Concessioni: “Se la risorsa non è scarsa viene meno la scadenza del 31/12/2023”

Un comparto di 30.000 imprese e, un po’ tutta l’Italia, guarda alla scadenza delle concessioni fissata al 31/12/23 dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato che, chiamata a pronunciare sull’anticomunitarietà della proroga automatica disposta per legge al 31/12/2033, la ha di fatto “concessa” per un periodo minore, appunto, sino al 31/12/2023.
In disparte i possibili profili di “invasione del potere legislativo” che pure saranno valutati dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, un dato è certo: se la risorsa non è scarsa, viene meno la premessa logica della pronuncia e, quindi, l’obbligo di mettere a gara le concessioni in essere, potendosi consentire l’accesso dei terzi al mercato con l’affidamento della risorsa a
disposizione.

Fulcro e premessa logica della decisione del massimo consesso della Giustizia Amministrativa è l’assunto che le aree demaniali a disposizione di nuovi operatori economici sono caratterizzate da una notevole scarsità, acclarata sulla base dei dati forniti dal SID del Ministero delle Infrastrutture secondo cui quasi il 50% delle coste sabbiose è occupato da stabilimenti balneari, con picchi che in alcune Regioni (come Liguria, Emilia-Romagna e Campania) arrivano quasi al 70%.
Ma così non sembra essere una volta che, da quanto apprendesi d’autorevole stampa nazionale, il dato che sta emergendo dai lavori del tavolo tecnico presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, è che “ci sono molti spazi liberi” che si attesterebbero intorno al 70%.

Salvo sorprese dell’ultimo momento, se tale dato dovesse essere definitivamente confermato, il presupposto logico fondante la miniproroga concessa dall’Adunanza Plenaria al 31/12/2023, verrebbe clamorosamente meno e rimarrebbe il principio delibato in data 20/04/2023 dalla Corte di Giustizia Europea -dalla notoria portata vincolante- che riconosce agli Stati membri un certo margine di discrezionalità nella scelta dei criteri applicabili alla valutazione della scarsità delle risorse naturali, rimarcando che “l’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2006/123 deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che la scarsità
delle risorse naturali e delle concessioni disponibili sia valutata combinando un approccio generale e astratto, a livello nazionale, e un approccio caso per caso, basato su un’analisi del territorio costiero del comune in questione”. Trattasi di evidenza che, se da un lato, farà venir meno in modo naturale lo spettro del 31/12/2023, dall’altro, consentirà di porre sul mercato le “abbondanti” risorse di cui il Paese dispone, normando con ragionevolezza anche la fine dei rapporti in essere.

È altrettanto ovvio che in tal caso la politica dovrà fare con chiarezza la sua parte, spegnendo quella poco gratificante ostilità tra Poteri dello Stato attraverso la codificazione del dato definitivo sulla risorsa accertata, magari nell’ambito di quella tanto anelata riforma sistemica sul demanio -normato nel 1942- che darebbe certezze ad un comparto che, a torto o a ragione, ha trainato le sorti dell’economia italiana e non merita certo di essere mandato a casa senza nemmeno un grazie, reo di aver creduto in un sistema di regole cambiate durante la partita.

Avv. Bartolo Ravenna

Padovano, Sib: “Governo deve intervenire subito per riforma demanio”

Nelle ultime settimane ci sono giunte richieste di chiarimento sulla scadenza delle concessioni vigenti. È opportuno pertanto ricordare che l’articolo 3 comma 1 della legge 5 agosto 2022 numero 118, la cosiddetta legge Draghi sulla concorrenza ,aveva fissato la scadenza al 31 dicembre del 2023 con possibilità di rinvio al 31 dicembre del 2024 nel caso in cui i Comuni non fossero stati in grado di effettuare le gare entro il 2023. La scadenza del 2024 è stata differita di un anno dall’articolo 10 quater comma 3 della legge 26 febbraio 2023 numero 14 ovvero il Milleproroghe”. A spiegarlo è il presidente della Sib Confcommercio Abruzzo Riccardo Padovano che sottolinea come all’articolo 1 comma 8 della nuova legge è espressamente “fatto divieto agli enti concedenti di procedere all’emanazione dei bandi di assegnazione delle concessioni” fino all’adozione dei decreti attuativi della legge Draghi, non ancora emanati.

L’occasione anche per sottolineare che la sentenza del Consiglio di Stato con cui si era decisa la scadenza al 31 dicembre 2023 al momento non è definitiva in quanto impugnata davanti alla corte di Cassazione a sezioni unite con l’udienza di discussione fissata al 24 ottobre 2023. Spetta dunque a governo e parlamento “chiarire, spiega Padovano, questa intrigata vicenda su cui è intervenuta la corte di giustizia dell’unione europea che è l’unico organo dell’unione che ha la funzione di effettuare l’interpretazione autentica del diritto europeo. Nella sentenza dello scorso 20 aprile sulla richiesta del Tar (Tribunale amministrativo regionale) di Lecce la corte di giustizia ha chiarito che presupposto per l’applicazione della direttiva Bolkestein è la verifica della scarsità o meno della risorsa demanio”. Per l’associazione che rappresenta è dunque “opportuno che sia abrogata la cd legge Draghi in materia in quanto superata dalla sentenza della corte di giustizia. In proposito e da ultimo si segnala che il Tar di Lecce lo scorso 13 luglio ha fissato per il prossimo 27 settembre l’udienza per discutere e decidere la controversia per la quale ha effettuato la richiesta di chiarimenti alla corte di giustizia”.

“Non bisogna fare allarmismo, aggiunge, siamo fiduciosi dopo le parole del Governo Meloni che ha detto di voler mettere mano a questa vertenza e siamo convinti che l’esecutivo mantenga le promesse impegnandosi ad una vera riforma del demanio marittimo, dando certezze a quegli operatori che nel corso degli anni hanno sostenuto sforzo e fatto investimenti non solo economici ma anche morali. Cose che non si comprano al mercato. Sono state costituite nel tempo imprese balneari che hanno fornito per anni dei servizi alla collettività dando linfa vitale al movimento turistico”.


“Quando parliamo di riforma intendiamo una riforma in toto e che riguardi tutti. Parliamo di una riforma con grande senso di responsabilità perché teniamo conto che anche una rivisitazione ai canoni debba essere anch’essa messa a regime. A tal proposito – continua il presidente regionale Sib-Confcommercio – ribadisco ancora una volta come fatto in passato che la riscossione dei canoni demaniali non deve andare allo Stato centrale ma redistribuita ai comuni e agli enti locali perché solo così potremo dare attuazione ad una riforma vera con le spiagge italiane che potrebbero essere così davvero valorizzate”.

“Inoltre, prosegue Padovano, nella riforma del demanio, e in tal senso ho avuto già confronti e colliqui con gli assessori Campitelli e D’Amario, abbiamo come obiettivo quello di una per così dire classificazione e certificazione degli stabilimenti balneari con delle stelle così come accade per gli alberghi e le strutture ricettive in modo da poter permettere al cliente di scegliere uno stabilimento balneare che potrebbe avere determinati servizi. Da subito occorre però attuare e mettere in pratica questa benedetta riforma e ridare la spinta alle imprese balneari per tornare ad investire”.