Scadenza concessioni, Sadegholvaad: “Silenzio assordante dal Governo”
“Mancano 118 giorni alla fine dell’anno. Il 31 dicembre 2023 scadono i titoli delle concessioni balneari italiane, così come sentenziato dal Consiglio di Stato a novembre 2021 respingendo la proroga governativa all’anno 2033 perché ritenuta in contrasto con la direttiva europea Bolkestein che proibisce i rinnovi automatici sulle concessioni pubbliche. Ma, nonostante manchino poco meno di 4 mesi, dal Governo italiano, chiamato a fare chiarezza e soprattutto atti formali in ordine ai modi e ai tempi dell’applicazione esecutiva della normativa comunitaria, c’è un assordante silenzio.
A fine luglio si è data pubblicità all’avvio della procedura della mappatura delle spiagge; ora si legge che il tavolo tecnico tornerà a riunirsi l’8 settembre, cioè quando mancheranno 114 giorni appena alla dead line disposta fissata dalla Giustizia. Quindi?
Non vorrei che a Roma prendesse piede questo ragionamento: zitti e muti e che pensino a sbrogliare la matassa i Comuni, lasciando a loro l’onere della gestione di una partita amministrativa epocale. Sarebbe un errore gravissimo con altrettanto gravissime conseeguenze, non per un Esecutivo, una coalizione di governo, una categoria economica, ma per il futuro stesso del turismo italiano e non solo. Quel turismo che oggi vale quasi il 13 per cento del PIL nazionale e che se finalmente considerato e trattato da industria potrebbe incrementare ancora di più questa percentuale, con benefici effetti su benessere, occupazione e le esangui casse dello Stato.
Su questa partita, a 118 giorni dal termini indicati dalla sentenza del Consiglio di Stato, quali sono gli orientamenti e le conseguenti indicazioni operative agli Enti locali da parte del Governo Meloni? Il nodo è evidente:: da una parte c’è una legge italiana (il cosiddetto Milleproroghe) che richiede di protocollare la nuova scadenza delle concessioni al 31 dicembre 2024; dall’altra c’è la responsabilità civile e penale dei funzionari comunali di applicare una norma in contrasto con la giurisprudenza amministrativa (la citata sentenza del Consiglio di Stato) e con il diritto europeo (la Bolkestein). Pensiamo forse di mandare al macello, e dunque far pagare per le colpe altrui, le centinaia, probabilmente migliaia, di funzionari comunali responsabili in materia?
Se lo stato di salute di un Paese si misura anche dal livello di collaborazione e di cooperazione tra livelli istituziuonali differenti, oggi diciamo che il paziente non sta benissimo, tutt’altro.
I Comuni, in questo silenzio che dice più di qualsiasi parola, stanno legittimamente attrezzandosi per non incorrere nelle infrazioni per chi viole leggi e sentenze ma il risultato finale di questo ‘fai da te’ moltiplicato per mille, sarà con ogni probabilità un patchwork incomprensibile, un’arlecchianata tra spiagge confinanti e assegnate con i criteri più differenti e contradditori, per cui la vittima finale rischia di essere il cittadino, il turista, un settore economico trainante, frantumato in migliaia di pezzi l’uno diverso dall’altro.
Se a Roma sta bene tutto questo, ai sindaci dei Comuni interessati proprio no. E insieme ai sindaci, la cosa dovrebbe essere d’interesse anche per tutti i rappresentanti in Parlamento di questi territori, maggioranza o opposizione non fa alcuna differenza.
E intanto il countdown prosegue”.