Balneari, successo della prima giornata di mobilitazione per la corretta applicazione dellla direttiva europea.

Nella giornata di ieri in tutti gli stabilimenti balneari italiani si è svolta la prima delle giornate di mobilitazione della categoria indetta da SIB-Confcommercio e Fiba-Confesercenti le sigle sindacali maggiormente rappresentative dei balneari italiani.

In ogni stabilimento balneare è stata affisso un manifesto/locandina in cui, nel celebrare la Festa della Repubblica, si ricorda che da ben 14 anni si è in attesa di una legge che applichi correttamente la direttiva Bolkestein.

Sono stati oltre 10 mila i balneari che hanno affisso il manifesto nei loro stabilimenti balneari. Dalla Sicilia alla Liguria; dalla Toscana alla Puglia; dal Lazio alla Sardegna; dall’Abruzzo alla Campania; dalla Calabria all’Emilia Romagna.

Dappertutto i bagnanti sono stati accolti con questo manifesto di protesta delle Organizzazioni sindacali di categoria: “i balneari italiani hanno avuto l’unico torto di aver creduto nelle leggi dello Stato italiano che garantiva la continuità di lavoro. Non possono essere penalizzati per questo”.

La Direttiva Bolkestein così come chiarito dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea presuppone l’accertamento della scarsità della risorsa. L’impossibilità cioè del rilascio di nuove concessioni.

Il cd Tavolo Tecnico consultivo sulla cd mappatura delle concessioni demaniali marittime ha certificato che nel nostro Paese vi è la possibilità del rilascio di nuove concessioni e che quindi nuovi operatori possano svolgere questa attività. Non c’è pertanto necessità di “terremotare” un modello di balneazione attrezzata di successo e che il Mondo ci invidia.

È solo la prima di una serie di iniziative di mobilitazione che le sigle sindacali hanno in programma per spingere il Governo a fare il proprio dovere: emanare una legge di tutela di 30.000 aziende prevalentemente a gestione familiare. Si tratta di un settore costituito non da capitani d’industria dai forzieri ricolmi come purtroppo viene da tempo maliziosamente descritta ma di onesti lavoratori che rischiano di perdere il lavoro e il frutto del loro lavoro.

Sib e Fiba, nuovo ricorso alle Sezioni Unite della Cassazione contro il Consiglio di Stato

In una giurisprudenza amministrativa palesemente contrastante e contraddittoria arriva, da ultimo, la sentenza del Consiglio di Stato nr. 4479/2024 del 20 maggio 2024 sul Comune di Lecce (e altre due identiche riguardanti i Comuni di Ginosa e Manduria).
In questa sentenza il Consiglio di Stato (incredibilmente!) afferma che l’obbligo di gara sussiste indipendentemente dall’accertamento della “scarsità” della risorsa o dalla rilevanza transfrontaliera della concessione in quanto “il diritto nazionale impone in ogni caso di procedere con procedura selettiva comparativa ispirata ai fondamentali principi di imparzialità, trasparenza e concorrenza e preclude l’affidamento o la proroga della concessione in via diretta ai concessionari uscenti”(punto 55 della sentenza).
E’ del tutto evidente che si tratta di una sentenza che si pone in netto contrasto con quanto chiarito dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE 20 aprile 2023 C-348/22) che impone invece e al contrario le gare solo se la “risorsa è scarsa” (punti 43 e segg).
Ed è bene ricordare che spetta alla Corte di Giustizia dell’Unione europea la funzione esclusiva di fornire l’interpretazione autentica del diritto europeo e che le sue sentenze sono vincolanti per tutti gli Stati, i loro Organi giurisdizionali e per la stessa Commissione europea. .
A ciò si aggiunga che in questa sconcertante sentenza vi è una grave omissione di pronuncia da parte del Consiglio di stato sull’eccezione della riserva esclusiva di giurisdizione della Corte Costituzionale qualora, dalla disapplicazione di legge, derivino possibili conseguenze penali (v. art. 1161 del CdN)
Lo ha espressamente chiarito la Corte Costituzionale con la sentenza 28 gennaio 2010 nr. 28 laddove ha stabilito espressamente che gli “effetti diretti devono invece ritenersi esclusi se dall’applicazione della
direttiva deriva una responsabilità penale” (punto 5). Ecco perché questa ultima sentenza a nostro avviso è profondamente sbagliata e come tale da noi sarà impugnata, insieme alle altre due analoghe, davanti alla Cassazione a Sezioni Unite confidando nel loro annullamento come già avvenuto alla nr. 18 del 9 novembre 2021 dell’Adunanza plenaria.
Ci auguriamo che anche il Governo e il Parlamento doverosamente e opportunamente sollevino, avverso tali ultime sconcertanti sentenze, il conflitto di attribuzione davanti alla Corte Costituzionale. Ma ci auguriamo soprattutto che il Governo emani senza indugio un provvedimento legislativo chiarificatore che salvaguardi la balneazione attrezzata italiana e risolva strutturalmente questa annosa vicenda.