha confermato il legittimo possesso del demanio marittimo in capo al concessionario “uscente” a cui era stata prorogata la concessione, «considerato il regime normativo vigente al tempo in cui le concessioni contestate vennero rilasciate e, in particolare le previsioni di cui all’art.37 comma 2 del R.D. n.327 del 1942 – che, in caso di rinnovo, prevedeva il cd. “diritto di insistenza” dei precedenti concessionari – e di cui all’art.8 del D.P.R. n.328 del 1952, che ammetteva che le concessioni prive di impianti di difficile rimozione potessero essere rinnovate senza formalità istruttorie. Il che esclude che, all’epoca, fosse necessaria una particolare motivazione che comunque risulta presente in atti ed è, oltretutto, identica anche per la concessione rilasciata alla parte appellante. A ciò va aggiunto che l’Autorità Portuale, in occasione del rinnovo, pubblicò, come ricordato, il relativo decreto che venne anche notificato agli interessi, così adempiendo agli oneri istruttori e di pubblicità allora incombenti ex lege sulla parte concedente, tenendo conto che si trattava di una concessione che non interessava un’area estesa e che dunque non richiedeva forme particolari di pubblicità.».
18. Pare a chi scrive che il Consiglio di Stato stia seriamente e radicalmente rivedendo le proprie sulla complessa questione e potrà analizzarla più compiutamente all’udienza pubblica del 7 maggio 2024 davanti alla stessa VII Sezione di Palazzo Spada, dove sarà discussa la causa n.1975/2021 R.G. riassunta dopo l’annullamento per eccesso di potere giurisdizionale da parte della Cassazione a Sezioni unite con la sentenza n.32559/2023 e con l’ordinanza n.786/2024 rispettivamente della sentenza n.18/2021 dell’Adunanza plenaria e della conseguente sentenza n.4072/2022 del CdS.
19. Nell’udienza del 7 maggio 2024 del giudizio n.1975/2021 R.G. il Consiglio di Stato avrà la possibilità, invece di adeguarsi alle indicazioni finali della sentenza n.32559/2023 della Cassazione a Sezioni unite sulla circostanza che il legislatore e il Governo si sono ripresi le loro competenze in subiecta materia rispetto all’invasione di campo dell’Adunanza plenaria, di rimettere nuovamente la questione alla Corte di giustizia Ue sulla base dei quesiti sollecitati da uno dei concessionari intervenuti, come Giudice di ultima istanza ai sensi dell’art.267 comma 3 del TFUE, uno dei quali, peraltro, riguarda proprio l’esclusione delle concessioni balneari iniziate prima del 28.12.2009 dal campo di applicazione della direttiva Bolkestein.
20. D’altra parte, è in atti del giudizio n.1975/2021 R.G. il ricorso per cassazione n.5010/2024 R.G.Cass. davanti alle Sezioni unite della Suprema Corte di Cassazione, proposto da n.23 concessionari demaniali marittimi del Comune di Rimini, che hanno proposto, ai sensi degli artt.111 commi 7 e 8 Cost., l’annullamento senza rinvio anche della sentenza n.17/2021 dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato nei confronti del Governo italiano, dell’AGCM e del Comune di Rimini come parti controinteressate. Nel giudizio davanti alle Sezioni unite si è costituito il solo Governo italiano, rappresentando l’improcedibilità del ricorso per difetto di legittimazione attiva e per difetto di legittimazione passiva, sostenendo la bizzarra tesi che la superstite decisione dell’Adunanza plenaria n.17/2021 sarebbe comunque espressione della nomofilachia del Supremo Consesso della giustizia amministrativa, dimenticando che il CdS nelle decisioni del 2021 si è semplicemente sostituito al legislatore e all’esecutivo anche per gli interventi normativi e regolativi futuri e ciò, senza dubbio, non rientra nella nozione di nomofilachia ma in quella più inquietante e vietata di eversione dell’ordine costituzionale.
21. A questo punto occorre essere fiduciosi su un diverso approccio alla materia da parte della giustizia amministrativa, magari con qualche aiuto dagli espropriati delle loro funzioni (Parlamento e Governo), iniziando, ad esempio, con la revoca per giusta causa da parte dei Presidenti delle due Camere del Presidente dell’Antitrust, giustamente criticato dall’On/le Riccardo Zucconi per l’assenza nella relazione annuale 2024 dell’AGCM di ogni riferimento alla situazione delle concessioni demaniali marittime e ai pareri illegittimi dell’Autorità che considerano cessata la durata delle concessioni al 31.12.2023, contro la legge nazionale, la Costituzione e il diritto dell’Unione, alimentando il caos e l’incertezza di una stagione balneare che, per colpa di protagonismi inaccettabili di alcune Istituzioni nazionali, si appresta ad essere bollente non solo per le alte temperature che attendono i turisti e i concessionari.
V. De Michele, Lo strano caso delle concessioni balneari e la giurisprudenza creativa del Consiglio di Stato sulla primazia del diritto Ue, 15.9.2022, su europeanrights.eu; La sentenza AGCM della Corte Ue sulla compatibilità con il diritto dell’Unione delle norme interne sulle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali, 2.5.2023, su europeanrights.eu; La questione delle concessioni balneari dopo le sentenze del TAR Lecce e della Corte di cassazione a sezioni Unite, 1.12.2023, sempre su europeanrights.eu; Alle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali non si applicano la Bolkestein e il diritto primario Ue sulla libertà di concorrenza e di stabilimento, su www.newsbalneari.com, marzo 2024; L’ordinanza cautelare del 15.3.2024 del TAR Bologna riconosce come ammissibile la durata indeterminata delle concessioni demaniali marittime, su www.newsbalneari.com, marzo 2024; Le responsabilità governative sulla pessima gestione legislativa e giurisprudenziale della durata delle concessioni demaniali marittime, sempre su www.newsbalneari.com, marzo 2024; La durata indeterminata delle concessioni balneari: il casus belli del Comune di Jesolo e il revirement del Consiglio di Stato, ibidem, aprile 2024.
Si fa riferimento all’autorevole commento della sentenza AGCM della Corte Ue da parte del Presidente aggiunto del Consiglio di Stato, dott. C. Volpe, Concessioni demaniali marittime: un’ulteriore puntata di una storia infinita, 26 aprile 2023, su www.giustizia-amministrativa.it.